martedì 22 gennaio 2008

Il tappeto rosso di Lavanya Sankaran

"Sari e minigonne, templi indù e grattacieli di vetro, spiritualità discussa via podcast e matrimoni organizzati su internet: è questa la nuova India, sospesa fra tradizione e supertecnologia, tra ricchezza ostentata e miseria assoluta, protagonista degli otto racconti riuniti ne Il tappeto rosso (The Red Carpet) di Lavanya Sankaran (Marcos y Marcos).

Come recita il sottotitolo Storie di Bangalore, la città più hi-tech dell'Asia tanto da essere chiamata la Silicon Valley indiana. Un luogo che per la scrittrice indiana rappresenta al meglio un paese che è al centro dell'attenzione internazionale non solo per la forte ascesa economica ma anche nel cinema, nell'arte e nella letteratura. [...] Oggi Il tappeto rosso è in corso di pubblicazione in quindici paesi. Il segreto del suo successo sta nella piacevolezza della scrittura e nella finezza del racconto ma anche nell'aver saputo fotografare come l'India stia affrontando questo cambiamento epocale. Non senza difficoltà perché 'se da una parte i valori tradizionali mettono al primo posto la comunità e la famiglia a discapito dell'individuo, lo stile di vita moderno va nella direzione opposta'. 'Questo', ammette, 'crea tensione nei rapporti tradizionali, anche se ad essere veramente onesti il progresso e il cambiamento economico offrono nuove occasioni di relazione per gli indiani e nuove ragioni per apprezzare il proprio paese. Rapporti, senso comunitario e nuovi interessi nascono sul posto di lavoro: anche questo è progresso sociale'. Quando le accenniamo se questo progresso abbia favorito l'emancipazione femminile, sorride dicendoci che 'l'India per tradizione ha stabilito da sempre un codice morale di comportamento per gli uomini e per le donne, ma ha anche offerto la possibilità di essere estremamente emancipati e liberi. Regole e libertà convivono benissimo perché l'India ti permette di essere conservatore o emancipato a seconda dei tuoi desideri, che tu sia donna o uomo'. 'Il vero problema', riflette, anticipandoci il tema dell'incontro all'Oberdan, è che 'la middle class indiana rischia di dimenticare che esiste un substrato molto povero che fa da sfondo ai suoi successi e che l'India non risplenderà mai davvero, finché non riusciremo a soddisfare anche i bisogni di queste persone'. E mentre ci racconta di come Bangalore sia 'una strana città in cui convivono straccioni e miliardari, ma dove si prendono le cose con filosofia' le facciamo notare che, a sessant'anni dall'indipendenza dall'Inghilterra, nel suo libro non si parla mai di Europa: gli Stati Uniti sembrano aver sostituito la Gran Bretagna come modello di riferimento. Con un sorriso ci mette a tappeto (non rosso): 'Oggi in India si respira un'aria molto diversa rispetto all'Europa. Se un giovane indiano ha la possibilità di lavorare 70 ore alla settimana, si rimbocca le maniche e lo fa, anche se guadagna solo 200 euro al mese'. I precari, tra un Om e un call-center, sono avvisati." (da Gian Paolo Serino, Sankaran: 'Vi racconto la vecchia nuova India stracciona e miliardaria', "La Repubblica", 20/01/'08)
Lavanya Sankaran a Milano:
22 gennaio ore 18, Spazio Oberdan, conferenza su 'middle class indiana tra consumismo e qualunquismo', nell'ambito della mostra "L'arte contemporanea indiana: fra continuità e trasformazione".

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