giovedì 20 marzo 2008

Per isole remote. Poesie 1953-2000 di José Angel Valente


"Rare e bellissime le mie serate madrilene con Josè Angel Valente. Di lui avevo letto soltanto alcune raccolte, e in particolare Interior con figuras e Material memoria, quando lo incontrai verso la fine degli anni '80 nella Spagna del grande 'disgelo', delle interminabili charlas e movidas, la Spagna straordinariamente europea, anzi: cosmopolita e poliglotta 'maturata' nei due decenni precedenti ed esplosa alla caduta del franchismo. La Spagna della generazione dei miei amici filosofi e storici, architetti e artisti, da Francisco Jarauta a Santiago Calatrava, da Josè Jimènez a Rafael Moneo, da Fernando Checa a Maria Vela, a tanti, tanti altri. Era stato uno di loro, Valeriano Bozal, ad aver ospitato in una collana da lui diretta la traduzione in castigliano del mio Angelo necessario, e ad Angel io ne portai una copia in omaggio nel nostro primo incontro nel famoso caffé della Casa de Bellas Artes. Pochi giorni dopo mi dedicò Material memoria nella preziosa edizione de La gaya ciencia, illustrata da tre disegni di Tàpies, con queste parole: 'A Massimo Cacciari por la doble necesidad del àngel y del libro'. Fu nel segno dell'angelo che continuammo a 'coltivare' la nostra amicizia nel decennio che seguì. Amicizia de loihn, segnata da rari incontri, le dediche sui libri scambiati, poche cartas. Ma da molti, molti pensieri, che io 'scavavo' dal suo fare poesia che 'non è fare, ma aposentarse, estar'. Il segno dell'angelo indica appunto il luogo dell'estar: lo può indicare soltanto, definire mai, poiché esso rimane appunto proprio nella sua incertezza, nella sua insecuritas, luogo tra ombra e luce, tra luminosa, sovra-essenziale 'trascendenza' e verbo incarnato. Nel 'tra' degli opposti, nel luogo-non-luogo che opponendoli li rende con-fini, dimora la poesia di Valente. Essa si 'immagina' come lotta con l'angelo: per costringerne la luce a farsi corpo e, ad un tempo, trasfigurare la nostra materia nella sua luce. Duplice invocazione, all'angelo perché rimanga nella nostra parola, e a questa perché ne sia 'capace'. L'angelo di Angel, 'obliquo e ironico', che non pronuncia né 'mai' né 'sempre', rappresenta anche la forza che mantiene 'aperta' la parola. Da entrambi i suoi lati: quello per cui essa può 'annunziare' (anche se ignora quale dio - il tema di Al dios del lugar), e quello per cui essa è 'nostalgia' della lettera anteriore a ogni significato, della lettera come indice del suono originario, dalla cui 'prima' potenza si generano le parole. Lettera che non dice, ma 'fa' il senso (Tres lecciones de tinieblas). Riattingendo alla lettera, al suono della lettera, la poesia è sempre memoria, ma memoria che dice un Adveniens; la presenza, il corpo della sua parola, è perciò sempre anche assenza, poiché 'ciò' di cui è memoria e 'ciò' di cui è annuncio non sono, o sono soltanto nella e per la sua parola. In quanto presenza di un'assenza, la poesia tende naturalmente al silenzio, lo contiene come materia natural. 'Poética: arte de la composiciòn del silencio'. Il silenzio entra radicalmente nella materia, come la pausa nel tessuto musicale, o come nella pittura di Tàpies, al quale Material memoria è tutto ispirato, proprio la forza materica dell'apparire rivela il nascondersi di physis. Per la generazione di studiosi e artisti formatasi in anni ormai lontani dalla guerra civile, ignara dell'esilio, e tuttavia ancora in un periodo segnato dalla lenta e odiosa agonia del franchismo, Valente rappresentava una figura-simbolo. Era il 'ponte' tra loro e la generazione dei 'padri', Unamuno e Ortega, Machado e Jiménez, di cui era memoria allora ancora vivente Marìa Zambrano. E, insieme, egli era la figura 'europea' che 'componeva' la grande tradizione spagnola della prima metà del '900 con le esperienze più radicali del dopoguerra, con quella di Paul Celan anzitutto. In questo 'pericoloso' esercizio egli riscopriva le più profonde radici della propria lingua e della propria cultura: la mistica del Siglo de oro, San Juan de la Cruz, nelle loro stesse segrete dimensioni ebraiche e islamiche. Per comprendere questo intreccio di elementi religiosi e filosofico-teologici sono indispensabili le prose di El fin de la edad de plata (Tusquets), l'età della hybris proterva, degli uomini che non venerano gli immortali, il cui ethos ignora ogni culto divino." (da Massimo Cacciari, Nel segno dell'angelo, "La Repubblica", 20/03/'08; dalla postfazione di M. Cacciari a Per isole remote. Poesie 1953-2000, Metauro)
"Jose Angel Valente, 71, Poet Who Knew Purity of the Word" (da NYTimesArts)

Nessun commento: