lunedì 31 maggio 2010

Tutti gli uomini sono bugiardi


"'Alberto Manguel è un imbecille. Per lui nulla è certo; a meno che non lo veda scritto in un libro'. Così l'autore Alberto Manguel descrive il personaggio Alberto Manguel che appare in Tutti gli uomini sono bugiardi (Feltrinelli): un personaggio che porta il nome del suo creatore, condivide la sua nazionalità, la sua passione per la letteratura e altre caratteristiche importanti, ma che in definitiva non è lui. E in questo intricato e serissimo gioco di verità false e di menzogne vere, di paradossi filosofici come quello che dà il titolo al libro, consiste forse l'essenza del romanzo (il primo scritto in spagnolo) di uno scrittore, editore, saggista, traduttore e lettore quasi leggendario come Manguel.
Il punto di partenza è l'impossibilità di raccontare davvero una vita: non può farlo colui che la vive e nemmeno chi cerca, come il giornalista Jean-Luc Terradillos in questo libro, di ricostruirla a partire dalle testimonianze di coloro che l'hanno incrociata. Il motivo? Lo spiega bene Cortàzar in Il giro del giorno in ottanta mondi: 'La memoria ci tesse e al tempo stesso ci intrappola secondo uno schema cui non partecipiamo lucidamente; non dovremmo mai dire la nostra memoria, perché è tutto tranne che nostra; lavora per conto suo, ci aiuta ingannandoci o forse ci inganna per aiutarci'. [...] Con la sua scrittura impeccabile, con la sua ironia, raccontando con l'andamento di un noir e con la durezza di un saggio storico e politico sulle dittature e sugli anni Settanta, Manguel avvince il lettore e lo avvolge in una ragnatela di dubbi, di tessere di un rompicapo che non vanno mai a posto. E da quel caleidoscopio di morti accidentali che sono anche deliberate, di tradimenti che sono atti di lealtà, di manoscritti apocrifi con troppi autori, di uomini infami che si rivelano quasi eroici, il lettore finisce per ricostruire un'immagine di Alejandro Bevilacqua diversa da quella di ciascuno dei testimoni. Perché, nella vita come nella letteratura, vale sempre la famosa massima del Duque de Rivas: 'En este mundo traidor / no hay ni verdad ni mentira. / Todo es segundo el color / del cristal con que se mira ('In questo mondo traditore / non c'è né verità né menzogna. / Tutto dipende dal colore / del vetro attraverso cui si guarda')." (da Bruno Arpaia, Essere bugiardi è inevitabile, "Il Sole 24 Ore Domenica", 30/05/'10))

1 commento:

Anonimo ha detto...

Mi sa che non è una massima del Duque de Rivas, ma un frammento di un poema di Campoamor (Ramón de Campoamor y Campoosorio)
"Busqué la ciencia, y me enseño el vacío.
Logré el amor, y conquisté el hastío.
¡Quién de su pecho desterrar pudiera,
la duda, nuestra eterna compañera!.
¿Qué es preciso tener en la existencia?
Fuerza en el alma y paz en la conciencia.
No tengáis duda alguna:
felicidad suprema no hay ninguna.
Aunque tú por modestia no lo creas,
las flores en tu sien parecen feas.
Te pintaré en un cantar
la rueda de la existencia:
Pecar, hacer penitencia
y, luego, vuelta a empezar.
En este mundo traidor,
nada es verdad, ni mentira,
Todo es según el color
del cristal con que se mira."