sabato 12 settembre 2009

Uccidiamo la luna a Marechiaro


"Tra i fenomeni letterari che hanno caratterizzato l'ultimo decennio del Novecento, c'è stato l'emergere di una nuova generazione di scrittori meridionali che hanno cercato di affrancarsi da ingombranti eredità e di raccontare - in modi naturalmente molto diversi - ciò che sotto i loro occhi il Sud stava diventando o era già diventato. In città di alta valenza simbolica e narrativa, come Napoli e Palermo, e poi in luoghi meno inflazionati da libri, cinema e media - come la Puglia e la Basilicata - le pigre consuetudini letterarie sono state sovvertite dall'irrompere di narratori capaci di coprire quasi l'intero arco dei generi letterari: il noir e il fantastico, il grottesco e il satirico, il reportage «d'autore» e il barocco rivisitato, la ricostruzione storica e il pamphlet hanno avuto i loro cultori più o meno dotati, ottenendo vasta (e talvolta sproporzionata) attenzione da giornali e riviste, pronti a dar credito a tutto ciò che si presenta come «novità». Il «fenomeno» Saviano, alla fine, non ha fatto altro che dare ulteriore evidenza - e in termini numericamente impressionanti - a ciò che era sotto gli occhi di tutti, e oggetto di dibattito, magari falsandolo un po', il dibattito, perché è sembrato a un certo punto che quella di Saviano fosse l'unica via percorribile, il che ovviamente non è. Tutt'altro che priva di valide motivazioni, dunque, la ricerca della saggista Daniela Carmosino dedicata appunto al «Sud nella nuova narrativa italiana» e baldanzosamente intitolata (è pur sempre l'anniversario del Futurismo) Uccidiamo la luna a Marechiaro. Una ricognizione a tutto campo, come si dice, di (quasi) tutto ciò che si è prodotto in ambito narrativo nell'ultimo quindicennio in quella parte d'Italia a sud di Roma, nella quale peraltro, per ciò che riguarda la società civile, sono accadute, nel periodo, cose di non poco conto. La speranza, con relativa enfasi, di un «nuovo Rinascimento», la «stagione dei sindaci», la disillusione, le stragi di camorra, le prime pagine dei giornali di tutto il mondo sulla questione monnezza, il peso sempre crescente della criminalità organizzata nella vita quotidiana, nell'economia, nell'organizzazione sociale. Centrale, secondo la Carmosino, in un fenomeno che ha peraltro infinite sfaccettature, la cesura rispetto alla più recente tradizione meridionale, per cercare agganci e riferimenti in luoghi diversi, oppure privilegiando una sorta di istintività che di riferimenti ritiene di poter fare a meno (e «in certe ingenuità, in certa esibita naïveté pare di scorgere una scarsa conoscenza» dei cosiddetti «padri», dice l'autrice. Mi è accaduto così di leggere con un certo sconcerto, in un'intervista, che una pur apprezzata, giovane scrittrice come Valeria Parrella stia «scoprendo» Céline). E la novità, vera o presunta, dell'approccio impone la necessità - dice Carmosino - di «forgiare uno strumento linguistico capace di nominare il mondo “secondo l'autore”», costruendo quindi «un ponte sul vuoto di senso delle parole e delle icone desemantizzate dell'ammaliante retorica meridionalista, neorealistica o mediatica che sia». Esigenza, in verità, non da tutti avvertita con uguale urgenza: assai presente, ad esempio, in un autore colto come Montesano, molto meno in altri, la cui scrittura poco di discosta da quella giornalistica. Costante, comunque, secondo l'autrice, la spinta a «demolire» i molti stereotipi di cui tuttora si compiacciono la narrativa più tradizionale e il giornalismo nel suo complesso, tranne rare eccezioni. Con strumenti critici che attingono alla sociologia e alla linguistica, e soprattutto all'ermeneutica (e con molte ripetizioni) la Carmosino ci dà un quadro esauriente della produzione di autori come il già citato Montesano e Pascale, Da Silva e Cilento, Cappelli e Alajmo, Parrella e Franchini, Piccolo e Atzeni, mettendo in luce punti di contatto e differenze nel comune processo di fuoriuscita da una sorta di «canone meridionalistico» che si è imposto nel tempo e che è sembrato a un certo punto una specie di camicia di forza." (da Felice Piemontese, Noir o barocco, il Meridione eppur si muove, "TuttoLibri", "La Stampa", 12/09/'09)

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