giovedì 31 gennaio 2008

American Gangster di Mark Jacobson


"New York, primi Anni Settanta. La Grande Mela è sul punto di esplodere. La crisi economica si riflette nel degrado di quartieri come il Bronx, e un'intera generazione di giovani viene divorata dall'eroina. E' successo anche da noi, in
quegli anni, a Torino come a Roma. Ed è allora che al di là dell'Atlantico comincia a circolare una storia assai macabra, secondo cui la morte arriva in città con i morti. Già, perché intanto in Vietnam gli Stati Uniti stanno perdendo la guerra. E
l'eroina prodotta in Thailandia e negli altri Paesi del Sud-Est asiatico entra in America grazie a un vettore insospettabile, le 'body-bag' che contengono i corpi dei caduti rimpatriati via aerea dall'esercito Usa. Mark Jacobson parte da qui
per mettere assieme il suo American Gangster (American Gangster and Other Tales of New York), bel reportage newyorkese vintage oggi nei cinema per la regia di Ridley Scott, che quando si è trattato di trovare le facce dei protagonisti del libro ha scelto quelle di Russell Crowe e Denzel Washington. E all'ex re della malavita cittadina Frank Lucas, già fornitore di eroina in quel di Harlem e rintracciato a Newark a più di vent'anni di distanza dai fatti, chiede: 'Davvero hai fatto entrare la droga nelle body-bag?'. L'altro, piuttosto male in arnese, quasi si offende, e nega deciso. Macché body-bag, anche un gangster porta rispetto per i caduti al fronte. No, confessa il vecchio Frank, l'eroina arrivava a New York dentro le bare dei marines, fatte costruire con appositi sottofondi da artigiani in combutta con i trafficanti. E una volta, si lascia andare il vecchio gangster, venne usato perfino l'aereo su cui viaggiava Henry Kissinger. Un inizio folgorante, insomma.

Ma la Città Nuda, come Jacobson chiama New York, ha otto milioni di storie da raccontare. Il materiale a un cronista non manca. Così, dall'ex trafficante che un tempo metteva in circolazione la droga alle quattro del pomeriggio per approfittare del cambio di turno degli sbirri, Jacobson passa a raccontare le avventure degli aspiranti tassisti che, intorno alla metà dei Seventies, si trovano ogni giorno a fare la coda al Dover Taxi Garage numero 2. L'ambiente è quello usato da Paul Schrader per scrivere la sceneggiatura di un altro film, quel Taxi Driver che girato da Martin Scorsese vinse la Palma d'Oro a Cannes proprio nel 1976. Ma Jacobson si rifà esplicitamente a esperienze personali, anche perché all'epoca a New York tutti gli aspiranti tassisti avevano una laurea in lettere, non un'origine esotica come oggi, e lui il tassista l'ha fatto davvero, prima di mettersi a scrivere per Rolling Stone o per il Village Voice. E' in quel periodo che al volante delle famose auto gialle compaiono le prime donne, e il turno di notte per loro sarà una conquista, visto che le tariffe sono più alte e c'è meno traffico. Quanto alla Grande Paura che attanaglia gli aspiranti tassisti, è diventare professionisti, dover rinunciare per sempre alle loro ambizioni letterarie o teatrali, trasformarsi in una replica del Vero Tassista, quello che a priori odia il sindaco e s'ingozza di paste alla Bellmore Cafeteria. C'è poi Patty Huston, l'ultimo cowboy irlandese di Sunnyside, la cui faccia è conosciuta in tutti i bar di Queens Boulevard e della Quarantottesima: basta tirare fuori la sua foto segnaletica, è addirittura finito nella Top Ten dei grandi ricercati dell'Fbi. E ci sono Nicky Louie e la sua banda, i Ghost Shadows, giovani immigrati cinesi come lui, capaci di terrorizzare la Chinatown del 1977. Il cronista Jacobson racconta, e sotto i nostri occhi scorre una New York che non esiste più. Locali un tempo celebri che hanno poi chiuso i battenti, personaggi che dettavano legge in città e che oggi ricordano in pochi, o che proprio tutti hanno dimenticato. Bar, caffetterie, discoteche, posti frequentati da tipi di ogni genere, posti prediletti dalla mala e dalla gente di strada, come Natalia, in fondo, la donna da 2000 dollari l'ora, la migliore escort di New York, che come strada usa il sito della NY Confidential, l'agenzia messa in piedi dal pappone Jason Itzler. Ma con lei, recensita col massimo dei voti da quella guida Michelin del sesso che è il sito The-EroticReview.com, ci avviciniamo ai giorni nostri. Mentre la bellezza di un libro come American Gangster, che non è un romanzo e nemmeno una raccolta di racconti ma come si è detto un (appassionato) reportage, sta proprio nella sua capacità di evocare ciò che New York è stata appena pochi decenni fa, e che non è più se non nella memoria di chi l'ha vissuta, o in queste pagine intessute di storie di uomini comuni del XX secolo." (da Giuseppe Culicchia, New York ultima corsa, "TuttoLibri", "La Stampa", 26/01/'08)
"Sweet, Bloody Smell of Success" (da NYTimesMovies)

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