martedì 5 agosto 2008

WALL.E


"Creaturina ammaccata che sembra nata dall'amore tra una raccolta differenziata e un termovalorizzatore, con quegli occhioni strappacuore che ci guardano in silenzio con la malinconia di un E. T. e la disponibilità del robottino numero 5 di Corto circuito. WALL.E è il più tenero, doloroso, abile pugno nello stomaco dell'ecoscetticismo e del consumismo che la fantasia della Pixar Disney e l'arte della computer animation potessero produrre. Se Juno, la fiaba edificante della ragazza che in extremis rifiuta l'aborto e accetta la prorpia gravidanza, fu assunto come l'improbabile manifesto dei crociati pro-vita, così le avventure dell'ultimo abitante meccanico della Terra trasformata da noi umani in un'immensa e inabitabile discarica discarica fa quello che neppure mille documentari ecologisti con le loro prediche riuscirebbero a fare. Ci costringe, passando attraverso i bambini ai quali è fintamente destinato per arrivare in realtà agli adulti, a vergognarci per quello che stiamo facendo di noi e a noi. Era probabilmente dal 1968, dall'uscita di 2001: odissea nello spazio di Stanely Kubrick e Arthur Clarke, che un film di pura fantasia pseudoscientifica, e in questo caso addirittura di animazione pura, non aveva costretto i critici e il pubblico a tornare a casa dai multisala avvolti in un'inquietudine mescolata a confusione, e poi a tornare sopra alle immagini e alle sequenze cercando di capire e di interpretare. Come il film di Kubrick cadde proprio alla vigilia dello sbarcio sulla Luna, nutrendosi quindi dell'ansia per una realtà imminente, così questo cade nel grembo di nazioni lacerate tra la voglia di continuare spensieratamente a consumare e sporcare e il timore di scoprire che stiamo davvero bruciando la casa nella quale abitiamo. WALL.E è un robot del XXVIII secolo, settecento anni dopo di noi (abbiamo ancora un po' di tempo, dunque), un super trash compactor, come quelle macchine che nelle cucine americane e nei condomini nuovi raccolgono l'immondizia e la compattano, per renderla più trasportabile e meno ingombrante. Il suo nome, che si pronuncia 'Wally', è in realtà l'acronimo composto dalla sua complicata e arida designazione tecnica (immaginaria): Waster Allocation Load Lifter - Earth Class, sostanzialmente un automa-scopa per rifiuti terrestri [...]. Se questo film l'avesse fatto un Michael Moore o qualche regista europeo con la puzza sotto il naso avremmo gridato al manifesto di sinistra antiamericano', ha scritto il "Los Angeles Times" citando un blogger. 'Non c'è dubbio che sia una parabola ecologista sincera e seria, ma non semplicistica', ha capito il critico del "New York Times" al quale è piaciuto moltissimo. E se l'idea della macchina antropomorfa e dell'apocalisse autoinflitta attinge a un oceano di letteratura e di cinema di genere da A. I. di Spielberg all'I am legend di Francis Lawrence passando per tutti i film sulla morte delle città, per le leggi della robotica di Asimov e per Io, Robot del 2004 - l'ipotesi di una umanità soffocata dal proprio successo, sconfitta dalla propria incontinenza, e alla fine esiliata dalla propria casa ormai inabitabile, arriva per la prima volta ai bambini. Ma con una proposta implicita e ambigua, che potrebbe essere l'ipotesi di un lieto fine e di una soluzione. Non l'amore, che sarebbe troppo comodo, anche se il nostro struggente cassonetto automa troverà pure quello, perché comunque, a Hollywood, 'love conquers all', amor omnia vincit. Non il settimo cavalleria dei vecchi western fasulli o qualche muscoloso eroe anabolizzato alla maniera del 'Governator' Arnold Schwarzenegger. Noi stessi, invece. Quegli esseri umani oggi ipnotizzati dalla pubblicità, storditi tra i richiami dei supermegastore diffusi dalle supermegacorporation, ingolfati da merendine e bibite zuccherate ingurgitate davanti allo schermo piatto Lcd che lentamente atrofizza il cervello come i muscoli, che abbiamo a portata di mano, se lasciassimo cadere il telecomando e la lattina, la stessa capacità di risolvere quei problemi che abbiamo creato, con la nostra creatività. Espressa da quella vite e quel bullone che il robot WALL.E porta con sé come souvenir prezioso di un'umanità che a lui pare straordinariamente ingegnosa e della quale ha l'inconsolabile nostalgia dell'orfano. Soluzione o perdizione, annientamento o salvezza sono alla portata del nostro ingegno, ci implora con quello sguardo da 'E.T. chiama Al Gore' il robot. Se sceglieremo la strada del di più, dell'ancora, del più comodo, del più grosso, il futuro è invece questo. Una terra morta e fuligginosa abitata soltanto da un 'operatore ecologico' artificiale che passa il proprio tempo ostinatamente a spostare monnezza da qua a là, da sopra a sotto, da destra a sinistra, da una discarica all'altra, per nasconderla agli occhi. Neanche che il futuro fosse già presente." (da Vittorio Zucconi, WALL.E. L'ultimo robot rimasto sulla Terra, "La Repubblica", 20/07/'08)
"Wall-E: A Robot Love Story with Heart to Spare" (da npr.org)

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