sabato 3 gennaio 2009

Molte nature. Saggio sull´evoluzione culturale di Enrico Bellone


"Un cittadino ateniese del quarto secolo A. C. in una limpida sera d´estate siede fuori dalla sua casa per prendere il fresco e contemplare il cielo stellato e il lento movimento degli astri, e cerca di applicare a ciò che vede le nozioni testè apprese al Liceo, alla scuola di Aristotele, e che sono il prodotto di millenni di osservazioni (principalmente per ciò che concerne il cielo) e approssimative misure compiute dalla nostra specie. Parte da questa scenetta il nuovo lavoro dello storico della scienza Enrico Bellone - Molte nature. Saggio sull´evoluzione culturale (Raffaello Cortina) - per proporre una serie di acute riflessioni (non prive di risvolti poetici) sui saperi consolidati e sul metodo scientifico su cui si fondano. Ma qual è il punto di vista 'aristotelico' di quel remoto nostro antenato ateniese e in qual misura si differenzia dal nostro modo 'ingenuo' di guardare il mondo attorno a noi? Il criterio più elementare, che è poi lo stesso ancora adesso per ognuno di noi, è che 'c´è qualcosa lì fuori', ossia che esiste un mondo esterno i cui segnali, captati dai sensi e registrati dai nostri neuroni e dall´intricata rete delle connessioni sinaptiche, si traducono nelle sensazioni che percepiamo e ci consentono di interpretare ciò che ci circonda: suoni, oggetti visibili, odori, etc. In altre parole, il nostro modo di percepire ciò che è lì fuori (oggi enormemente esteso e raffinato da strumenti d´indagine impensabili ai tempi di Aristotele), ossia natura, ciò che giace e opera lì fuori e agisce su di noi. Ma non 'la' Natura, un 'reale' valido erga omnes, un sigillo di verità definitiva sulle nostre ricostruzioni. L´interpretazione delle informazioni che ci giungono dal mondo esterno è il prodotto delle operazioni che i sistemi sensoriali di ogni specie vivente compiono in risposta agli stimoli esterni, e per le regole che ogni organismo applica in risposta a quegli stimoli. E perciò ognuno 'ricostruisce' la Natura lì fuori (e se stesso) sulla base dei codici incorporati: quindi esiste una molteplicità di Nature, quante sono le specie viventi e i relativi ambienti, e quindi di ricostruzioni del mondo ovviamente funzionali alla sopravvivenza e alla riproduzione di ogni singola specie. Ma ciò, ammonisce Bellone, significa che è illusoria ogni pretesa di verità definitiva, valida per tutto il mondo vivente, di obiettività assoluta, anche se senza dubbio la nostra specie, è favorita dal possesso del linguaggio, che consente una trasmissione dei dati della natura non solo orizzontalmente, ma anche verticalmente tra le generazioni. E ciò ha consentito la nascita e il poderoso sviluppo di saperi sul mondo esterno (corroborati dalle esperienze e verifiche), in altre parole ciò che chiamiamo scienza, e all´interno di questo corpo di saperi lo sviluppo di teorie e modelli che tendono a consentire la nascita di previsioni su terreni non ancora esplorati fisicamente. Ma ogni teoria, finchè non è corroborata da massicci dati sperimentali, è un percorso creativo nel corso del quale il ricercatore può imbattersi in incontri inaspettati, in qualcosa di nuovo che ribalta le assunzioni di partenza (e qui Bellone cita significativamente Galilei, al quale ha dedicato altre sue opere) e quindi può dar luogo a una nuova visione del mondo 'lì fuori'. Tutti i viventi, quindi, dispongono di un corredo di regole innate e di organizzazione di sensori, grazie ai quali leggono, interpretano e usano il mondo esterno: quindi tante nature quanti sistemi sensoriali, con la differenza che la plasticità del corredo cerebrale della nostra specie ci consente - almeno a livello scientifico - una rapida modifica delle risposte agli input sensoriali. Il che (ammonisce Bellone e anche Giorello nella introduzione a quest´opera) non significa certo che costruiamo nella nostra mente il mondo esterno, una Natura, ma solo che ciò consente una maggiore efficacia nel nostro rapporto con il reale. Non quindi verità ultime e definitive, ma una incessante opera di decifrazione che - da Aristotele alla meccanica quantistica - ci aiuta ad operare con sempre maggiore efficacia. Nulla insomma di definitivo o magico, che ci apra una volta per tutte le porte del reale, liberandoci dalla prigionia di sistemi di credenze ereditate che ottundono la capacità di decifrare i segnali che il mondo ('la Natura') ci trasmette." (da Franco Prattico, Il nuovo saggio di Enrico Bellone: da Aristotele ai quanti. Il mondo esterno che la scienza ama, "La Repubblica", 02/01/'09)

2 commenti:

Anonimo ha detto...

molto intiresno, grazie

Anonimo ha detto...

imparato molto