"[...] Il contenuto dichiarato del nuovo libro di Romano Luperini - L'incontro e il caso. Narrazioni moderne e destino dell'uomo occidentale (Laterza, 2007), col quale uno dei nostri maggiori italianisti per la prima volta affronta moderni classici di altre letterature in un'ottica, ancorché non ortodossamente, comparatistica e tematica - è l'incontro fra personaggi, motore strutturante della trama nella galassia narrativa che si estende dai Promessi sposi all'Ulisse (all'incirca fra 1820 e 1920, età d'oro del modernismo europeo). [...] E il tema del libro, niente affatto segreto (se lo si trova enunciato fra titolo e sottotitolo) ma senz'altro più ambizioso, è il rapporto fra destino e caso: così come viene ridefinito dai capolavori della narrativa moderna. I quali sono dunque presi, oltre che nella loro autonomia di manufatti artistici, anche come grandi cartine di tornasole della nostra antropologia: secondo quella che è l'abituale divisa politica, ed etica, dell'autore, per cui 'ogni discorso critico è un discorso allegorico - si parla di questo, il letterario, per parlare di altro'.
(Non c'è dubbio, per esempio, che con L'educazione sentimentale Flaubert ci dica di più, sull'uomo occidentale, di intere biblioteche di storia della mentalità.)
La tesi di fondo (mutuata dal Lukács meno dogmatico) è che nel periodo suddetto si passi da una dominante 'narrativa' - che iscrive le vicende narrate in una coerenza di cause ed effetti, in un orizzonte di senso compiuto, appunto in un destino - a una 'descrittiva': nella quale prevale la casualità di un'esistenza slegata e incoerente, che è possibile solo interrogare e, al limite, repertoriare. Se il disegno storiografico va assunto con cautela (la stessa con la quale va inteso non più che tendenziale ogni passaggio di stato di questa portata: è gioco facile indicare controtendenze anti-narrative, nel senso lukácsiano, in testi precedenti certo non minori quali Don Quijote o lo sterniano Sentimental Journey), non si può che concordare con la centralità del tema individuato. Un tema che nella nostra tradizione critica ha conosciuto un interprete straordinario in Giacomo Debenedetti (modello la cui esemplarità ormai da tempo Luperini indica alla critica contemporanea), specie in saggi tardi come la memorabile "Commemorazione provvisoria del personaggio-uomo". Che, si ricorderà, non temeva di confrontarsi coi 'personaggi-particella', in quanto tali soggetti al Principio d'Indeterminazione, del nouveau roman o del cinema di Antonioni: cioè coi prodromi di quello che noi oggi chiamiamo postmoderno (il quale desta invece a Luperini malcelate insofferenze). Basti pensare a un capolavoro della postmodernità come Fuori orario di Martin Scorsese, deliberato pastiche di luoghi kafkiani, per constatare la persistente vitalità del tema. Lo stesso canone del Romanzo del Novecento debenedettiano viene mutuato da Luperini: dalle intermittenze proustiane alle epifanie di Joyce, passando per Svevo, Pirandello e Tozzi (anche se i saggi più belli sono quelli dedicati a narrazioni brevi come La scampagnata di Maupassant e il vertiginoso Compimento dell'amore di Musil). E si capisce, coll'esteso ricorso alla categoria di epifania (in aggiunta e in correzione, diciamo, a quella - all'autore come si sa carissima - di allegoria), che nella modernità caso e destino non sono in realtà opposti come pensava Lukács. Nel caso si manifesta, il più delle volte, quello che è un destino - segreto ma non, per questo, meno decisivo ('un destino interiore, come un flusso profondo o un condizionamento interno che marca la vita a nostra insaputa'). Ma è con l'ultimo saggio della serie, quello che analizza una mirabile prosa di Kafka ("In loggione", da Un medico di campagna), che diviene evidente come la più importante posta in gioco del libro sia ancora un'altra. Quella dello spettatore che assiste alle evoluzioni di una cavallerizza sulla pista del circo si può interpretare, infatti, tanto come allegoria del rapporto fra lo scrittore e la realtà che fra il testo e il suo lettore: quest'epifania, retroagendo sulle pagine precedenti, fa capire come il tema dell'incontro sia in effetti servito a Luperini per costruire una grande allegoria della lettura (per dirla con Paul De Man). L'auspicato ritorno alla critica, dopo la sua crisi sin troppo proclamata, equivale all'esporsi una volta di più alla forza spaventosa, demonica, di opere capitali, e decisamente non concilianti, come quelle qui passate in rassegna. E se ogni interpretazione degna di questo nome rappresenta davvero un incontro, fra chi legge e chi viene letto, nella dialettica non irenica di cui s'è detto tale incontro - piuttosto che 'fusione di orizzonti', come lo definiva Gadamer - è un cozzare, una lacerazione che fa scintille; e che non ci può certo lasciare come eravamo prima. Del resto l'aveva detto, Kafka: l'incontro con un vero libro equivale a quello con un colpo d'ascia. Il mare di ghiaccio viene fatto a pezzi - ma anche noi, difficilmente ne usciamo illesi." (da A. Cortellessa, Nel caso l'interiore destino, "TuttoLibri", "La Stampa", 29/12/'07)
Luperini nel catalogo Laterza
La fine del postmoderno di Romano Luperini (anteprima da GoogleBooks)
La fisica del senso di Andrea Cortellessa (Fazi, 2006)
Ungaretti di Andrea Cortellessa (Einaudi, 2000)
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