lunedì 26 gennaio 2009

Una Germania di inchiostri al femminile


"Sarà un caso, ma la letteratura tedesca uscita ultimamente in Italia è tutta al femminile. La scrittura è donna: dentro vi convivono molte anime e almeno due generazioni con prospettive diverse ma analoga attenzione ai destini individuali oltre le ideologie e i terremoti della storia. Scrittrici come Christa Wolf e Julia Franck, Judith Hermann, Katja Lange-Müller o Silke Scheuermann parlano del passato e del presente, evocano gli slanci dell'amore o gli spazi vuoti dell'esistenza, a tutte le latitudini, fra vecchio e nuovo mondo, natura e cultura, accarezzando l'eterna speranza di una vita più autentica e umana. Lo fanno nel breve giro del racconto, magari divagando in chiave autobiografica, come la Wolf nel volume Con uno sguardo diverso (e/o) o con il robusto romanzo familiare, La strega di mezzogiorno (Le Lettere), della Franck. Mentre i giovani e malinconici personaggi dei racconti della Hermann, Nient'altro che fantasmi (Socrates), non hanno punti di riferimento: guardano al futuro e vedono il buio, sognano rapporti che si dileguano come l'ombra fuggevole del tempo. La Hermann è una scrittrice di silenzi, ironica e disincantata, che scivola sotto la superficie delle cose e delle emozioni. I vari Magnus, Jakob, Micha, Sarah, Raoul, Jonina delle sue storie sono personaggi invecchiati ancor prima di crescere, vittime di sterili nostalgie, di rassegnazione e stanchezza. Figli della globalizzazione, girano per il mondo cercando inutilmente di colmare il vuoto di una vita avara di esperienze. Amori impossibili, luoghi estremi in cui vibra una magica tensione, figure improbabili come la cacciatrice di fantasmi popolano questi racconti lontani da ogni complessità epica e psicologica. Qui è Raymond Carver il nume tutelare; nell'affresco della Franck che abbraccia i decenni tra la prima guerra mondiale e la disfatta del 1945, c'è invece la struttura ribaltata del romanzo di formazione, il metabolismo della tragedia tedesca e le sue aberrazioni. Julia Franck, già al suo quarto romanzo, berlinese come la Hermann e sua coetanea (sono ambedue del 1970), è la figura più interessante di questa generazione capace di far rivivere, sempre un po' ai limiti del kitsch, nel microcosmo di storie femminili il destino di un intero Paese. La strega di mezzogiorno è opera ambiziosa con una cornice storica debole e convenzionale. Lodevole tuttavia è il tentativo di disegnare un'epoca: sullo sfondo la provincia tedesca e gli anni ruggenti della Berlino weimariana fra eccessi e miseria, tensioni sociali e violenze politiche. Ma è la parabola della protagonista Helene a dare intensità e vigore al libro, le sue speranze e disillusioni, il silenzio che l'avvolge e la sofferenza che ne rende arido il cuore. Un matrimonio che è un inferno, poi la nascita del figlio Peter, la solitudine e la guerra. E infine, fuggendo da Stettino, la decisione di abbandonare il figlioletto alla stazione. Un'esperienza sconvolgente, annunciata nel prologo, che trasmette tensione a ogni pagina e spalanca abissi su un'aberrazione individuale nell'insania collettiva. Donne forti, risolute, appassionate, sempre pronte a rischiare sia nei drammi di ieri che nella torbida quotidianità dell'oggi: è un altro dei possibili identikit ricavato da L'agnello cattivo (Neri Pozza), il romanzo della Lange-Müller, nata a Berlino est nel 1951 e di là fuggita nel 1984, una storia d'amore fra Soja, che vive di lavori saltuari nella parte ovest della città, e Harry, giovane tossico ed ex detenuto. Siamo nel 1987, il Muro divide ancora la città che qui, come già in parte nelle altre scrittrici, è luogo quasi simbolico di ogni tragedia collettiva e individuale. Soja racconta quando Harry è già morto, vittima della droga e dell'Aids. Rivive momenti di forte attrazione fisica e di distruzione sottolineando, con linguaggio disinvolto e ironico, la problematicità e l'instabilità di ogni affetto in situazioni estreme. Dietro si intravede, anche nel romanzo della Scheuermann, L'ora tra il cane e il lupo (Voland), il disorientamento di un'intera società che non riesce più a coniugare nel segno della speranza un rapporto solidale e sincero come quello fra due sorelle che si rincontrano dopo anni scoprendo tristi verità. Non è facile risvegliare tenerezza e gioia nella prosa del mondo. Per questo occorre abbeverarsi alla saggezza di chi ha fatto molta strada come la quasi ottantenne Christa Wolf. Nei suoi racconti vita privata ed esperienza storica sono sotto controllo. Lo sguardo autobiografico ripercorre con ironia il lungo ménage con il marito o si sofferma sul tema del dolore: senza traumi, con un' affettuosa riconoscenza verso la vita. E anche pensando al passato, durante il soggiorno americano, la Wolf si affaccia su anni difficili ma ricchi di fermenti, di lotte e valori condivisi che hanno rafforzato la consapevolezza del soggetto che scrive. Che ora siano le donne a scrivere, sempre più spesso, non è cosa da poco. E' un segnale di speranza, un gesto che parla di futuro." (da Luigi Forte, Una Germania di inchiostri al femminile, "TuttoLibri", "La Stampa", 24/01/'09)

1 commento:

Ulisse Di Bartolomei ha detto...

La condizione della donna è la diaspora che nell’attualità appare enunciata dal confronto con le culture migranti, sebbene da almeno due millenni le nuove religioni vi apposero dei marchi etici che al confronto con la moderna percezione del diritto e del giusto mostrano notevole obsolescenza. Dal Gennaio 2011 un nuovo testo disquisisce la tematica esponendo le basali induzioni che producono un approccio etico sminuente o subordinante nei confronti della femmina e adeguato anche alla stregua di manuale per prevenire i pericoli nascosti nei moti interpersonali, qualora le religioni vi aggreghino un influsso di rilievo. L’argomento primario è implementato con una scansione della vita di Gesù nella Galilea, osservata con uno scrupolo investigativo moderno e adeguato nell’evidenziare degli aspetti denotanti gli errori interpretativi, che i padri fondatori della Chiesa Cattolica potrebbero aver commesso, e gravato sulla figura femminile. L’occidente è sede della cultura emersa dominante nella storia e la questione “condizione della donna” come la conosciamo è anzitutto la deriva più eclatante delle impostazioni della Chiesa Cattolica ai suoi primordi. Aiuta inoltre a comprendere gli eventi del nostro tempo, quando le religioni appongono dominanti ruoli identificanti.
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