giovedì 14 agosto 2008

Adele né bella né brutta di Maristella Lippolis


"E' questa del 2008 la grande primavera delle narratrici italiane. Con tre nomi in cima alla nostra classifica personale: non le più note Agus e Parrella, oggi un po' deludenti, ma altre meno famose, Elisabetta Severina con Quarantatré (instar libri), Caterina Bonvicini con L'equilibrio degli squali (Garzanti) - entrambe già recensite su queste pagine - e ora, strepitosa per forza e tenuta narrativa, Maristella Lippolis con Adele né bella né brutta (grande titolo, tra l'altro). Era apparsa, la Lippolis, sulla scena letteraria nel 1999, con i racconti La storia di un'altra (Tracce), entrati nella terna dei finalisti al Premio Chiara e stravotati dalla giuria popolare, che l'aveva consacrata vincitrice. Storie bellissime, con donne per protagoniste assolute: donne forti e insieme fragili, risolute nelle battaglie quotidiane. Donne che sognano la felicità, e talvolta ne ottengono almeno un barlume. Ci eravamo chiesti, allora, se passando dalle prose brevi a un eventuale romanzo, la Lippolis avrebbe tenuto. Bene, la Lippolis ha tenuto. E non solo: ciò che più colpisce in Adele né bella né brutta, che riprende il tema femminile dei racconti e la chiaroscurata riflessione sulla felicità, è l'adozione di una scrittura, se così si può dire, lunga. Che procede con un ritmo narrativo sostenuto per ondate di periodi raramente (se non nei dialoghi) separati da 'a capo'. Come se la storia di Adele, narrata in terza persona, uscisse lungamente ruminata nella mente della protagonista ed espulsa in un continuum; quasi un discorso pensato e sofferto da sempre. Ma veniamo a questa magnifica figura di donna. Poco più di quarant'anni, Adele è, appunto, né bella né brutta; o piuttosto, sarebbe bella se lei stessa si valorizzasse, magari sentendosi considerata dal marito. Che invece la scambia per una donna di servizio e la tratta come il suo, peraltro sempre meno frequente, sfogo sessuale ufficiale. Nulla più. Non bastasse, Antonio è un rozzone di paese senza finezze, fondatore di una lista politica fieramente ostile agli extracomunitari, di cui auspica la castrazione chimica. Lei, in un angolo, sgobba per il marito e per la casa (non hanno figli, per colpa di lui che né lo sa né lo ammetterebbe mai) e si rifugia nel sogno di diventare un grande chef ... E' la forza della Lippolis: il saper raccontare con spavalderia ma insieme con delicatezza la verità sulla vita di una donna sposata, simile a quella di tante altre donne di oggi. Per il fatto che l'unione coniugale di Adele è una frana nascosta sotto l'apparenza della normalità. Finché accade che lei scopra, con rabbia, che Antonio frequenta locali di lap-dance. Ma di qui la donna trae lo stimolo per cambiar vita. Profittando della partenza di Antonio per una battuta di caccia in Slovenia, e sentendosi per la prima volta libera, decide di andare per qualche giorno con Irina, la bellissima cognata russa in visita dalla zia Clelia, proprietaria di una trattoria in un paese vicino. Mentre, in un'insonne notte della verità, zia e nipote rievocheranno una drammatica vicenda del passato che ha coinvolto e fatto soffrire entrambe. Le offre, Clelia, di restare a gestire insieme a lei il locale. Ma Adele non ha fretta: deve prima tornare a casa e saldare un conto con il marito con un'atroce beffa ... A tutt'oggi, questa grande-minima storia di un'umile eroina del quotidiano, senza retorica e senza maschere, ci pare il miglior romanzo, in assoluto, dell'anno. Facile scommettere: piacerà a tutte le donne prossime per scelta o per caso, alla vita della protagonista. Ma non solo." (da Giovanni Pacchiano, Il riscatto della brava moglie, "Il Sole 24 Ore Domenica", 23/03/'08)

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