martedì 18 marzo 2008

Le incantatrici di Jean Starobinski


"C'è modo e modo di fare critica. Uno è quello di percorrere il testo spigolando qua
e là e mettendo insieme una serie di osservazioni sostanzialmente fungibili, disposte con grazia, le une accanto alle altre, come i fiori in un vaso. Un
altro è invece quello di ricostruire la coerenza del testo, illuminando i punti che si corrispondono, le opposizioni che ne tendono l'architettura, i significati che combaciano o divergono, magari in zone lontane e nascoste: si crea, così, una mappa attraverso cui il lettore si orienta, una rete che mostra come tutto si tiene con coerenza, in un organismo vivente. In questo tipo di critica Jean Starobinski è un maestro indiscusso. Ne abbiamo la conferma nel libro Le incantatrici, accuratamente tradotto da Carlo Gazzelli (EDT). Le 'incantatrici' sono alcuni personaggi che percorrono la storia del melodramma, da Monteverdi a Lully, da Haendel a Massenet, da Bizet a Wagner a Alban Berg, leggendarie sirene come Poppea, Armida, Alcina, Manon, Carmen, Kundry, Lulu che escono da un lontano passato o da un mondo remoto ma che, attraverso la musica, esercitano un incantesimo sempre attuale. Perché questo sortilegio prenda forma, sostiene Starobinski, bisogna che lo spettacolo non tenti di ricostruire il passato, il che significherebbe perderlo due volte, ma ce lo faccia sentire, perché 'la verità sta nello sbalzo che crea complicità tra passato e presente'. Solo leggendo attentamente il testo, il regista può coglierne le leggi interne e la sua storicità, su cui innestare, poi, l'invenzione rinnovatrice. Di questa lettura attentissima l'autore fornisce esempi magistrali. 'Io non sono tanto alla ricerca di fonti - scrive - quanto di prove della persistenza di certe immagini all'interno della cultura europea'. E anche, aggiungiamo noi, all'interno dei testi. Così, quando affronta ad esempio le Nozze di Figaro o Don Giovanni o il Flauto magico, l'esame degli oggetti e delle situazioni, dei sentimenti e degli spazi, dei gesti e dei temi letterari non potrebbe essere più acuto e preciso. Elucubrazioni astratte o fantasiose forzature sono rigorosamente evitate: l'aderenza, strettissima, al testo è il presupposto di ogni spunto interpretativo. Starobinski è critico letterario, non musicologo. La musica resta quindi sullo sfondo del suo discorso, volto soprattutto all'esame dei libretti d'opera e della loro sorprendente complessità, senza di cui non potrebbe esistere il capolavoro musicale. E' impossibile, qui, riassumere la ricchezza degli spunti critici disseminati nei quindici saggi ed espressi in una prosa asciutta, in cui ogni parola ha una funzione precisa. Basti citare la lettura delle Nozze di Figaro e dei
suoi motivi letterari e drammatici. Starobinski scopre una quantità di segni, pieni di significato: per esempio, la ricorrenza della parola 'il resto' che allude, qua e là, a presenze sottaciute espresse invece dalla musica; il rapporto tra le età dei personaggi; la circolazione degli oggetti, come il nastro rosso, il fazzoletto, la spilla usata dalle donne e la spada dagli uomini, arma contro arma, punta contro punta, opposte in un duello sottile; e ancora, i soffi dell'aura resi attraverso le seduzioni dell''aria', ossia della musica che 'fa percepire quel sovrappiù miracoloso in cui si perde e si rilancia l'energia che non può fissarsi sui corpi e sugli oggetti'. Attraverso i testi, Starobinski accende tanti punti-luce che formano una o più costellazioni di significati, capaci di orientare il lettore attraverso l'opera musicale nel suo complesso. La lettura delle Incantatrici è
avvincente: assolve nel modo migliore la funzione della critica che deve essere guida, illuminazione, disvelamento. La prosa di Starobinski 'risuona' continuamente di echi culturali, vicini e lontani, ma scorre con naturalezza, eleganza e immediatezza. Il critico non proclama: mormora, ragiona, convince. L'ultimo saggio del libro, Ombra adorata, sinora inedito, è geniale. Ombra adorata è un'aria del Romeo e Giulietta (1796) di Nicola Zingarelli. Cantata da Giuditta Pasta, nei primi anni dell'Ottocento, divenne un emblema di bellezza e commozione: Starobinski ne mostra i riflessi nella letteratura e nella musica, da Hoffmann a Stendhal, da Berlioz a Balzac. E, mentre i confini tra i due mondi si confondono, il gioco di specchi, condotto con impareggiabile finezza trasforma l'autore stesso in un incantatore." (da Paolo Gallarati, Starobinsky corteggia le incantatrici, "TuttoLibri", "La Stampa", 15/03/'08)

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