martedì 27 gennaio 2009

Storia di un amore di Antonia Grunenberg


"Un amore in Germania nel secolo appena passato che mette a nudo le lacerazioni della storia e della cultura tedesca. Un rapporto fatto di felicità e tragedia, impegno e delusione. Due amanti che per origine, carattere e esperienze di vita non avrebbero potuto essere più distanti. Da quando sono state pubblicate le lettere di Hannah Arendt e Martin Heidegger (quelle di lui erano state a lungo inaccessibili) la loro storia d'amore si è rivelata al lettore in ogni dettaglio. Per quanto riguarda lei è la storia di una liberazione del pensiero, dell'emancipazione intellettuale di una donna perseguitata perché ebrea. Per quello che riguarda lui è la storia di un maestro che abbagliato dal potere tradisce se stesso e il proprio pensiero. Per entrambi è però anche la forza di un amore, al quale soprattutto lei è incondizionatamente fedele, in nome della fedeltà verso se stessa. Il seme di questa fede incondizionata nell'entelechia dell'amore lo aveva gettato il trentacinquenne professore che le citava Agostino ('amo significa volo ut sis, voglio che tu sia come sei') e già nella sua seconda lettera, il 21 febbraio 1925, le scriveva: 'Perché l'amore è un dolce fardello? Perché noi ci trasformiamo in ciò che amiamo eppur restiamo noi stessi. Vogliamo dire grazie all'amato ma non troviamo niente che sia sufficiente se non il dono di noi stessi. Così l'amore trasforma la gratitudine in fedeltà a se stessi e nella capacità di credere incondizionatamente nell'altro'. Tanta totale disponibilità naturalmente non sedusse solo sul piano filosofico la studentessa diciottenne, bella e affamata di sapere. Tre anni dopo, lasciata Marburg dove insegnava Heidegger, Hannah Arendt si laureò a Heidelberg con Jaspers con una tesi sul concetto di amore in Agostino. Antonia Grunenberg, che dirige il Centro e l'Archivio Hannah Arendt all'Università di Oldenburg, ci racconta in un libro ben curato e dettagliato - Storia di un amore (Longanesi) - la storia di questo amore che fece scandalo, non solo perché era il legame tra una ragazza e un uomo sposato e padre di famiglia; lo scandalo continuò anche dopo la guerra perché lei, emigrata negli Stati Uniti, volle riprendere fin dal suo primo viaggio di ritorno in Germania i contatti con lui, che si era lasciato sedurre dal nazionalsocialismo e nel 1933 era stato nominato rettore dell'Università di Marburg. Qual è il segreto di un amore così pervicace da ignorare qualsiasi tipo di delusione? 'Il segreto del loro amore era, io credo, quello di prendere nutrimento da più fonti. Una di queste era la passione. Ma un'altra era la fedeltà, un'altra ancora la fede nella verità del vissuto; e infine il comune, ancorché conflittuale, rapporto con il pensiero e il suo sviluppo'. [...] Uno dei temi su cui riflettere è la natura della responsabilità di chi è sottoposto, praticamente disarmato, alla propaganda di un regime totalitario. Qual è il suo giudizio? 'Nei dibattiti del dopoguerra sulla colpa e sulla responsabilità Hannah Arednt tracciò un confine preciso. In genere la discussione oscilla tra due poli. Chi dice che sotto dittatura non si può parlare di responsabilità perché la dittatura è violenza e costrizione. Chi sostiene che esiste l'obbligo a resistere, anche a rischio della vita. Hannah Arendt propone uan terza prospettiva. Con Kant e Socrate sostiene che nessun uomo può voler convivere con il suo alter ego criminale. Il nostro alter ego (che in termini cristiani è la coscienza) ci dice che non possiamo commettere crimini, altrimenti diventiamo nemici del genere umano. Hannah Arendt non teorizz ala resistenza militare, ma dice che il minimo comune denominatore è non diventare complici del male, in quanto siamo portatori di una responsabilità verso la collettività e non possiamo accettare che vada distrutta. Quindi abbiamo almeno la possibilità di tirarci indietro. Se dessimo per scontato che i regimi totalitari possono distruggere anche l'ultima capacità dell'uomo all'autocontrollo nei termini del senso comune, torneremmo in una situazione di precivilizzazione, in cui ognuno è nemico dell'altro: homo homini lupus. Questo è quello che la colpì particolarmente nella vicenda e nella persona di Adolf Eichmann, che era palesemente uomo privo di coscienza. Proprio questo sensus communis era assente nell'epoca di cui parliamo, anche e soprattutto tra gli intellettuali'." (da Vanna Vannuccini, Arendt Heidegger. Due amanti pieni di colpe, "La Repubblica", 27/01/'09)

20 commenti:

Erica ha detto...

Mi sapreste dire se c'è già disponibile l'edizione italiana?
Grazie

Anonimo ha detto...
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