mercoledì 16 settembre 2009

Miracolo a Mantova. Numero 13


"La liquefazione dei luoghi comuni sulla lettura in Italia si è ripetuta in questo lungo fine settimana a Mantova. La notizia sarà scontata, ma non per questo meno buona. Per testimoniare il miracolo - ché di questo si tratta, e ci sono meno dubbi che su altre analoghe manifestazioni che pure raccolgono fedeli da ogni dove - chiedere alle oltre 60 mila presenze, sparse felicemente per la città. Biglietto più biglietto meno, lettore più lettore meno, spettatore più spettatore meno (conteggiate pure quello che rafforza maggiormente il vostro pregiudizio) il Festivaletteratura - che chiude oggi l'ediizone numero 13 - si conferma rassegna unica e irripetibile. E, sì, misteriosa, come conviene agli eventi non spiegabili del tutto razionalmente. Si ha un bell'elencare: ci sono sempre i soliti noti, non fa aumentare i lettori, non serve a vendere più libri, gli scrittori si va a vederli ma non li si legge, ti chiedono gli autografi a prescindere ... A parte la facilità con le quali si possono smontare queste fallaci premesse, sono le conseguenze ad essere interessanti. Le code mezz'ora prima di incontri per nulla semplici, la qualità delle presentazioni, le sorprese che arrivano da autori per nulla sospettabili: perché negare l'evidenza? E' difficile, ormai, scrivere qualcosa di originale su Mantova. Saremo dei creduloni romantici o magari avremo il salame - mantovano - a fette belle grosse sugli occhi: eppure, a costo di ripeterci, il Festivaletteratura ci appare sempre più per quello che è: una festa dei lettori e per i lettori. Quelli che si sorbiscono un viaggio da Brindisi per vedere - sì 'vedere' - Melania Mazzucco (e altroché se l'hanno letta), quelli che nella vita fanno il benzinaio ma sanno tutto di questioni mediorientali, quelli che si buttano su temi filosofici o storici o linguistici con passione, curiosità e, perché no?, sana ingoranza. Certo: viene da dire che quella di Mantova è un'altra Italia rispetto a quella alla quale siamo abituati (costretti?) a pensare. Può essere. Ma forse è smeplicemente la risposta ad una domanda di cultura che altri mezzi - la tv, i giornali, etc. - non sono più in grado di fornire. In una galleria ipotetica di istantanee di questa edizione sarebbero molti i momenti da immortalare. Buoni e meno buoni: la riuscita di un cartellone, è sempre più chiaro, dipende non solo dall'autore prescelto, ma anche da chi lo affianca, se pure c'è. Esempio: ottima l'idea, nuova, di dedicare una retrospettiva a un autore (quest'anno Amitav Ghosh), infelice quella di affidarlo alla sua traduttrice troppo preoccupata di apparire e a una lettura (di Giuseppe Cederna) troppo malriuscita per essere quella vera (ma il reading di testi in pubblico sta diventando un problema serio, se nemmeno gli attori se la sbrogliano più). E così, tra i bagni di folla di Sepùlveda, Mazzantini, De Luca e compagnia, per noi le più belle sorprese sono venute da due autrici che più 'internazional-popolari' non si può, ma che a Mantova ... ci stavano benissimo. Sophie Kinsella, magistralmente condotta per mano da un eccezionale Luca Bianchini in territori di levità e ironia ignoti ai suoi (di lei) detrattori, e Muriel Barbery (presentata ottimamente da Caterina Soffici). Che prima ammette di non spiegarsi il fantastico successo del suo Riccio , poi rivela che scrivere è come fare un sogno nel quale l'autore è tutti i protagonisti, ma che senza il contributo del lettore non si avvera. Quando poi si alza uno spettatore che dice di avere abitato realmente tutta l'infanzia nella casa che lei ha solo immaginato, al 7 di rue de Grenelle a Parigi, ecco il senso profondo del Festival. Un incontro tra autore e lettore che ha, talora, del miracoloso. Capita una volta all'anno, vero. E pazienza. Ma, altrimenti, che miracolo sarebbe?" (da Stefano Salis, Miracolo a Mantova. Numero 13, "Il Sole 24 Ore Domenica", 13/09/'09)

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