giovedì 24 settembre 2009

La morte segue i magi di Hans Tuzzi


"Come si fa per i pacchetti di sigarette, bisognerebbe aggiungere sulla copertina di questo romanzo una frase del genere: 'Attenzione, può essere dannoso per la salute. Chi lo legge è consapevole dei rischi che corre'. Stiamo parlando dell'ultimo libro di Hans Tuzzi, La morte segue i magi> (Bollati Boringhieri). Thriller pericoloso per la salute del lettore. Perché fa troppa paura? Acqua. O si tratta di una schifezza? Non ci siamo. perché, invece, La morte segue i magi contiene pagine di alta letteratura e di grande poesia, all'uso d'antan. Proprio qui sta il pericolo: una bella crisi di astinenza per il lettore curioso, intelligente e sensibile che, alla fine, si chiederà: e ora che faccio? Potrà certo, se già non li conosce, ripescare i quattro precedenti gialli di Tuzzi, tutti pubblicati dalle Edizioni Sylvestre Bonnard; che hanno, anch'essi, per protagonista il commissario Melis e la sua fidanzata Fiorenza (un altro commissario, dirà qualcuno. Sì, ma questo è speciale). E però, benché ragguardevoli, gli altri libri non valgono questo gioiello. Entità anomala, di questi tempi. Per il fatto che Tuzzi non fonda la sua 'letteratura' su modelli del cinema o della tv, o su qualche brandellino della propria vita privata assolutizzato a racconto. Si alimenta, invece, come era naturale un tempo, della grande letteratura del passato amata e fatta propria. E di qui anche il reticolo di criptocitazioni nostalgiche che costellano il libro: Leopardi, Manzoni, Dante, Montale, T. S. Eliot, Rilke, Pascoli, Baudelaire, Saba ... Amalgamate perfettamente nel testo. Con in più, un'ammirevole tonalità da vecchia lombardia - cuore romantico e ragione vigile - sul versante Manzoni-Gadda-Tessa. Se poi mai volessimo, per dirla alla buona, trovare il pelo nell'uovo in un libro che ci ha tanto colpito, dovremmo rilevare che, nell'intrecciarsi di storie che animano il romanzo c'è, forse, troppa carne al fuoco. [...] Quanta, infine, minuziosa eleganza e passione nella fattura meticolosa di un romanzo costruito con pazienza e poesia per singoli periodi. Forse, tuttavia, al di là della simpatia dei protagonisti e della malinconica grandezza di un assassino insospettabile, vero centro del romanzo è la grigia, luttuosa, odiosamata Milano di nebbie impure e di tetre piogge autunnali. Con l'orrore e la desolata tenerezza delle sue periferie e il retaggio consunto di un antico splendore. Popolata da persone che 'si incrociano come navi nella notte'. Per non rivedersi mai più." (da Giovanni Pacchiano, Giallo di sapore gaddiano, "Il Sole 24 Ore Domenica", 20/09/'09)

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