mercoledì 7 gennaio 2009

Attenzione ai narratori "seriali"


"Siete un autore esordiente e vi presentate da un editore. Gli proponete il vostro bel progetto: una saga con al centro un personaggio ben delineato, che compie una serie di interessanti avventure e che si conclude in ... 5-8 volumi, magari da 500 e passa pagine ciascuno. In altri tempi vi avrebbero dato del pazzo e messi alla porta senza tanti complimenti, ma oggi, chissà, magari valuterebbero con attenzione il tutto. E già: perché nei successi planetari ed eccezionali di J. K. Rowling, di Stephenie Meyer e la sua serie Twilight o della 'trilogia' di Stieg Larsson, forse c'è un elemnto nuovo che potrebbe essere interessante studiare. In effetti, la Rowling aveva concepito fin dall'inizio in sette volumi la sua opera su Harry Potter (ed è riuscita miracolosamente nell'intento: chissà se romperà in futuro il sigillo di questo numero incantato ... scommettiamo?), mentre Larsson pare avesse in mente ben dieci romanzi con la coppia Mikael-Lisbeth (e del quarto e del quinto esisterebbero già, ampiamnete sviluppati, i plot e alcuni pezzi scritti), mentre la Meyer con la sua epopea del sexy-vampiro che strega la giovane Isabella è già a quota quattro tomi. Non che in passato i progetti di lungo respiro fossero mancati (Simenon ha scritto la bellezza di 175 romanzi con il commissario Maigret!), per non parlare della balzacchiana Comédie Humaine (che in 137 opere tiene le fila di oltre 2200 personaggi). E nemmeno in tempi a noi vicini: il commissario Montalbano di Camilleri, per dirne un altro benedetto da successo e critica, ha passato le dieci avventure romanzesche. Epperò, mentre per il giallo la serialità è connaturata al genere (torna sempre lo stesso personaggio che risolve di volta in volta un caso diverso, ma lo schema non varia), in queste ultime narrazioni-fiume è l'idea stessa della trama che ha bisogno, per svilupparsi e concludersi, di una serie di libri. E' certamente così per la Meyer e per Larsson; mentre è più sfumato per HP (ogni libro potrebbe essere leggibile da solo; ma il tutto acquista molto più peso e senso nell'insieme). E' come se si 'fidelizzasse' il lettore giocando sul grado-zero della narratività: una buona trama prima di tutto. Profondità, stile e, al limite, ambizioni artistiche, verranno dopo. L'altro elemento è che tutti gli autori in questione sembravano fin da principio ben consapevoli che la loro idea avesse buone possibilità di sfondare sul mercato. E se questo può spiegare l'attenzione dell'industria editoriale a tale tipo di prodotti seriali, ciò non ci esime dal ricordare, comunque, la prima aurea regola da applicare in questi casi: se non c'è qualità, la quantità non ha nessun senso e nessuna prospettiva. E non il contrario. HP, la Meyer, Larsson toccano corde profonde dei lettori (e dei non lettori in particolare): raccontano storie avvincenti con stile semplice e personaggi epici. Ecco: il segreto, alla fine, sarebbe questo. Ma la ricetta del successo, poi, non ce l'ha nessuno. Una cosa è certa, però: se annoiate alla prima opera, di sicuro non divertirete alla quinta. E questo, fidatevi, il vostro editore tende a capirlo e saperlo molto bene. Scommetterà su di voi se intravede la possibilità che sappiate camminare a lungo. E' bene tenerlo a mente prima di presentare progetti che ambiscono alle dimensioni dell'enciclopedia e hanno, al più, il passo della novella." (da Stefano Salis, Attenzione ai narratori "seriali", "Il Sole 24 Ore Domenica", 28/12/'08)

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