sabato 15 maggio 2010

The Glister


"Un piccolo capolavoro splendidamente indefinibile ed elusivo, Glister di John Burnside (Fazi). Non è (o meglio, non è soltanto) un romanzo di formazione o un'educazione sentimentale, un noir oscillante tra il mystery e l'horror o una sorta di docudrama alla George Moore.
Ha un suo preciso taglio realistico, sempre attento alla psicologia dei personaggi, ma abbonda di squarci visionari, si muovenella quotidianità ma ne spezza la routine con suggestive aperture di ogni genere, etiche e metafisiche, mistiche ed ecologiche, etologiche e sociopolitiche.
Non può essere altrimenti, del resto, in un lavoro che naviga da Psycho o La strage degli innocenti al Mark Twain di Huck Finn o al Salinger di Il giovane Holden, tra rimandi biblici (l'Apocalisse, il Libro di Giobbe) e allusioni letterarie (Goethe e T. S. Eliot in primo luogo: Et in Arcadia ego e Il sermone del fuoco s'intitolano ad esempio due suoi capitoli): Per non parlare dei frequentissimi accenni ai film pulp e ai B-movies, alle soap operas e ai serials tv, ai grandi film di successo di ogni epoca e ai divi e alle stars che li interpretano.
Mondi magici e perturbanti da desiderarsi be invidiarsi, giacché a popolarli sono individui reali tradotti in immagini, creature in carne e ossa immobilizzate e sottratte al tempo, al qui e ora, al passato e al futuro, alla memoria e all'oblio, alla speranza e alla disperazione.
Il fascino di Glister si annida anche qui, nel fatto che tutto ciò
non viene mai proposto come commento intrusivo dell’autore, ma sempre come battuta interna ai dialoghi dei personaggi e alle loro riflessioni private, notazione fulminante e non premeditata.
Anche perché il punto di vista slitta di continuo: da Leonard Wilson, il giovane protagonista e «narratore inattendibile», all'Uomo Falena, zingaresco entomologo panteista; da John Morrison, poliziotto per caso e esperto in lutti, a Brian Smith, enigmista della vita capace di cogliere ogni relazione tra ogni evento e di farne occasione di guadagno, fonte di un denaro che alla fin fine è il valore ultimo e supremo; dai vecchi, tutti malati nel corpo e nello spirito e tutti rassegnati a vivere morendo, ai giovani, tutti votati a far loro da badanti in attesa di essere badati a propria volta, tutti disponibili nel frattempo al sesso e alla violenza pur di non sentirsi in eterno bozzoli o larve.
Questo è infatti il paesaggio di Glister: un mondo morente se non morto, una «terra desolata», un paese guasto dominato e condannato da un impianto chimico che l’ha intimamente contaminato e avvelenato prima di venir smantellato e che ancor oggi nessuno ha messo in sicurezza.
Un mondo corroso e contagiato, mostruoso e immoto, senza prospettive di domani, che continua a dilagare silenzioso di momento in momento. Un sinistro «brillìo» (tale è infatti l’ironico significato di Glister in inglese) che è la luccicanza della morte, seduttrice a modo suo, giacché forse soltanto tramite un morire tenebroso ma invitante si può infine rinascere. Una morte, comunque, che potrebbe offrire risposte, come le ottiene chi, prossimo ad annegare, rivede in un lampo l’intero arco della propria esistenza e ne ritrova finalmente il senso. Una morte, anche, pacificatrice, se è vero che tocca ai morti, prima ancora che a un Dio spesso crudele se non malvagio, spetta il dono del perdono.
Il mystery si fa insomma mistero metafisico, nelle cui lande inesplorabili persino gli scoli e i liquami dello stabilimento abbandonato possono restituire senso e significato a un mondo tenuto assieme da relazioni e sinergie occulte ma concrete, giacché anche gli spurghi più mefitici contengono acqua e l'acqua è pur sempre vita, ha pur sempre una sua memoria assoluta e totale, infallibile e indelebile.
Nemmeno il più cupo horror vacui riesce insomma a offuscare la luminosità radiosa dell'Eden, purché si sappia cogliere il legame che unisce ogni minuscola particella del labirintico intrico dell’universo, fino a prender coscienza che morire e far morire può essere un’opera di giustizia e di misericordia, l'unica strada praticabile per rinascere e far rinascere, per sottrarsi e sottrarre alla catastrofe senza ricorrere alla rivoluzione." (da Ruggero Bianchi, Ma come brilla la morte chimica, "TuttoLibri", "La Stampa", 15/05/'10)

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