lunedì 18 agosto 2008

Gli uccelli e altri racconti di Daphne du Maurier


"Questa raccolta di racconti gotici e fantastici prende il titolo Gli uccelli da quello più famoso, grazie alla riduzione cinematografica (molto libera) che ne fece Hitchcock nel 1963. Il Grande Misantropo aveva trovato pane per i suoi denti nella misteriosa rivolta degli uccelli contro il genere umano, nella insofferenza delle altre creature per la creatura dominante e nel suo crescendo di minaccia e suspense, ma era già debitore nei confronti della scrittrice nel 1938, in patria, di La taverna della Giamaica, tratto da un romanzo stevensoniano non proprio originale, con un sadico Charles Laughton e un'aurorale Maureen O'Hara, che gli valse l'anno dopo la regia a Hollywood del best-seller Rebecca, ovvero la prima moglie, rispettosa modernizzazione di una storia alla Bronte. Come una sua contemporanea, Rumer Godden - di cui due romanzi d'ambiente indiano si prestarono a due capolavori cinematografici nello stesso anno 1951, di inquietante messa in crisi dei modelli culturali imperialisti inglesi attraverso storie tutte al femminile, Narciso nero di Powell e Il fiume di Renoir - Daphne du Maurier è stata confinata nel novero delle scrittrici secondarie e in ogni senso 'di genere', donne che scrivono per donne storie di donne, e non meritano di conseguenza una considerazione attenta delle loro qualità e della loro originalità. E basterebbe, nella raccolta di cui parliamo, il racconto Baciami ancora, sconosciuto - che è in assoluto uno dei più belli che l'horror a cavallo col poliziesco abbia mai prodotto e che merita da solo la collocazione di questo volume nello scaffale dei gioielli della narrativa di genere - a dimostrare la sapienza della scrittrice ma anche la validità della sua ispirazione. La du Maurier era figlia di un noto attore e nipote di un celebre disegnatore del "Punch", occasionalmente scrittore, che dette alla letteratura due romanzi un tempo famosissimi, Trilby, più volte portato sullo schermo o copiato, la storia del pigmalione Svengàli e della sua plagiatissima allieva che diventa grazie a lui una grande cantante, e Peter Ibbetson, che fu tradotto in francese da Queneau (Gallimard) quando era ancora surrealista e che dette vita a uno dei film più amati da Breton e da Bunuel, il fantasioso (e gotico) canto all''amor fou' Sogno di prigioniero di Hathaway, meritoriamente riproposto proprio in questi giorni dalla più raffinata impresa di film in dvd, la Flamingo film di Vieri Razzini. Se quella della du Maurier è una letteratura di genere lo è per la sua rivendicazione, dichiarata, della tradizione letteraria dell'Ottocento inglese, che è riuscita a tenere in vita negli anni del modernismo ottenendo ovviamente maggior credito presso il pubblico che presso la critica, anche se basta la lettura dei racconti di Gli uccelli (oltre i due citati, il più originale grazie anche al colpo di scena finale, è Il vecchio, e il più 'teorico', decisamente protofemminista, è Monte Verità) per dimostrare non solo la sua maestria ma anche la sua originalità. Prendiamo Baciami ancora, sconosciuto, scritto e ambientato nella periferia londinese dell'immediato dopoguerra. Il narratore è un mite giovane artigiano senza pretese, che conosce l'ironica mascherina di un cinematografo, ne resta affascinato e l'accompagna in autobus verso là dove lei abita. Ironica ma morbosa, la ragazza lo trascina per star tranquilli in un cimitero quasi di campagna, e gli parla di sé accennando alla sua vita rovinata da un bombardamento aereo che le ha distrutto la casa e massacrato la famiglia. Non sembra amare gli aerei e gli aviatori, peraltro tutti doverosamente maschi, la nostra eroina, e lo straordinario è che non fa distinzione di nazione e tra aerei amici e aerei nemici (siamo nel 1946!). Ci si chiede se qualche critica femminista abbia mai preso in considerazione l'opera della du Maurier (o della Godden): ne valeva la pena e ne varrebbe ancora la pena. L'altro tema forte del libro, quello dell'insofferenza e della rivolta ('inspiegabile'?) della natura contro il genere umano che l'ha condizionata e avvilita, il tema degli Uccelli, è purtroppo rappresentato da questo unico racconto che tuttavia ha influenzato da solo, grazie a Hitchcock, non pochi maestri della fantascienza e messo in crisi non poche visioni troppo antropocentriche." (da Goffredo Fofi, La donna che ispirò Hitchcock, "Il Sole 24 Ore Domenica", 17/08/'08)

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