venerdì 2 gennaio 2009

Kafka: the Office Writings


"Era lecito sospettare che l'impiegato Franz Kafka fosse un burocrate fannullone. Dove mai poteva trovare il tempo di immaginare tutto quello che ha immaginato, scrivere tutti quei racconti, tutti quei romanzi, tutti gli abbozzi e i rifacimenti, le cose che pubblicò, i manoscritti che affidò all'amico Max Brod chiedendogli di bruciarli, e le carte che stracciò lui stesso, e i diari, e le lettere alle fidanzate, se non nell'orario di ufficio? Se non imboscandosi dietro alla scrivania, facendo finta di lavorare mentre pensava ad altro, la testa fra le nuvole? E invece, no. Viene fuori che al contrario si portava l'ufficio a casa, travasava nei romanzi e nel resto il suo lavoro di impiegato, che faceva praticamente gli straordinari anche nel tempo libero. E' la sorprendente scoperta di un libro fresco di stampa, Kafka: the Office Writings (Princeton University Press, 2009), i cui curatori, Stanely Corngold, Jack Greenberg e Benno Wagner, non si limitano a tradurre per la prima volta in inglese quello che Kafka scriveva in ufficio (le relazioni e la corrispondenza da impiegato dell'Istituto per le assicurazioni contro gli infortuni sul lavoro, di Praga, i pareri legali, l'attività di speech writer per il suo capufficio), ma lo collegano direttamente, in modo meticoloso, perfino un po' pedante, ai suoi scritti letterari. [...] 'Di tutti gli scrittori, Kafka è il massimo esperto sul potere', notò Elias Canetti. 'Segretario dell'invisibile', lo definì Milan Kundera. Dalla scrivania del suo ufficio riusciva a tirar fuori materiale sufficiente per parlare di tutto il mondo, di quello che è fuori e anche di quello, ancora più vasto e minaccioso che è nascosto in profondità dentro ognuno di noi. Rileggendo con un occhio rivolto ai suoi scritti d'ufficio questi mondi si moltiplicano ulteriormente, si scoprono ancora altre galassie. Provare per crederci." (da Siegmund Ginzberg, Franz Kafka impiegato fannullone? No, modello, "La Repubblica", 02/01/'09)

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