venerdì 15 maggio 2020

Storie di libri gatti e cani

(da Maria Grazia Ligato, Storie di libri gatti e cani, "IoDonna", 09/05/2020)

"Quattro zampe e due mani. Le prime  a rincorrere gomitoli di lana e riportare bastoncini di legno, le altre a fissare i pensieri su carta e tastiera. Tra scrittori e animali da compagnia è una lunga storia d'amore, una corrispondenza di amorosi sensi nelle faticose giornate alla scrivania: in tanti affermano di non poter lavorare senza un devoto compagno in veste (pelo) di musa.

Di solito nei pets si circoscrivono cani e gatti, ferme restando vistose eccezioni, come i pavoni di Flannery O'Connor o il corvo domestico di Charles Dickens. E così se Lord Byron adotta un cane Terranova e Anton Checov due bassotti, avevano cani Virginia Woolf e Jacques Prevert. La lista è lunga, chi non li aveva li inventava: Arthur Conan Doyle ha creato Toby per il suo investigatore Sherlock Holmes e a voler uscire un po' dai margini, il regista George Lucas ha chiamato il suo indimenticabile protagonista Indiana (Jones) come il suo cane. Per non parlare del gatto 'capolavoro della natura' secondo Leonardo, fascinosa tigre in miniatura prediletta dagli scrittori, da Doris Lessing a Colette, da Baudelaire a Ernest Hemingway, fino a Murakami Haruki che ha 'scritto il primo romanzo di notte, con il gatto sulle ginocchia e sorseggiando birra'.
Ma non sempre cane e gatto sono stati sul podio degli animali da compagnia. Nell'antichità la scelta cadeva su altri quattrozampe. Antonella Prenner, storica e autrice di Tenebre (ritratto di un Cicerone molto intimo) aveva Klaus, pastore tedesco, che la aspettava sempre al cancello per scortarla fin dentro casa. 'Ho capito che non c'era più la sera che non è venuto a prendermi'. Prenner sta scrivendo un nuovo libro su Giulio Cesare (Rizzoli), grande condottiero (e scrittore) romano. 'Cesare aveva un cavallo e un cane che lo seguivano ovunque. Del cane si sa poco, del cavallo Svetonio racconta che era nato sotto auspici di grandezza e fierezza, destinato 'a colui che sarebbe diventato padrone del mondo'. In realtà Asturcone (un nome che fa subito Obelix) era tozzo e deforme con uno zoccolo storto, ma Cesare non voleva che lo cavalcasse nessuno, vivevano in simbiosi'. Quando c'è l'amore c'è tutto. [...]"

lunedì 11 maggio 2020

Ora salvare le biblioteche

(da Tomaso Montanari, Ora salvare le biblioteche, Il fatto quotidiano, 11/05/2020)

“Fondare biblioteche è come costruire ancora granai pubblici, ammassare riserve contro un inverno dello spirito che, da molti indizi, mio malgrado, vedo venire”. La celebre metafora scelta dall’Adriano di Marguerite Yourcenar è ancora forse la più potente, tra quelle immaginate nel secondo dopoguerra (le Memorie di Adriano escono nel 1951) per spiegare il nesso tra libri pubblici e futuro: le biblioteche come cibo comune contro la comune carestia spirituale […]. 

Potremmo domandarci se tra le cause del perdurare dell'inverno del nostro scontento che da decenni congela ed estingue la nostra comune umanità non ci sia anche la nostra incapacità di fare come Adriano: tanto più inescusabile quando si rammenti che a noi non era chiesto di fondare nuove biblioteche ma 'solo' di non far morire quelle che i nostri padri ci hanno lasciato come seme di futuro. Ebbene, in questi giorni lentamente riaprono le biblioteche italiane: dopo una chiusura che non ha sollevato i lamenti suscitati non dico da quella dei ristoranti, ma nemmeno da quella dei musei. Ma come li troviamo questi granai dello spirito, ora che possiamo vederli con occhi nuovi? 
La risposta più consapevole (e dunque più preoccupata) viene da un bellissimo editoriale appena apparso sulla rivista "Culture del testo e del documento" (Vecchiarelli editore) firmato da Attilio Mauro Caproni già bibliotecario alla Nazionale di Roma, ordinario di Bibliografia e fondatore del primo dottorato italiano in Scienze bibliografiche a Udine. [...] 
La morale è assai semplice: l'inverno inaspettato del Covid ci ha fatto capire che abbiamo bisogno di letti in terapia intensiva e di medici e infermieri assunti dallo Stato e ben pagati. E al tempo stesso anche di quei reparti di terapia intensiva che sono le biblioteche, dove l'ossigeno della conoscenza è offerto a tutti, anche chi a casa (quella casa che nel confinamento è diventata cifra e rappresentazione delle diseguaglianze mostruose che abbiamo creato) non ha libri, cioè appunto ossigeno. [...] Proprio questo è il punto: se le biblioteche muoiono non saremo né cittadini né italiani, ma sudditi senza storia e senza futuro. Vogliamo davvero ripartire? Allora ripartiamo dalle biblioteche."