sabato 8 marzo 2008

Nicla Vassallo: "Fidanzate della scienza"


"Chissà se cade quest'anno il centenario della festa della donna? Non è il centenario se si risale all'8 marzo 1857 e alle proteste delle lavoratrici newyorkesi, o all'8 marzo 1910 e a Clara Zetkin che a Copenhagen propose di commemorare le donne, o all'8 marzo 1917 e alle manifestazioni delle operaie di Pietroburgo. E' invece il centenario se l'8 marzo 1908 le donne marciano per le strade di New York, mentre più di cento manovali muoiono nell'incendio di uno stabilimento tessile. Sull'autenticità di tutte queste date si può anche nutrire qualche sospetto. Per esempio, un volume, sfogliato parecchio tempo fa in una biblioteca californiana (What Have Women Done? A Photo Essay on Working Women in the United States, uscito negli anni Settanta per United Front Press) riportava al 1909 la marcia dell'8 marzo, mentre l'incendio e gli avvenimenti a esso legati sarebbero successivi. E' però certo che, da simbolo delle rivendicazioni femminili e femministe, l'International Women's Day si è trasformato negli anni in un'occasione più generale di protesta (per esempio, contro il militarismo e il nucleare) ed è oggi un festeggiamneto povero di contenuti, in cui le donne rappresentano un mero pretesto per fiorenti commerci (non solo di mimose), svariati discorsi politici retorici e osservazioni revisionistiche di qualche femminista storica. Non credo che la sostanza muti, c'è solo più enfasi se quest'anno viene celebrato (magari erroneamente) il centenario della festa. Lo si cavalcherà parlando della mannequin Carla maritata all'Eliseo e di Hillary ancora in corsa per la Casa Bianca (con le sue belle rughe e i calzoni da 'uomo'). A farsi sentire saranno i giornalisti e gli intellettuali sessantottini che pensano che tutto sia nato grazie a loro, e tutto con loro debba morire, naturalmente anche 'il femminismo'. Se da una parte non c'è affatto solo femminismo, dall'altra i femminismi si legano al cristianesimo, alla scienza, alla filosofia, più che al Sessantotto. Nella storia europea le donne escono dal silenzio e dall'anonimato dialogando di se stesse e della propria esperienza col divino, specie in epoca medievale; mistica e teologia femminili non sono certo fenomeni recenti. Ci deve però essere anche una relazione stretta tra femminismo e scienza, che non si riduce ai mutamenti radicali della condizione esistenziale femminile dovuti alle conquiste della medicina, agli anticoncezionali e agli elettrodomestici. Contrariamente a quanto vuole il dogma, patrocinato soprattutto dal pensiero della differenza, secondo cui le donne sono essenzialmente diverse dagli uomini, occorre ricorrere alla scienza per comprendere le reali uguaglianze e differenze (biologiche e cognitive) tra uomini e donne. Volendo essere pignoli, il dogma nega in realtà la complessità della natura (complessità che è compito della scienza indagare) per enfatizzare la dicotomia sessuale maschio/femmina, e tutto quanto ne segue, a discapito della varietà sessuale ed esistenziale. E' evidente che, implicitamente o esplicitamente, un certo femminismo abbraccia posizioni dell'ortodossia cattolica, nutrendo e al contempo nutrendosi della conformistica inclinazione anti-scientifica che caratterizza la cultura (anche atea e agnostica) del nostro Paese: la scienza viene vissuta come una vera e propria minaccia onnipotente, la ricerca scientifica è giudicata immorale, se non addirittura perversa, delle nuove tecnologie e in ogni caso biotecnologie si esaspera il carattere invasivo. Se una qualche filosofia femminista italiana si interessa di scienza, spesso è motivata dal solo intento di esprimersi contro la scienza, e non di riflettere sull'impresa scientifica in modo critico e propositivo. In altri Paesi, le cose vanno assai diversamente, come attesta bene l'ultimo pregevole volume di Elizabeth Potter (Feminism and Philosophy of Science, Routledge) in cui emerge con chiarezza il fatto che il progresso scientifico stimola il processo filosofico nell'elaborazione di sostanziali riflessioni sulla scienza e sulle donne, e viceversa. [...] Nel nostro Paese, invece, a farla da padrone sembra essere un tipo di anti-illuminismo che assomiglia assai, volente o nolente, al pensiero di Jean-Jacques Rousseau, con la valutazione negativa del progresso scientifico per il miglioramento della vita umana (si veda il Discorso sulla scienza e le arti del 1750) e con una concezione reazionaria, stando alla quale la donna deve essere docile e sottomessa, essere educata in modo da soddisfare le sole esigenze del proprio compagno e dei propri figli, essere moglie, madre e null'altro (si vedano le pagine dedicate a Sofia in Emilio o dell'educazione del 1762). Invece di attribuire ingiustamente alla scienza ogni nefandezza, proviamo a mettere sotto accusa i tanti filosofi (da Aristotele a Kant, da Hegel a Nietzsche; non c'è solo Rousseau) che denigrano le donne e la cosiddetta natura femminile. Mettendo sotto accusa i filosofi, insieme alle loro filosofie costruite su opinioni retrograde e pregiudizi rozzi, ci si ritrova a ripercorrere una storia della filosofia misogina, popolata da uomini che, rarissime eccezioni a parte, teorizzano poco e male sulle donne. Se il corso di questa storia fosse andato diversamente, non si sarebbe forse riflettuto e dibattuto in modo consono sui tanti problemi sollevati dalla procreazione e dalla gravidanza, e questioni quali quelle della fecondazione assistita e dell'aborto non sarebbero da tempo risolte? Non si avrebbe una concezione filosofica di natura meno normativa e coercitiva rispetto alle tematiche della sessualità, della riproduzione, della maternità, della famiglia? Non so se esista un futuro non commerciale e non retorico per l'8 marzo, né se esista un futuro per il femminismo italiano politicizzato; so però che esiste un futuro per quelle filosofie femministe che si confrontano saggiamente con il mondo. Come testimoniano in modo eccellente Linda Martìn Alcoff e Eva Feder Kittay (The Blackwell Guide to Feminist Philosophy), ci sono parecchi settori classici (innanzitutto epistemologia, filosofia della scienza, etica ma anche estetica, filosofia politica, storia della filosofia) a cui le filosofie femministe anglosassoni apportano contributi innovativi, esercitando sulla filosofia tradizionale un impatto paragonabile a quello della psicologia morale sulla filosofia morale, o delle scienze cognitive sulla filosofia della mente. E ci sono orizzonti nuovi che vengono esplorati con attenzione e audacia dalle filosofie femministe, più che dalla filosofia tradizionale. E' a queste filosofie che le teorie femministe italiane dovrebbero probabilmente guardare per riuscire a sperare in un qualche futuro capace di promettere alle donne condizioni culturali, economiche, politiche e sociali più in linea con quelle dei Paesi europei avanzati." (da Nicla Vassallo, Fidanzate della scienza, "Il Sole 24 ore Domenica", 24/02/'08)

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