sabato 30 agosto 2008

La televisione favorisce la passività. Gli spettatori sono tenuti prigionieri


"Siamo abituati a sentire ripetere così spesso frasi come questa che abbiamo smesso di interrogarci sulla loro attendibilità. Il discorso merita tuttavia un'ulteriore riflessione. Quando 'il cinema si vedeva solo al cinema', gli spettatori erano obbligati a 'fare' esperienza del film secondo un codice di comportamento unico, ma la diffusione di videoregistratori, lettori, videofonini, palmari oltre che, appunto, della televisione ha cambiato tutto. La sala cinematografica così come la sua antenata (la sala teatrale 'all'italiana' inventata dagli architetti del Rinascimento) è stata pensata per un pubblico dedicato. Immobile, silenzioso, attento, disciplinato. E ricettivo. La televisione invece, soprattutto da quando è regolata dall'utilizzo del telecomando, ha sancito il passaggio dalla passività assoluta a una forma di sfrenata attività. E l'affrancamento dalle costrizioni a cui si sono dovuti sempre sottoporre gli spettatori. Oggi siamo dunque e senza dubbio più liberi. Non è detto però che questa nuova condizione sia così favorevole. Già pensati per la loro trasmissione televisiva, i nuovi film non godono più della protezione della sala e sono costretti a guadagnarsi l'attenzione del pubblico fotogramma per fotogramma, un po' come succede nei videoclip musicali (montaggio sincopato, movimenti di macchina frenetici), in modo da evitare che lo spettatore cambi canale o passi alla scena successiva. Ma soprattutto la fine dell'azione disciplinante della sala trasforma radicalmente la reazione degli spettatori. Perché il pubblico non è più chiamato a sperimentare direttamente sul proprio corpo un'impotenza in tutto e per tutto simile a quella dei personaggi prigionieri della storia che prende forma sotto i loro occhi. L'americano Stanley Cavell, uno dei pensatori contemporanei che più ha ragionato sul teatro come 'arte della sala', indicava in questa passività forzata del pubblico (che nulla può fare per coloro che patiscono sul palco) il vero fulcro del dramma. La sofferenza provocata dall'impossibilità di salvare Desdemona e Otello dalla rete di Jago servirebbe precisamente a rendere gli spettatori consapevoli che, diversamente da quanto succede a teatro (o sul grande schermo di una sala cinematografica, per tornare al nostro caso), nella quotidianità possiamo e dobbiamo rompere l'asimmetria e accettare quella responsabilità che sempre accompagna la libertà. Ma affinché ciò avvenga è necessario che prima si patisca immobili e in silenzio: senza potersi mettere al riparo grazie al telecomando. Mentre la tv arriva a infrangere quel nesso tra necessità, sofferenza e catarsi che caratterizza l'esperienza scenica da 2500 anni. Morte della tragedia?" (da Gabriele Pedullà, La televisione favorisce la passività. Gli spettatori sono tenuti prigionieri, l'onnipresenza degli audiovisivi fiacca la capacità di resistenza alla propaganda, "D laRepubblicadelleDonne", 30/08/'08)

In piena luce di Gabriele Pedullà

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