lunedì 3 maggio 2010

Tre donne forti di Marie NDiaye


"Tre donne forti (Giunti), ultimo libro di Marie NDiaye - 600.000 copie vendute - le è valso nel novembre scorso il Goncourt, premio che dalla sua fondazione più di un secolo fa non era mai stato dato a una donna di colore (Yes We Can) e rarissime volte comunque a una donna, tra le poche si contano Elsa Triolet e Marguerite Duras. Lei, Marie NDiaye, padre senegalese e madre francese, 43 anni il prossimo giugno con una ventina di titoli già alle spalle, quando di anni ne aveva solo 36 è entrata a far parte con un suo testo teatrale, Papa doit manger, nel repertorio della Comédie Française, il tempio dell'arte drammatica nell'Esagono: unico autore vivente a godere di questo onore. Tutti gli altri in repertorio hanno dovuto trapassare prima di venire accolti. Se qualcuno mai avesse voluto insinuare che tante attenzioni nascevano anche dal fatto che la scrittrice, nata in Francia e in Francia cresciuta, si è sempre detta e sentita francese in tutto e per tutto, oggi bisogna riconoscerle una forza di scrittura che va al di là di qualunque distorto e sbieco nazionalismo di riporto. Marie NDiaye non è per nulla reticente, infatti, nel criticare il sarkozismo e dal 2007 ha lasciato la Normandia dove ha a lungo vissuto con il marito anch'egli scrittore e i loro tre figli, e sta oggi a Berlino. Non deve essere estraneo allo «spostamento» della famiglia il caso di pedofilia che Marie NDiaye e il marito hanno contribuito a denunciare attirandosi non poche ostilità.
Tutto questo per entrare nel merito del libro che ora leggiamo nell’ottima traduzione di Antonella Conti. Donna forte, prima delle sue protagoniste, è lei, l'autrice. Ma soprattutto è «potente» (l'aggettivo che qualifica i tre personaggi femminili, nel titolo francese, è proprio puissantes) quello che lei scrive. Tre storie, una donna al centro di ognuna di esse: Norah, Fanta e Khady Demba. Tre donne «che dicono no», si leggeva nel risvolto dell'edizione Gallimard, e in effetti è trascinante nel passaggio da una all'altra la caratteristica comune che fa di loro tre una specie di unico personaggio variamente modulato: il rispetto di sé affermato senza compromessi anche a scapito di qualunque forma di appagamento altro. Tre donne senegalesi in realtà molto diverse.
La prima, avvocato, vive in Francia da sempre ed è venuta in Senegal a trovare il padre rispondendo a un suo appello, nonostante lui si sia comportato in passato da cattivo padre: Norah, capace di farsi carico oggi di un crimine a lei tanto estraneo quanto intimamente patito poiché perpetrato ai danni del fratello piccolo, malamente cresciuto da quel padre indegno.
La seconda insegna letteratura francese nella regione di Bordeaux e il racconto che la riguarda è come il negativo di una fotografia: Fanta emerge dal ritratto del marito di lei, francese, la cui vicenda personale è segnata da una colpa, commessa in Senegal, e la sua forza sta nel rimanere integra benché circondata dalla calunnia.
Infine la più fragile in apparenza, la più giovane, sposa bambina di un uomo morto tre anni dopo il matrimonio e rimasta nella famiglia di lui, così mal sopportata da perdere quasi l'uso della parola: Kadhy Demba, costretta a tentare la fuga dal Senegal verso l'Europa con un polpaccio squartato e il sesso in fiamme per gli abusi di uomini che si accaniscono nel martoriarla sfruttando la sua situazione. La conclusione del capitolo a lei dedicato, che serve anche da chiusa al libro intero, è una sorta di trasfigurazione: la potenza di Kadhy, come delle altre due protagoniste, risiede nella leggerezza con cui spiccano il volo, il colpo d'ala che sanno dare per staccarsi dal fango in cui le si vorrebbe impantanare. C'è un di più, ed è di natura strutturale. I tre racconti, slegati in apparenza, è come se si dessero la mano tramite piccoli cenni narrativi che ne fanno un'unica storia: luoghi, nomi, fenomeni. Al centro, sottilmente incastonato come una pietra di umor nero, ci sono le Quindici gioie del matrimonio, di anonimo francese. Gioie al contrario, s'intende, che la scrittura di Marie NDiaye genialmente ingloba senza parere, in contrappunto." (da Gabriella Bosco, Tre donne possenti che dicono no, "La Stampa", 01/05/'10)

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