venerdì 29 aprile 2011

Giuliano Toraldo Di Francia


"Quando vengono a mancare certe personalità, non è rilevante che siano morte quanto piuttosto che siano vissute, e abbiano arricchito con la loro presenza questo nostro «viver terreno». Fisico, filosofo della conoscenza, umanista e uomo di cultura di statura leonardesca, Giuliano Toraldo di Franciaè stato una di queste personalità, e adesso ci lascia all’età di 94 anni, dopo aver traversato quasi un secolo di vita e di passioni intellettuali. Fiorentino di nascita e, a differenza di Dante, di costumi, Toraldo di Francia è stato uno dei più grandi fisici della nostra epoca, dedicandosi sia alla ricerca che all’insegnamento, prima dell’ottica, conosciuta da lui come da pochi altri, poi delle radiazioni elettromagnetiche in generale, come della relatività e dell’elettronica quantistica, nomi arcani di materie che lui sapeva rendere vivissime e quasi trasparenti al nostro intelletto. Perché erano trasparenti al suo, instancabile indagatore della realtà in tutte le sue forme. Ho detto tante volte che ci vuole più lucidità e immaginazione a contemplare la realtà com’è davvero, tutta avvolta nei misteri dei quali la natura si compiace, che nel fingersela e inventarsela. Toraldo è stato tutta la vita un esempio di un occhio al quale niente era celato: «vedeva» dentro un laser come dentro una molecola in rotazione, dentro un fluido come dentro l’inferno di una stella. O dentro il purgatorio di una cellula. Da questo punto di vista il suo capolavoro è rappresentato da L’indagine del mondo fisico (Einaudi, 1976), un libro senza uguali che parla della fisica, sia quella fondamentale che quella vertiginosa, ma anche del suo fondamento conoscitivo: la fisica è così, sembra dirci, perché noi siamo così. Con queste premesse non stupisce che nella seconda parte della sua vita egli si sia messo a studiare i fondamenti stessi della conoscenza scientifica, sia quella intrinsecamente problematica rappresentata dagli abissali dilemmi proposti dalla fisica quantistica, sia quella più consueta e quotidiana del significato della parola «misurare» . Ne sono usciti, tra gli altri, Le teorie fisiche (Bollati Boringhieri, 1981) e Introduzione alla filosofia della scienza (Laterza, 2000), entrambi scritti a quattro mani con la compagna di queste sue audaci peregrinazioni, Marisa Dalla Chiara.
Negli ultimi anni della sua vita Toraldo era soprattutto un filosofo della scienza, mai dimentico di essere un fisico, ma orgoglioso di fare fruttuose escursioni nelle ardue selve del pensiero filosofico contemporaneo. Non si seppe invero nemmeno limitare a questo. In numerosi interventi, tanto sui quotidiani (collaborò al «Corriere» dal 1981 al 1984) quanto in pubblicazioni specifiche, volle dire la sua anche sulle più scottanti questioni del presente, portando sempre la luce del suo intelletto, la sua onestà intellettuale e una certa dose di buon senso, che costa tanto poco, ma può essere a volte così utile. Ne nacque ad esempio Il rifiuto. Considerazioni semiserie di un fisico sul mondo di oggi e di domani (Einaudi, 1978) e diversi altri godibilissimi libretti da intendere come testimonianze di bruciante intelligenza. Appassionatissimo di musica classica, non ha mai cessato di ascoltare e frequentare le maggiori personalità del Lied romantico europeo, dell’amicizia di molte delle quali si onorava. Leggeva più spesso che poteva i classici italiani e quelli di altre letterature, spesso in lingua originale. Diventato amico del figlio Cristiano, oggi affermato architetto, ho frequentato nella prima giovinezza la sua casa di Bellosguardo a Firenze, dove ho visto passare personaggi di grande rilievo della scienza e delle arti di tutto il mondo. Là ho ascoltato sempre musica meravigliosa e sbirciato libri che hanno costituito i fondamenti delle mie personali letture di ieri e di oggi. Posso dire di averlo frequentato da vicino, anche se la sua statura mi incuteva grande soggezione. È stato in tutto e per tutto il mio Maestro. Non sono mai riuscito, anche in tarda età, a dargli del tu. Ma oggi posso contravvenire a tale autodivieto e dire: Grazie Giuliano, per quello che hai fatto e per quello che hai rappresentato. Per me e per noi tutti." (Edoardo Boncinelli, Toraldo Di Francia, un fisico umanista, "Corriere della Sera", 28/04/'11)

"Alcuni decenni fa, quando ancora la divulgazione scientifica anglosassone non aveva la diffusione che ha oggi, in Italia c´era qualcuno che già se l´era inventata e che la praticava con successo. Era l´epoca in cui usciva la rivista Le Scienze (fondata alla fine degli anni Sessanta da Felice Ippolito e che è stata diretta fino a poco tempo fa da Enrico Bellone, recentemente scomparso) tesoro inestimabile per gli italiani appassionati. Ebbene, proprio allora, avevamo la fortuna di avere, sommersa ma decisiva, anche un´altra divulgazione, meno giornalistica ma altrettanto affascinante: quella praticata da accademici isolati come Giuliano Toraldo di Francia, morto ieri a 94 anni.
L´avevo incontrato nel 1975: ero un giovane appena laureato che stava affrontando un dottorato di logica. Eravamo ad un convegno a Santa Margherita Ligure e passeggiavamo sul lungo mare di questa cittadina: lì ci colpì una coppia singolare. Lei, Maria Luisa dalla Chiara Scabia, filosofa della scienza, e lui, il professor Toraldo di Francia, signore alto magro e brizzolato. I due camminavano insieme cantando arie d´opera. La stessa seria leggerezza e competenza, il professore la metteva nelle sue ricerche e nei suoi libri. Professore emerito di fisica superiore all´Università di Firenze, era stato anche direttore dell´Istituto di ricerche sulle onde elettromagnetiche del Cnr e presidente della Società italiana di fisica dal 1968 al 1973. E mentre stava nell´accademia scriveva libri che spiegavano a tutti come funzionava la scienza: da L´amico di Platone (Vallecchi, 1985), a La scimmia allo specchio (Laterza, 1988) fino a Un universo troppo semplice. La visione storica e la visione scientifica del mondo (Feltrinelli, 1990). Si occupava di meccanica quantistica e ci sapeva spiegare la filosofia che c´era in quelle teorie. Fino all´ultimo ha saputo mantenere il suo umorismo: a 90 anni partecipava ancora a molte iniziative e all´ultima a cui l´ho visto si lamentava perché alcuni guai fisici l´avevano costretto a smettere di giocare a tennis.
La sua figura è stata importantissima: in un Paese che ha spesso affidato la divulgazione scientifica a giornalisti di formazione umanistica lui rappresentava una felice anomalia. Insieme a Roberto Vacca e a Tullio Regge è stato un grande pioniere, mettendo in pratica una cosa semplicissima che però non faceva nessuno. E cioè: pur essendo professori e universitari si può cercare di spiegare a tutti la bellezza della fisica, dell´astronomia o della chimica. Così se oggi la situazione è molto cambiata lo si deve proprio a loro. Ora gli scienziati "scendono in campo", scrivendo sui giornali, facendo conferenze per il largo pubblico, partecipando ai festival e andando anche in tv. Ma il merito è di persone come Toraldo di Francia, nato nel 1916 a Firenze, figlio e padre di un´altra Italia. Bisognerebbe non dimenticare mai la sua lezione." (da Piergiorgio Odifreddi, Addio a Toraldo di Francia scienziato e divulgatore, "La Repubblica", 28/04/'11)

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