mercoledì 7 gennaio 2009

Le meraviglie del creato e le stranezze degli esseri di Zakariyya al-Qazwini


"Sapreste rispondere alla domanda: l´amore è figlio della conoscenza, o la conoscenza dell´amore? Leonardo dice che è vera la prima ipotesi, qualora si intenda una conoscenza concreta. Alla stessa domanda al-Qazwini risponderebbe che no, la conoscenza è figlia dell´amore. Anzi, aristotelicamente, della meraviglia. La quale meraviglia ha molto a che fare con l´amore, e con il sentimento della gratitudine. E´ un sentimento che trasuda dallo studio del creato del grande studioso persiano del Duecento Zakariyya Ibn Muhammad al-Qazwini, intitolato per l´appunto Le meraviglie del creato e le stranezze degli esseri (a cura di Syrinx von Hees, traduzione di Francesca Bellino, Mondadori). Già dal titolo si intende che sarà una particolarissima opera scientifica, dove la scienza più che una fredda disciplina preoccupata del rigore dei suoi statuti, è interpretata come una disposizione alla catalogazione, alla descrizione dei fenomeni. Al-Qazwini, più che uno scienziato, più che un filosofo, è un enciclopedista, e soprattutto uno scrittore e descrive il mondo creato con rapimento estatico, mai togliendo ai fenomeni quel che la scienza, la nostra idea di scienza, tenderà a far passare in secondo piano, addirittura eliminare, e cioè, la singolarità, l´eccentricità. Chi fa scienza da un certo punto in poi, intendo dal punto di vista temporale, dovrà rispondere alla struttura generale, più che all´esperienza singola. Dovrà descrivere leggi. Ma c´è un momento, meraviglioso davvero, di cui questo libro scritto nel Medioevo islamico è un esempio, e che dura più o meno fino al Cinquecento, dove la scienza e la magia si toccano. Vengono in mente altrettanto meravigliose opere che circolano ancora nel Rinascimento inglese, come il De proprietatibus rerum del francescano Bartolomeus Anglicus, scritto intorno alla prima metà del secolo XIII, o il Liber de natura rerum, del belga Tommaso di Cantimpré scritto anch´esso negli stessi anni. Non sorprende che questa enciclopedia della natura dell´erudito Zakariyya godette fin da subito di una immensa popolarità, fino a diventare, come conferma la dotta curatrice del volume Syrinx von Hees, uno dei testi più celebri della letteratura araba: fu tradotto in varie lingue e si impose come uno dei libri più letti dagli eruditi d´Oriente fino al XIX secolo. La valorosa traduttrice, Francesca Bellino, da parte sua ci rammenta che nonostante l´importanza e l´ampia circolazione nel mondo islamico, l´opera non è stata mai tradotta integralmente in nessuna lingua occidentale. Anche questa sua traduzione riguarda circa la metà delle meraviglie e delle stranezze catalogate e descritte nell´originale. Ma tanto basta per incantare il lettore. Il quale, a distanza di secoli e di terre e mari, si sente interpellato direttamente dall´autore con una confidenza intima, semplice. Affìdati a me, gli consiglia Zakariyya, e ti racconterò le meraviglie del creato e non devi essere uno specialista, devi essere curioso e pronto alla sorpresa. Per te, lettore, continua, io ho raccolto quel che era sparpagliato e ho rilegato in un libro quel che era disperso. Un libro! C´è forse qualcosa di più meraviglioso di un libro? - un libro che fa da specchio al libro della Natura, che è il libro di Dio? Nel nome di Dio, Clemente e Misericordioso il servo Zakariyya si mette all´opera. Scrive. Perché i libri danno senso alla vita. E racconta come fu che lui personalmente cominciò a leggere i libri. Non aveva neppure vent´anni, quando la sua città, Qazwin, collocata a nord-ovest di Teheran, ai piedi delle montagne che s´affacciano sulla riva meridionale del Mar Caspio, fu conquistata dall´esercito mongolo. Insieme ad altri dotti persiani Zakariyya emigrò e si stabilì a Mosul, e lì trascorse gran parte della sua esistenza. Nella nuova città si trovò bene, ma la nostalgia era grande, e la solitudine tanta. E prese a leggere i libri: 'la migliore compagnia'. E a osservare il mondo intorno a lui. Ma sempre attraverso gli occhi di un libro, il Corano, che insegna tra le altre cose anche a guardare. Perché spiega Zakariyya, il significato di guardare non è tanto quello di scrutare con gli occhi, bisogna avere cuore. Esseri che hanno cuori con i quali non comprendono, insegna il Profeta, hanno occhi con i quali non vedono, hanno orecchi con i quali non sentono ... Il vero significato di guardare è di leggere in ogni cosa la presenza divina. In altro modo, noi potremmo dire: riconoscere a ogni cosa il significato profondo. La realtà. Questo non è facile, riconosce lo studioso; l´uomo ignorante e negligente non lo sa fare, mentre è esercizio che riguarda l´uomo intelligente e saggio. E´ a lui che rivolge il suo libro, con innocente pedanteria affermando: 'non ho inventato nulla, ho scritto tutto così come l´ho ricevuto'. La tradizione è concetto importante, qui; religioso. Per lo più Zakariyya poggia su Aristotele, sul Corano, su Tolomeo, su Avicenna e altri enciclopedisti più o meno contemporanei. Poi passa a spiegare i due termini centrali del suo trattato: 'meraviglia' e 'stranezze'. Con 'meraviglia' intende lo stupore che prende chi guardi qualcosa di cui ignora il come e il che cosa. Fa l´esempio di un´arnia. Uno che non l´abbia mai vista si stupirà senz´altro della sua perfezione architettonica: chi ha potuto e saputo creare quegli esagoni equilateri, che neanche un ingegnoso ingegnere con tanto di riga e compasso potrebbe eguagliare? E da dove viene la cera che sigilla le piccole celle una identica all´altra? e il miele che farà da scorta per l´inverno? e come fanno le api a sapere che è arrivato l´inverno? Le domande incalzano la mente intelligente, che rimane sbigottita; l´animo perspicace, che sorpreso rende lode a Dio. Ecco il significato di 'meraviglia'. Per quanto riguarda la 'stranezza', 'strano' è ogni fatto che capita di rado, diverso da quanto si vede di solito. Come i miracoli dei profeti. E gli atti dei santi pii. Tra i fatti strani si contano i fenomeni celesti, le stelle cadenti, le comete, la nascita di animali, come ad esempio un uomo con il corpo di donna da metà in giù, e da metà in su due corpi diversi con quattro mani e due teste e due facce. Ora, la disposizione alla meraviglia, allo stupore, alla stranezza, che è atteggiamento proprio del giovane, di chi manca di esperienza, è naturale che con l´età si perda. Ma almeno in parte dovremmo conservare quel modo di restare aperti alla realtà. Alla sua bellezza. Perché di questo si tratta, in fondo: non si muove atomo nei cieli e sulla terra che non provi la magnificenza, la maestà di Dio. Noi potremmo dire: della Realtà. Della Natura. Due termini che, certo, acquisiscono una particolare forza se si sostengono a uno sfondo metafisico, religioso. Ma anche se spogliata del fondale religioso, anche a chi legga oggi con occhi abituati all´indigenza, la realtà che al-Qazwini descrive apparirà magnifica. Anche chi non vi sappia rintracciare l´arte divina, coglierà la bellezza delle forme. La complessità strabiliante. Il fine didattico dell´enciclopedia è chiaro, e a tal scopo al-Qazwini seleziona un sapere specialistico, derivato da autorità della materia, e lo organizza in modo chiaro, elegante, fedele. Altrettanto chiaro è l´insegnamento: ovvero, grazie alla legge religiosa, ogni cosa trova il suo posto. Il suo senso. Di tale insegnamento un lettore di oggi, crocefisso alla croce della sua modernità, per forza ironica, che ne farà? Lo terrà a mente e dell´ordine e del senso cui rimanda ne godrà come di una rivelazione estetica. E rifletterà su come, più o meno sempre, la contemplazione trasformi l´oggetto del suo atto in un affascinante agalma: immagine bella, simbolo, feticcio, idolo, trappola che sia. Segno della presenza, o assenza - è la stessa cosa - dell´Altro." (da Nadia Fusini, Islam tra scienza e magia, "La Repubblica", 07/01/'09)

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