martedì 29 settembre 2009

Leggere? E' da viziosi


"In maniera direi preoccupante escono, con sempre più fitta cadenza, libri che inneggiano - è la parola usata anche in alcuni sottotitoli - alla letteratura: al suo potere, alla sua bellezza, ai suoi 'segreti'. E, per farla breve insomma, all'amore che si deve ai libri. Forse c'è davvero di che allarmarsi: quando si comincia a far diventare un soggetto così banale come (dovrebbe essere) la lettura un evento addirittura romanzesco, viene da pensare che ci siamo: chi legge è soggetto quantomeno atipico, particolare, misterioso. Da fiction, appunto. Due romanzi, di Marie-Sabine Roger - Una testa selvatica (Ponte alle Grazie) - e di Frédérique Deghelt - Ti ho tradito con le parole (Frassinelli) - si assomigliano persino nella trama: due nonne voraci e segrete lettrici scoprono essenza dell'amore, complicità, intelligenze e chi più ne ha più ne metta (di buoni sentimenti) a suon di libri. Per questo preferisco di molto il miscuglio improbabile, casualmente e gioiosamente felicissimo che Vittorio Sermonti ha assemblato ne Il vizio di leggere (Rizzoli, copertina penalizzata da eccesso di rispetto verso il tema). Un'accozzaglia ben combinata di letture, il cui pregio è proprio quello di non essere edificanti per forza. Molto understatement (peccato solo l'autocitazione ...): grandi romanzi, certo, poesie immortali, ovvio, ma anche fogli d'occasione: giornali e giornaletti, album dei calciatori, etichette di liquori, tutti insieme disordinatamente. Così leggiamo, infatti, noi che leggere ci piace. A caso, di tutto, senza un vero motivo. A volte anche senza piacere per ciò che leggiamo. E convince parecchio un altro delizioso librino di Octave Uzanne, raffinatissimo bibliofilo d'altri tempi: questo La fine dei libri (La vita felice) è molto più avanti del tempo del tempo in cui fu scritto. Prefigura un'epoca in cui i libri non ci saranno più, sostituiti da aggeggi che 'declamano' i testi. Beh, la profezia non è così lontana dall'avverarsi, anche se la tecnologia ha preso direzioni un po' diverse da quelle immaginate da Uzanne. Ma niente paura: per i lettori, i libri ci saranno sempre. Per convincervene e per capire meglio quale sacralità sbilenca rivestano oggi i libri in Italia, leggete il diario di Giulio Mozzi - Sono l'ultimo a scendere (Mondadori; copertina eccellente). E' un libro che si potrebbe definire noiosamente costruttivo. Molto bello, intendiamoci: storielline strambe, un po' vere e un po' no, alla maniera degli Album che Peppe Pontiggia scriveva in queste pagine. Affiora, di tanto in tanto (fra treni presi ossessivamente, telefonate di seccatori, dialoghi in cui l'inciampo linguistico è la base sulla quale ragionare sul - non - senso delle parole), il rapporto diretto con i libri. Come quando lo scrittore e funzionario editoriale, viene 'sorpreso' a gettare via dei testi. Una vicina di casa lo rimprovera aspramente: 'Lei butta i libri?'. 'Sì', risponde Mozzi. Dopo altri rimproveri e ragionamenti bislacchi, Mozzi offre i libri alla signora: 'Li vuole lei questi libri?'. 'No', dice inorridita la signora. Ecco: chi ama i libri sa che se ne può liberare; chi non li ama teme questo gesto: pensa che un libro, come i diamanti, è per sempre. Non è per nulla così: un libro è esattamente ... fino al prossimo." (da Stefano Salis, Leggere? E' da viziosi, "Il Sole 24 Ore Domenica", 27/09/'09)

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