domenica 23 marzo 2008

Iacopo da Varazze, Legenda aurea


"Sempre più raro il piacere di avere fra le mani nuovi libri, considerati 'inutili' secondo i parametri aziendalistici di case editrici e operatori culturali perché 'inattuali' libri cioè non condizionati dal chiacchiericcio politico, dal gossip salottiero, dai dibattiti televisivi, senza ricadute, come si dice oggi, sul sociale o sul territorio. Libri fuori dal tempo che rispondono solo agli interessi scientifici ed eruditi di chi li ha scritti, esito di una rigorosa ricerca individuale, monastica - a volte promossa da istituzioni anch'esse fuori dai salotti intellettuali alla moda - per inseguire e capire personaggi, testi, situazioni che interessano solo l'autore, ma che potranno essere utili nel tempo futuro ad altri solitari ricercatori. Proprio per questo libri destinati a non esaurirsi in pochi mesi, ma a costituire quei depositi che i più grandi editori non sopportano e spesso distruggono. Tali sono ad esempio i libri della Società internazionale per lo studio del medioevo latino (Sismel), il più grande e prestigioso centro europeo di medievistica, che ora mette sul mercato la traduzione (con testo latino a fronte secondo l'edizione data da Giovanni Paolo Maggioni per la stessa Sismel nel 1998) della Legenda aurea di Iacopo da Varazze, il classico di tutta l'agiografia cristiana medievale, come definita fino al XIII secolo. Testo fascinoso di grande leggibilità che, fra storia e mito, fa capire i complessi paradigmi della santità medievale. Opera di larghissima fortuna, come attesta la tradizione manoscritta, fonte di tanta letteratura e arte europea del medioevo e dei tempi moderni. La traduzione, sostenuta dal Segretariato europeo per le pubblicazioni scientifiche (Seps), coordinata da Francesco Stella, ampiamente annotata, è arricchita dalle miniature di un codice dell'opera conservato alla Biblioteca Ambrosiana, di poco posteriore alla morte di Iacopo da Varazze. Passando a un altro settore di pubblicazioni 'inutili' ecco gli ultimi volumi della collana Corrispondenze letterarie, scientifiche ed erudite dal Rinascimento all'Età moderna: compare la corrispondenza di Jean-Robert Chouet, professore di filosofia a Saumur (1664-1669) e a Ginevra (1669-1686), maestro fra l'altro di Jean Le Clerc e di Pierre Bayle; autore fin qui pressoché ignoto del quale Mario Sina (a lui dobbiamo la monumentale edizione dell'Epistolario di Jean Le Clerc, Olschki) mette in luce l'incisiva presenza nella Repubblica delle lettere negli ultimi decenni del Seicento, inserendolo nelle complesse vicende del cartesianesimo e più in generale della cultura francese negli anni immediatamente precedenti e seguenti la revoca dell'Editto di Nantes (1685). Ancora negli ultimi decenni del Seicento e inizi del Settecento si collocano le lettere del benedettino Francois Lamy pubblicate (per intero o in regesto) da Maria Grazia Zaccone Sina, già affermata studiosa del cartesianesimo e dello stesso Lamy. Benedettino, 'uno dei più autorevoli cartesiani che siano in Francia' secondo il giudizio del non facile Bayle, ha lasciato un ricchissimo epistolario, in gran parte inedito, di notevole importanza per la fitta rete di rapporti con filosofi, teologi, eruditi dell'epoca, impegnato non solo a difendere il cartesianesimo ma a combattere aspetti della cultura libertina e soprattutto Spinoza. Fra i suoi corrispondenti il grande Mabillon. In una lettera a lui indirizzata torna il tema che ci riguarda: Lamy, criticando vivacemente un censore che avrebbe sostenuto l'inutilità di un suo libro perché destinato 'a poche persone', scrive a Mabillon: 'Bisognerebbe allora sopprimere un'infinità di libri simili che hanno arricchito la Repubblica delle lettere; e non so se si dovrebbe sopprimere anche la vostra eccellente opera De re diplomatica' che, come noto, ha posto le basi della moderna diplomatica e paleografia, opera ancor oggi fondamentale. Legati alla collana delle Corrispondenze, i volumi dei Subsidia: uno dedicato da Candida Carella all'insegnamento della filosofia alla Sapienza (non Università di Roma, nota l'autrice, ma del Pontefice), specchio di una cultura stanca e arretrata ove i pochi professori aperti al pensiero contemporaneo erano obbligati a sostenerne, per difenderlo, la falsità. Come Vitale Giordano del quale la Carella pubblica qui un importante inedito Della filosofia naturale moderna, che per sostenere la nuova scienza corpuscolare e copernicana, doveva avvertire che si trattava di 'false ipotesi', tanto per quanto concerne il movimento della Terra ('tal sistema è falso') quanto i temi della filosofia corpuscolare, 'ipotesi falsissime'. In clima assai più articolato e aperto ci porta Giuliano Gasparri con il suo studio sul problema, posto da Descartes - ma non nuovo nella tradizione teologica e riproposto dall'occamismo - del Dio creatore delle verità eterne: Dio è autore, anzi creatore delle verità eterne (dei principi logici come delle leggi di natura) che da lui dipendono come da 'causa efficiente e totale'. Dottrina 'dura' secondo un obbiettante di Cartesio, destinata a divenire centrale nel dibattito sul cartesianesimo (congiuntamente all'ipotesi del Dio ingannatore) coinvolgendo tutta la problematica teologica, metafisica e gnoseologica. Se Dio è creatore delle verità eterne, avrebbe potuto crearle diverse? E potrebbe invalidare il principio di non contraddizione? Anche il cardinale di Santa Romana Chiesa, Pietro d'Ailly non aveva dubbi rispondendo affermativamente." (da Tullio Gregory, Tra Cartesio e la santità, "Il Sole 24 ore Domenica", 23/03/'08}

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