lunedì 4 agosto 2008

Il libro dei libri bruciati di Volker Weidermann


"Tutto doveva esser fatto rapidamente, con la velocità del vento. L'ordine perentorio di bruciare gli scritti di autori ebrei 'in occasione della vergognosa campagna diffamatoria del mondo ebraico contro la Germania', non proveniva da Goebbels o da Hitler, ma dal novello ufficio stampa e propaganda dell'associazione studentesca tedesca che in meno di un mese, dal 12 aprile al 10 maggio del 1933, organizzò alacremente e sistematicamente il rogo dei libri proibiti non solo a Berlino ma in ogni città universitaria della Germania. Gli studenti dovevano innanzitutto 'ripulire' i propri scaffali, quelli di parenti e conoscenti e poi quelli di tutte le librerie possibili; il rogo sulle pubbliche piazze doveva essere reclamizzato e promosso a dovere, possibilmente con testi di propaganda 'contro il distruttivo spirito ebraico' redatti da scrittori compiacenti. Non mancava nemmeno una sorta di manifesto studentesco con 12 tesi aberranti tra cuiquelal che recitava: 'L'ebreo che scrive in tedesco, mente'. Ed infine, ecco le fiamme alte dieci, dodici metri che la notte di mercoledì 10 maggio illuminarono l'Opernplatz a Berlino, gremita di folla che assisteva allo spettaoclo. E nessuno che protestava. C'era Goebbels attorniato dalle SA in soprabito chiaro che contemplò a lungo l'incendio e poi annunciò 'la fine dell'epoca di un eccessivo intellettualismo ebreo'. Erich Kaestner vide i suoi libri gettati alle fiamme mentre qualcuno faceva il suo nome e urlava 'contro la decadenza e il degrado morale!' e che da allora, da beniamino del pubblico divenne 'persona non gradita'. Kaestner fu uno dei pochi scrittori della lista nera che rimase in patria come 'cronista', forse perché gli mancava il coraggio di emigrare. Altri si tolsero la vita o vennero uccisi in un lager, oppure andarono all'estero, il più delle volte senza mezzi e senza possibilità di publicare le loro opere. E quando dopo la fine della guerra tornarono in patria, non trovarono la Germania di prima, non si sentirono più 'a casa': il pubblico li aveva irrimediabilmente dimenticati. [...] La loro storia e quella di tutti i 94 scrittori tedeschi i cui libri furono dati alle fiamme 75 anni fa, insieme a quelli di 37 autori stranieri, sono raccontate in un libro prezioso, per molti versi stupefacente: Il libro dei libri bruciati (Das Buch der Verbrannten Bucher di Volker Weidermann, ed. Kiepenheuer & Wittsch). Stupefacente perché l'appassionata e appassionante ricerca fatta dall'autore del volume su internet e nelle librerie antiquarie ha portato alla scoperta di opere di notevole valore da allora dimenticate a causa del rogo dei libri. Prezioso perché contiene le storie inedite, spesso tragiche e inquiete di tutti gli intellettuali perseguitati dal regime nazista e perché rende giustizia agli scrittori dimenticati o ignorati ai quali viene dato molto più spazio che a quelli celebri. Senza questo libro l'obiettivo dei nazisti di cancellare per sempre dalla memoria i nomi di tanti autori ebrei sarebbe stato quasi raggiunto, osserva giustamente l'autore del libro nella sua introduzione. 'Non si faccia illusioni. l'inferno è al governo', scrisse Josef Roth già nel febbraio del '33 all'amico Stefan Zweig che faticava a credere di essere diventato uno degli scrittori più odiati in Germania. [...] Certamente il più fortunato di tutti fu Erich Maria Remarque. La notte del rogo lui, che si trovava al sicuro in Ticino, sentì per radio, con lo scrittore Emil Ludwig, il crepitito delel fiamme e i discorsi esaltati dei gerarchi nazisti. Era stato uno dei primi a emigrare: il 29 gennaio, alla vigilia della presa di potere di Hitler, aveva fatto una corsa non stop, a bordo della sua Lancia, da Berlino a Porto Ronco. Sapeva bene di essere il nemico numero uno dei nazisti a causa del suo celeberrimo romanzo che prometteva 'la verità sulla guerra'. Niente di nuovo sul fronte occidentale - il libro tedesco di maggior successo del XX secolo, 20 milioni di copie vendute, da cui trassero il film All'ovest niente di nuovo -, dopo aver dato adito a una serie di infiammati dibattiti, era stato boicottato in tutti i modi dai nazisti: parlava di miseria infinita, di noia, di mancanza di senso della prima guerra mondiale, della morte ben poco eroica dei soldati. Un libro più che pericoloso per i seguaci di Hitler che non riuscirono a impedirne lo strepitoso successo. Remarque scelse il silenzio, si dichiarò estraneo alla politica, ma intanto continuava a scrivere sul destino degli emigranti e sui campi di concentramento anche durante il suo leggendario soggiorno negli Stati Uniti dove divenne uno degli scrittori e sceneggiatori più amati dagli americani. Nonostante questo, chi legge i suoi diari scopre un uomo irrimediabilmente depresso e pieno di paure. Paura della scrivania, del lavoro, della solitudine." (Paola Sorge, Quei libri dati alle fiamme. Tornano gli autori bruciati dai nazisti, "La Repubblica", 25/07/'08)

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