martedì 12 aprile 2011

Scrivo al cuore del Giappone: 'Ora torniamo a sperare'


"Qui tutto è molto diverso da come si crede. A Tokyo conduciamo una vita normale. Siamo informati sull´incidente che ha colpito la centrale nucleare. E quanto ai tagli all´elettricità, non ci creano troppi problemi, dato che sono preordinati per zone e fasce orarie. Nell´area di Tohoku (la più colpita) la situazione è invece molto più grave di quanto risulti dalle notizie. Una tragedia così grande mi lascia senza parole. Prego per le anime delle vittime e per i profughi, tuttora tormentati dal freddo e privi anche dei generi di prima necessità, sperando che possano tornare al più presto a una situazione di normalità.
Ho l´impressione che chi è in prima linea in questa catastrofe, i tecnici della Tepco e gli addetti alla protezione civile, stiano facendo tutto il possibile, anche se continuano a essere oggetto di critiche.
Al momento del terremoto ero in macchina a Tokyo. La mia autovettura è stata sballottata dal sisma, mi sono subito resa conto che stava accadendo qualcosa di grave. Vedevo molta gente uscire dagli edifici, anche se, stranamente, tutti mantenevano la calma. Tutto sommato, a parte la grande paura e qualche piccolo danno nelle case, credo che a Tokyo non sia accaduto nulla di più grave.
Ho invitato a casa mia i colleghi del mio ufficio che non potevano rientrare; e ho incominciato a sentire le notizie alla tv. Vedendo le tragiche immagini dello tsunami mi sono resa conto che le vittime dovevano essere moltissime. Ho pensato che davanti a una tragedia di questa portata non è bene tenere la tv sempre accesa, oltre al tempo indispensabile per tenersi informati. Rivedendo di continuo quelle tragiche immagini si prova un senso di colpe e di impotenza. Che fa male, soprattutto ai bambini.
Nei primi giorni dopo il terremoto ero molto tesa, soprattutto a causa della situazione estremamente grave della centrale nucleare; ora però sono un po´ più tranquilla. Abbiamo avuto qualche problema di approvvigionamento, dato che molti hanno cercato di acquistare grandi quantità di generi di prima necessità. Ma poi anche in questo campo è tornata la calma. Solo la benzina è ancora difficile da trovare.
La grandezza del popolo giapponese si è manifestata nella risposta all´appello del governo per il risparmio energetico. Ora la città è al buio, ma ci sentiamo meno oppressi dal senso di impotenza. Persino nel quartiere di Shibuya, abitualmente sfolgorante di luci (peraltro non necessarie) l´illuminazione ora è più discreta. Credo che questa sia un´esperienza importante per tutti.
Forse a qualcuno sembrerò sacrilega, ma voglio dire che pur non cessando di pensare alle vittime e di piangere per loro, abbiamo bisogno di speranza per vivere. In questi momenti così difficili, la cosa più importante è aver vicini i nostri cari – vederli, sederci a tavola con loro. La sera in cui tutti si sono tappati in casa ho deciso di andare a cena fuori con i miei familiari e amici. Ricorderò per il resto della mia vita la sala del ristorante immersa nella semioscurità – per risparmiare energia – e i sorrisi scambiati con gli altri avventori. Senza alcun dubbio, amore e amicizia sono la nostra speranza.
Penso che il compito di uno scrittore sia quello di esprimerla, questa speranza – non in forma irrazionale, ma con fondamento e metodo. Ed essere così di aiuto ad altri, perché possano immergersi nella parte più preziosa e libera del proprio cuore.
Da piccola mi piacevano i film di Dario Argento, che ho rivisto molte volte. Le immagini dei momenti di paura vissuti nell´isolamento mi hanno poi aiutata a vivere nella realtà quella stessa esperienza. Il mio cuore non si è piegato. L´arte è una forza reale. Ancora arriveranno molte informazioni incerte, io continuerò a scrivere romanzi, osservando con più calma il mondo.
Come giapponese, mi sento orgogliosa nel vedere che quasi tutti i miei conterranei danno prova di gentilezza, disponibilità all´aiuto reciproco, capacità di pensare positivamente." (da Banana Yoshimoto, Ma il popolo giapponese non ha perso la speranza, "La Repubblica", 12/04/'11; prima pubblicazione "El Paìs", trad. Elisabetta Horvat)

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