venerdì 23 ottobre 2015

Più emozioni e più felicità per noi. Anche la statistica premia la lettura


"Francesco Petrarca, nel XIV secolo, lo sperimentava su se stesso ogni giorno. Parlando dei libri diceva: «Per me cantano e parlano; e chi mi svela i segreti della natura, chi mi dà ottimi consigli per la vita e per la morte. E v’è chi con festose parole allontana da me la tristezza». Non è stato il solo — e nemmeno il primo — a cantare i poteri terapeutici della lettura. Hanno usato espressioni simili Cicerone, Kafka, Salinger, Virginia Woolf («Talvolta penso che il paradiso sia leggere continuamente, senza fine»). Ma questa volta il tema è scientifico e un’indagine lo dimostra con numeri, dati e tabelle: leggere rende felici. E aiuta ad affrontare meglio la vita.

Più ottimisti di chi non legge. Meno aggressivi, più predisposti alla positività. Ecco i lettori secondo la ricerca 'La felicità di leggere' voluta da Gems (gruppo editoriale Mauri Spagnol) in occasione del suo decimo compleanno e affidata a Cesmer, Centro di studi su mercati e relazioni industriali dell’Università di Roma Tre. Obiettivo del committente: capire come e quanto i libri, cartacei o digitali, incidano sul benessere generale dell’individuo. Il metodo usato: interviste su un campione di 1.100 persone (tra il 12 maggio e il 14 giugno scorsi) suddivise in lettori e non lettori (da ricordare il dato Istat 2014: il 58,6% degli italiani non ha letto un solo libro nei precedenti 12 mesi). La novità: non era mai stato affrontato prima il valore della lettura in ambito emotivo e cognitivo.
Ecco allora i risultati. Il più evidente: i lettori italiani sono complessivamente più felici dei non lettori. Lo dice un numero, l’indice di felicità complessiva (misurato con la scala Veenhoven, da 1 a 10): chi legge arriva a quota 7,44, chi non legge scende a 7,21, «una differenza statisticamente molto significativa», spiegano gli studiosi che hanno realizzato la ricerca (la media italiana è di 7,30). Altro elemento, altri sistemi di misurazione: secondo la scala di Diener e Biswas-Diener che misura la frequenza (da 6 a 30) di sei emozioni positive, i lettori hanno un indice superiore ai non lettori: rispettivamente 21,69 contro 20,93. Risultato: chi ama saggi e romanzi sperimenta emozioni positive più spesso di chi non si dedica ai libri. Allo stesso modo, e secondo la stessa scala, i lettori provano emozioni negative con minore frequenza rispetto a chi non legge: 16,84 contro 17,47.
E qui, a confortare i numeri, Montesquieu potrebbe aggiungere la sua: «Mai avuto un dolore che un’ora di lettura non abbia dissipato». In particolare, i lettori si sentono arrabbiati meno frequentemente rispetto ai non lettori. Spiegazione: «La lettura offre preziosi strumenti cognitivi per affrontare le difficoltà».
Il dato generale è confermato, leggere fa stare meglio. Ma la ricerca evidenzia altri aspetti. E soprattutto, fa notare Stefano Mauri, presidente e amministratore delegato di Gems, «fa emergere un profilo del lettore lontano dagli stereotipi». Non curvo sui testi, solitario, asociale, ma attento a godere ogni momento della giornata, soprattutto quando non è al lavoro. E infatti il lettore è più soddisfatto di come trascorre il tempo libero (7,59) rispetto ai suoi «opposti» (7,35); ritiene che leggere sia l’attività più importante quando non ha da fare (al secondo posto la musica, al terzo l’informazione attraverso giornali o siti); ma soprattutto considera che il maggior «generatore di felicità» — sempre durante il tempo libero — sia l’esercizio fisico (7,80), seguito dall’ascolto della musica (7,74), da mostre e concerti (7,52) e, solo al quarto posto, dalla lettura (7,24).
Mauri sorride: «Come si deduce dai numeri, chi legge impiega in modo più ricco e articolato i suoi momenti di libertà dal lavoro, è curioso, sa assaporare e scegliere le attività che gli danno gioia. Inoltre leggere amplifica le emozioni positive, consente di affrontare gli eventi negativi senza perdersi. Fa bene sul serio». Missione compiuta: «La ricerca — continua Mauri — ha risposto alle nostre domande: l’impegno e la passione che mettiamo nel nostro lavoro di editori si riflettono sulla vita dei lettori».
L’identikit è tracciato, ora si scende nei dettagli: la maggior parte degli amanti dei libri legge dal lunedì al venerdì dalle 19 all’una di notte. Oppure durante il fine settimana, anche nel primo pomeriggio. Curiosità: su cento lettori, 69,63 non leggono sui mezzi pubblici o privati, meglio il letto, l’autobus non aiuta. Aiutano invece la famiglia e la scuola: il 68,7% del campione sottolinea l’importanza dei genitori e degli insegnanti nell’incoraggiamento alla lettura. Per diventare «lettori felici» bisogna cominciare da piccoli." (da Annachiara Sacchi, Più emozioni e più felicità per noi. Anche la statistica premia la lettura, "Corriere della sera - La lettura", 21/10/'15)

L’indagine «La felicità di leggere» sarà presentata sabato 24 ottobre a Milano al Castello Sforzesco alle 14.30 nell’ambito di BookCity. A seguire la premiazione del torneo «Io scrittore»



martedì 6 ottobre 2015

Il mondo dei libri salvato dai ragazzini

"Sono in classifica da settimane. I tre capitoli di After di Anna Todd e Città di carta di John Green sono tra i libri più venduti in Italia, pur essendo storie che una volta si sarebbero definite «da ragazzi». E non è un fenomeno isolato: nei mesi si sono avvicendati in classifica la saga di Shadowhunters e quella di Divergent, i ribelli di Hunger Games e gli angeli caduti di Fallen. Gli editori lo chiamano genere «young adult» e domina incontrastato nelle librerie di tutto il mondo. Perché, sorpresa, gli adolescenti leggono molto più degli adulti.
Secondo l’ultimo sondaggio dell’Aie sui dati Istat la fascia di età tra i 15 e i 17 anni è l’unica che abbia segnato l’anno scorso un deciso incremento di lettura, +5,6%.  Ma non erano, i Millennials, la generazione già nata digitale, schiava dei videogiochi e degli smartphone, estranei al mondo di carta dei genitori? È vero, ma è vero anche il contrario: «Naturalmente vivono in rete e sui social - dice Grazia Rusticali, responsabile della fiction di Sperling & Kupfer - e spesso scoprono, o addirittura scrivono, le saghe su Wattpad (la community online per scrittori specializzata in fanfiction). Ma poi leggono e rileggono le storie preferite su carta, per ritornare a commentarle virtualmente su blog e social, andare a vederle al cinema e infine affollare gli incontri reali con gli scrittori. Si è accorciato il percorso tra autore, personaggio e lettore: il nostro profilo Facebook di After ha 32 mila followers, ma la cosa interessante è il tono con cui i ragazzi parlano dei personaggi. Come se fossero amici». Insomma, hanno perfettamente realizzato la tanto sospirata integrazione tra mondi diversi che gli adulti faticano anche solo a immaginare.

Figli di Harry Potter
«Sono tutti figli di Harry Potter - dice Sabrina Annoni di Rcs -, sono nati quando il fenomeno creato da J. K. Rowling già esisteva e ce l’hanno nel Dna: hanno succhiato con il latte l’idea che l’importante è la bella storia, l’universo fantastico totalizzante, e su più piattaforme lo si trova meglio è: libri, videogiochi, blog o film, poco importa. I ragazzi non sono snob». E infatti non si tratta sempre di proposte editoriali di qualità, come gli analisti più pessimisti si affannano a sottolineare, ma la cosa nuova è il fenomeno, più del contenuto. «Il primo elemento unificante di tutti questi libri - continua Annoni - è che i protagonisti sono adolescenti, che siano guerrieri del futuro o giovani studentesse innamorate, il che stimola l’identificazione. Spesso sono romanzi di formazione, di crescita: il tema che più interessa ai ragazzi è la loro identità, anche sessuale».
Le categorie sono grosso modo due: quelli realistici e quelli fantastici. Nel primo caso si parla moltissimo d’amore, molto di scuola, e molto anche di malattia e morte. «Amore e morte - dice Rusticali -, emozioni forti, sentimenti estremi che i ragazzi cercano di capire. Soprattutto l’amore contrastato, un classico della letteratura da Romeo e Giulietta in poi». Nei Fantasy invece c’è l’elemento della fuga dalla realtà, «ma anche e soprattutto - sottolinea Annoni - quello del potere in mano agli adolescenti, che sono i veri protagonisti del mondo, o perché gli adulti sono scomparsi, o perché hanno poteri magici o sovrannaturali. “Come ce la caveremmo senza adulti?” è la domanda che si fanno. E la risposta sottintesa è: “Meglio”».
Un altro elemento unificante di tutti questi libri è la bella storia, la trama avvincente e il gran finale liberatorio. «Sono paragonabili a Dumas, ai feuilleton dell’800 - dice Rusticali - a maggior ragione se nascono dall’autopubblicazione su Wattpad. Non saranno alta letteratura ma sono ben costruiti, perché devono mantenere alta la tensione a ogni capitolo. E l’intervento dei fan on line serve anche a dare idee e nuove direzioni, a costruire il romanzo».
In questo panorama gli autori italiani sono quasi assenti. «La narrativa italiana tipicamente non è per questa fascia d’età - dice Giovanni Peresson dell’Aie -, è intimista o di genere, cose che ai ragazzi non interessano. Gli unici che intercettano questo pubblico sono D’Avenia e Ammaniti». Non a caso, dopo il gran successo di Io e te, Anna, appena uscito, ha di nuovo una protagonista adolescente, in un mondo dove si muore al sopraggiungere dell’età adulta.

E se li leggono i grandi?
«Non è detto che questi libri vadano in classifica perché li leggono solo i ragazzi - ammonisce Peresson -. Ci sono molti lettori adulti: è un portato dell’infantilizzazione della società: i quarantenni si vestono da adolescenti, si innamorano da adolescenti, ascoltano musica da adolescenti e quindi leggono libri da adolescenti». Il dibattito è esploso quest’estate in America, lanciato da un articolo molto critico su Slate, per cui gli adulti «si dovrebbero vergognare di leggere storie per ragazzi, semplificatorie, con finali scontati». E anzi, anche i ragazzi dovrebbero leggere i grandi romanzi piuttosto che Divergent, perché se non si legge Guerra e pace a 18 anni non lo si legge più. Vero, naturalmente, ma il trend degli ultimi anni è mescolare tutto, vestiti firmati e vintage, Bach e One Direction: perché non anche Dostojevskij e Lauren Kate? In fondo quando si tratta di adolescenti, richiamarsi alla categoria del «dovere» è l’unico indice sicuro di cattiva riuscita. " (da Raffaella Silipo, Il mondo dei libri salvato dai ragazzini, "La Stampa", 04/10/2015)

Against YA (da The Slate Book Review)