sabato 5 giugno 2010

Effetti collaterali dell'amore quando finisce


"Rivka Galchen è nata da genitori israeliani in Oklahoma, nel cuore dell'America, poi New York è diventata la sua città d'adozione. Dopo aver pubblicato racconti sul New Yorker, la Galchen ha dato alle stampe il suo primo romanzo che è stato accolto con recensioni eccellenti (i paragoni più frequenti sono quelli con Borges e Pynchon). Il libro che in Italia è stato intitolato Effetti collaterali dell'amore quando finisce è uscito da Piemme. La storia racconta le vicende di uno psichiatra, Leo Liebenstein, che comincia a sospettare che la donna che una sera torna a casa non sia la moglie Rema, ma una sua sosia. Leo è prima preoccupato poi sconcertato e comincia a studiarne ogni mossa e battuta: basandosi sull'esperienza del mestiere, cerca di capire non solo le motivazioni, ma anche la psicologia di colei che ritiene sia un'usurpatrice. La vicenda paradossale è costruita su un riuscitissimo crescendo ironico, ma l'intento della Galchen non è semplicemente divertire, ma riflettere sull'amore e sulla fedeltà. Prima ancora dei riferimenti letterari, il romanzo ricord aalcuni film di Woody Allen. 'E' uno dei pochi registi di cui vedo fedelmente tutti i film - spiega la Galchen - e non è certamente sorprendente che si avverta qualche influenza'.
Una parte del libro si svolge in Argentina, e appare evidente il suo amore per Jorge Luis Borges. 'L'amore per Borges è innegabile: ho scelto l'Argentina non solo per la devozione che ho nei suoi confronti, ma anche perché lo scrittore come il Paese rappresentano per me l'idea del Sud. Si tratta di una fantasia in gran parte inconscia, nel mio caso estremamente seducente'.
Nelle sue note biografiche, lei ci tiene a raccontare che è cresciuta vedendo in televisione Dr. Who The Twilight Zone e Three's company. «Penso che sia giusto e anche formativo leggere Borges e saper apprezzare nello stesso tempo la cultura popolare. Da alcune trasmissioni ho imparato molto riguardo all'umanità dei personaggi, e anche per quanto riguarda la struttura: ad esempio l'idea che ogni episodio sia a se stante, ma nello stesso tempo rimandi ad un ciclo lungo, apparentemente infinito».
Ritiene che ci siano altri autori che l'hanno influenzata? «Quando ho letto alcuni critici parlare di Pynchon mi sono emozionata, ma non voglio neanche citarlo. Io ammiro molto Haruki Murakami, e dato che in precedenza abbiamo parlato di cinema cito anche i fratelli Coen».
Chi apprezza degli scrittori della sua generazione? «Il primo nome che voglio fare è Nathan Englander, un grande scrittore dal quale ho imparato moltissimo e nei confronti del quale sono grata per quello che continua a dire del mio lavoro. Poi Joshua Ferris e Wells Towers».
Come Englander, lei appartiene al gruppo di autori newyorkesi che amano scrivere all'Hungarian Pastry Shop. «A volte penso di non riuscirne a farne a meno. Anche se non so esattamente cosa combino, e metà degli avventori sono pazzi, sento di essere in un luogo creativo: ho l'impressione di essere osservata, e mi sento costretta a scrivere, ad essere produttiva».
Quanto ha influenzato il romanzo la sua laurea in medicina? «Credo che l'aspetto che mi ha aiutato maggiormente sia il linguaggio, che trovo distante ma anche seducente. Mi ha aiutato a trovare la giusta distanza».
Esistono molti casi di scrittori educati scientificamente: Primo Levi era un chimico. «Credo che tutti abbiano subito lo steso fascino. Per quanto riguarda la chimica, è una disciplina che ha a che fare molto più direttamente con la vita».
Un paziente del suo protagonista è convinto di lavorare per l'Accademia Reale dei Metereologi. Leo lo asseconda dicendo che anche lui fa parte della stessa Accademia. «Mi sono divertita ad inventare qualcosa con un nome altisonante, salvo scoprire che esistono istituzioni non troppo diverse. Mi piace l'idea di una bugia che crea una realtà. Per quanto riguarda la terapia psichiatrica, ho giocato anche in quel caso di fantasia».
Nel romanzo compare anche suo padre. «Quando si scrive dei propri genitori, si tende a descriverli come personaggi eroici e potenti, o in una chiave opposta, a rivelare miserie private. Io ho cercato di evitare questi due estremi».
Tutti gli amori siano destinati a finire? «Non lo so. Mi limito a dire spero di no, e che finirei per scrivere d'amore anche se dovessi scrivere di animali».
In ultima analisi, da dove nasce il romanzo? «Dalla sensazione di essere traditi da qualcuno che in realtà non lo ha fatto, ma è soltanto cambiato»." (da Antonio Monda, Rivka Galchen, "La Repubblica", 05/06/'10)

She's not Herself (The New Yorker)

Who Do You Love? (The New York Times - Sunday Book Review)

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