"Proprio di questi tempi in cui si parla di declino dell'Italia e ci si divide tra chi desolatamente lo constata e chi lo nega o comunque rinviene nel nostro paese solidi spunti e iniziative per una significativa ripresa morale prima ancora che economica, può tornare assai utile la lettura de La comunione dei forti di Roger Caillois (1913-1978) che raccoglie una serie di saggi scritti dal filosofo francese durante il suo esilio prima in Argentina e poi in Messico durante la seconda guerra mondiale.
Come una valanga, una nazione può precipitare, per inerzia, verso la rovina quando una quantità di fatti, inzialmente indipendenti e impercettibili, oltre un certo punto del loro sviluppo, si trovano all'improvviso combinati e proprompenti. E come non si evita un'inondazione agitando le braccia al cielo, ma costruendo preventivamente un sistema complesso e ben calcolato di canali e barriere, così con altrettanta scienza, intelligenza e operosità, occorre aver presa sulla storia così come in parte l'abbiamo conquistata sulla materia. Per prima cosa occorre difendersi dai catastrofisti per i quali tutto va male e non c'è rimedio. Nulla pare loro così nobile quanto il correre alla rovina. Persuasi e contenti della loro impotenza, ritengono inutile ogni intervento in un paese il cui disordine è tale da non lasciar intravedere alcuna possibile soluzione. Ogni demagogo sa come usare i catastrofisti se appena conosce l'arte elementare di assecondare le passioni, di esaltare la cupidigia, di assecondare i vizi, e, senza mettervi mano, lascia che tutto sia trascinato dalla corrente, dopo averla deviata con cura sul versante scosceso a lui più favorevole. Più mascherato è il catastrofismo del'inerzia che alligna nel sottosuolo delle democrazie dove, anche se non si freme al richiamo di una sola voce, il conflitto delle posizioni e delle soluzioni proposte per possibili interventi porta alla paralisi delle decisioni, la quale, se da un lato evita che un'unica scossa si trasmetta all'istante dappertutto, dall'altro amplifica la sfiducia dando un ulteriore contributo all'inerzia del paese. Se il demagogo usa l'inerzia piegandola ai suoi fini, la democrazia non di rado sull'inerzia si adagia, e a salvarsi è solo la classe di potere che finisce con l'amministrare solo il proprio privilegio. Per cui, a parere di Caillois, la demagogia, e a maggior ragione il fascismo, non sono altro che le 'varianti patologiche' della democrazia. Per incidere sull'inerzia, che è la caratteristica tendenziale delle masse, Caillois propone una 'comunità dei forti' che, senza abbandonarsi alla corrente come fanno i demagoghi, sappia risalirla con riflessione e costanza. Essa è costituita da un'élite che sa rinunciare a ogni aiuto e a ogni appoggio, che alle discese preferisce le salite, che non sollecita le passioni, ma sa risvegliare le forze latenti e utilizzarle dopo aver dato esempio di una sua volontà determinata e di un rigoroso controllo di sé. Sdegnosa di tutti i beni della vita e di tutti i privilegi che il potere può accordare, la 'comunità dei forti' sa come sviluppare nel sociale, spesso animato da forze primordiali, cieche, anonime, capaci solo di angoscia e paura, di risentimento e invidia, una forza contraria alle sue inclinazioni naturali e bilanciarne così l'influenza. L'utopia di Caillois assomiglia alla città ideale di Platone dove gli àristoi, i migliori dovevano governare la città. Le utopie non sono vuote speranze, ma, come ci ricorda Kant, idee regolative, verso cui, a passi lenti ma irreversibili, la storia degli uomini può incamminarsi e migliorare." (da Umberto Galimberti, Proposte per una società ideale, "Almanacco dei libri", "La Repubblica", 05/01/'08)
Roger Caillois (Marcos y Marcos)
Caillois nel catalogo Bollati Boringhieri
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