mercoledì 6 agosto 2008

Elio Vittorini 1908 - 1966


"La radio ha ritrasmesso di recente alcune lezioni sull'arte di Giuseppe Pontiggia. Cominciavano con un ricordo di Vittorini. Il giovane Pontiggia, costretto da vicissitudini familiari ad accettare presto un impegno, s'era trovato diciassettenne o poco più, a lavorare in banca. Da quell'esperienza era nato un racconto lungo La morte in banca ed ecco il ragazzo Pontiggia bussare alla porta di Vittorini. Il quale lo aveva esortato a ripassare o telefonare dopo un mese: non l'avrò letto, ma lei dovrà insistere e ritentare dopo un altro po' di tempo. Così dopo tre o quattro rinvii, Vittorini legge finalmente il dattiloscritto, lo trova buono e dà dei consigli, anche esistenziali: lei deve lasciare la banca, laurearsi in lettere e mettersi ad insegnare in modo da avere il tempo per scrivere. La morte in banca fu il primo libro di Pontiggia. Un atteggiamento, quello di Vittorini, che non esisterei a definire paterno: e forse quella del padre è la figura che meglio gli si attanaglia, un padre culturale per i tanti che gli hanno chiesto un aiuto, un parere, o che hanno fatto un pezzo di strada insieme a lui. Ma anche uno che si è fatto da sé, e mai ha potuto dimenticarlo, cominciando presto ad avere il gusto di conoscere il mondo, di correre su e giù per la Sicilia e poi per la penisola con i biglietti gratuiti del treno che gli passava il padre ferroviere. Nei dintorni del centenario delal nascita, che cade giusto oggi, Aragno (e in particolare Raffaele Crovi, per cui è stato, questo lavoro, una sorta di lascito testamentario oltre che un modo per ritrovare le origini, quando appunto, da giovane lavorava con Vittorini ai Gettoni) gli ha dedicato una monumentale storia dei Gettoni in tre volumi - La storia dei 'Gettoni' di Elio Vittorini. A Einaudi (e a Raffaella Rodondi, vittorinista di lungo corso) spetta invece la pubblicazione in due volumi - il primo era già uscito nel 1997 - di oltre mille pagine ciascuno degli articoli e interventi vari dal 1926 al 1965: il titolo è Letteratura, arte e società. Un libro così, scrive la curatrice, Vittorini non l'avrebbe mai pubblicato, come non avrebbe probabilmente pubblicato la Storia dei gettoni che riguarda lui, ma anche Calvino, Giulio Einaudi e diversi intellettuali della casa editrice e contiene sostanzialmente le lettere scritte da Elio o da Italo, nel corso degli anni Cinquanta, ad una quarantina di scrittori o aspiranti scrittori che poi furono pubblicati nella collana. Si cominciò con Lucentini, il Gettone numero 1, cui seguirono Lalla Romano, Giovanni Pirelli, Calvino stesso, Tobino, Cassola, Fenoglio, Rigoni Stern, Ortese, Bonaviri, Testori, Sciascia ... La collana durò sette anni. E' una tranche di storia culturale di cui già diverse cose si conoscevano, ma vista nel suo insieme fa indubbiamente un altro effetto. [...] Sebbene conosca i limiti di una letetratura che voglia insegnare qualcosa, Vittorini ha l'aria di non voler mai rinunciare a tirare le somme, ma nello stesso tempo lascia il campo alla sua corda pazza, al pullulare fiabesco e magmatico di un'altra faccia degli uomini. Così anche in Conversazione in Sicilia convivono due facce di Vittorini. Lo scrittore attento alla realtà, pronto a fissare sulla pagina un personaggio attraverso un gesto o un sospiro (vedi il colloquio in treno tra Senza Baffi e Coi Baffi) e l'aedo di un mondo molto particolare come quello dei poemi e delle favole: tutta la visita alla madre Concezione, le sue confessioni, il suo portarsi anche maliziosamente il figlio in giro per il paese mentre va a fare iniezioni ai malati, e alle belle malate, ha qualcosa di straordinario e non per nulla i tempi della veglia e dell'immaginario si confondono, la parola tocca anche ai morti e se non fosse per la fame che domina ovunque e che è alla base di ogni azione e discorso si direbbe che il romanzo è decisamente diventato un altro. [...]" (da Paolo Mauri, Elio Vittorini, lo scrittore e i libri degli altri, "La Repubblica", 23/07/'08)

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