martedì 15 gennaio 2008

"L'odore dell'India. Scritture e narrazioni"

"L'odore dell'India. Scritture e narrazioni" convegno organizzato dal Premio Grinzane Cavour, 18 e 19 gennaio, Torino, Teatro Gobetti.
"Quali sapori ha l'India? Calore e polvere, spezie e incenso, ma anche l'inchiostro dei suoi mille romanzi e autori residenti o emigrati, le molte lingue, dall'inglese, ma anche il francese, alla hindi, dall'urdu alle lingue regionali, una vera miscela, masala, a volte pasticciata e gustosa, spesso più controllata. Non è una letteratura votata al pittoresco e all'esotico, né una semplice riscrittura astuta dei grandi miti induisti e sanscritizzati, così da ridurre il tutto a un presunto talento narrativo, inesauribile e scintillante, proteiforme e iper realistico. Lasciamo quindi da parte il dio scrivano Ganesh, per considerare invece atti di scrittura più sommessi e vicini a noi, per spirito e tecnica. Le donne, per esempio sono votate a introspezioni di rapporti familiari e di piccole crudeltà domestiche, oltre ad Anita Desai, Fuoco sulla montagna, anche Shashi Deshpande, Piccoli rimedi, con descrizioni di interni non esotici ma tormentati, in cui i problemi nascono non da conflitti esterni di ruolo, come il matrimonio combinato, ma da identificazioni mancate tra donne della stessa famiglia.

Un sapore aspro di tamarindo, direi parafrasando l'inedito in Italia Tamarind Mem di Anita Rau Badami, dedicato alle acidule madri e suocere che reggono le sorti delle famiglie indiane. Tra le donne, il discorso intimistico femminile si allarga a riflessione storica nel romanzo Bypass al cuore di Calcutta, scritto in hindi da Alka Saraogi, viaggio nella memoria di una comunità migrata a Calcutta, in cui s'intreccia un secolo di storia della città, sullo sfondo della lotta per l'indipendenza e le delusioni successive. E' un sapore non polveroso di nostalgia, ma un percorso non banale del ricordo che acquista vigore nelle varie culture regionali, come nel Kerala matrilineare di Anita Nair.

Non abbiamo il solito villaggio indiano fuori dal tempo, né logori quadretti manieristici, ma una rivendicazione di autonomia e diversità culturale, che nella Nair diventa femminismo tantrico con Cuccette per signora. Con Ananda Devi, originaria delle Mauritius, il discorso si ripiega sul corpo femminile e sul rifiuto di considerarlo come un valore mercificato che si consuma con il tempo. Il discorso intimistico diventa narrativa urbana di genere in una serie di romanzi ambientati a Bombay o a Delhi. Pur con toni molto diversi questa narrativa critica lo squallore della vita quotidiana, la mancanza cronica di servizi e di infrastrutture, la corruzione politica, la minaccia costituita dai fondamentalismi musulmani e induisti.

Si tratta in genere di una narrativa antiborghese, come il Negozio di sari di Rupa Bajwa, o di ampi affreschi tipo i misteri di Bombay quali sono i Giochi sacri di Vikram Chandra. E' ulteriore bersaglio di questi romanzi la politica autoritaria di Indira Gandhi, con le leggi speciali degli seconda metà degli Anni 70 (Un perfetto equilibrio di Rohinton Mistry). Benché gli autori di vita urbana trattino di problemi cruciali, come la campagna di sterilizzazioni forzate, non si trova traccia nelle loro opere di questioni altrettanto gravi, come l'infanticidio femminile di massa o il divario crescente tra una minoranza arricchita e la massa della popolazione. E' una letteratura in cui sembrano prevalere le convenzioni di genere piuttosto che l'interpretazione critica della realtà sociale. Il discorso storico sembra essere ancora bloccato sul trauma non digerito della Partition tra India e Pakistan, con i connessi massacri; nel 2007 una riedizione del romanzo Quel treno per il Pakistan di Khushwant Singh è stata accompagnata da foto d'epoca. [...] Si parla molto in questi ultimi anni di globalizzazione e dell'importanza che tale fenomeno assume nello sviluppo strepitoso dell'economia indiana; tuttavia gli scrittori del subcontinente non sembrano registrare o testimoniare tale progresso. [...] Questo romanzo [Il fondamentalista riluttante, complesso apologo di Mohsin Hamid, su Oriente e Occidente] illustra con lucidità spietata, pur vertendo su quel fenomeno estremo che è il terrorismo islamico, i processi di regressione che nascono nella società indiana nell'incontro pericoloso e spesso unilaterale tra la cultura globalizzata e identità autoctone che si vogliono statiche e immutabili. Quello che noi crediamo essere un sapore esotico dell'India, si rivela forse a sorpresa come un processo di rivendicazione degenerativa della propria differenza. In realtà la borghesia indiana accetta lo squallore che la circonda fuori di casa come serbatoio per servizi a buon mercato, di domestici o subalterni mal pagati. E' questa la vera natura dell'India immutabile e senza tempo, non i paesaggi esotici o la spiritualità come crediamo noi occidentali. Tuttavia la narrativa indiana contemporanea sembra essere restia a trattare in modo approfondito tali problematiche, preferendo rimanere invischiata nelle trame bollywoodiane dei matrimoni combinati e del conflitto fra eros occidentale e costrizione dharmiche. E'un sapore in definitiva di tensioni non risolte, di alchimie inacidite, nella sostanza una rappresentazione falsificante e stereotipa della realtà indiana di oggi." (da Alessandro Monti, L'India non è così esotica, "TuttoLibri", "La Stampa", 12/01/'08)

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