mercoledì 13 aprile 2011

Dalla pittura ai romanzi, quando la noia è creativa


"Peter Toohey ha avuto la brillante idea di scrivere un saggio, Boredom - A Lively History, su una sensazione che proviamo davvero per molto tempo, ma all'analisi della quale ne dedichiamo pochissimo. In parte, il motivo per il quale ignoriamo la nostra sensazione di noia è che ne siamo imbarazzati, giacchè ricordiamo il vecchio adagio insegnatoci dalle nostre madri secondo cui solo le persone noiose si annoiano. Ma Toohey, in realtà, è pronto a capovolgere questo assioma, suggerendo che occorre moltissima perfezione per poter essere intensamente, adeguatamente, produttivamente annoiati. Seguendo le teorie dei moderni psicoanalisti, Toohey ci spiega che i periodi nei quali crediamo di essere annoiati di fatto sono anche quelli nei quali il prezioso materiale preconscio si rimescola e rielabora, pronto a fare la sua comparsa, a diventare palese e a lanciarci verso risultati realmente considerevoli. Le persone che non riescono a essere proficuamente annoiate tendono ad avere vite poco interessanti e piatte, dice Toohey.
Per Toohey, un romanzo sulla noia, fondamentale e istruttivo, è Madame Bovary di Flaubert, che narra la storia di una donna sposata da poco che rovina il suo rapporto e finisce col perdere la vita fondamentalmente perché non può tollerare di annoiarsi. Le sue letture sbagliate, incentrate su avvenimenti drammatici e su improbabili complotti, inducono la sventurata Emma Bovary a supporre che vi sia qualcosa di sbagliato in suo marito e nella vita tranquilla che conducono in un paesino dove l'evento più elettrizzante in grado di alterare la pace è l'arrivo ogni giorno del quotidiano dalla vicina Rouen. In ogni caso, come lasciano intendere Flaubert e Toohey, non c'è assolutamente nulla di sbagliato in una vita piatta. [...]" (da Alain De Botton, Elogio della noia, "La Repubblica", 13/04/'11)

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