sabato 27 marzo 2010

Mercato letterario: la chiave è l'accesso


"Corsi e ricorsi senza fine ... Ancora sull'opposizione tra cultura di massa e cultura elitaria, col sottinteso da tutte le parti che la prima sia di destra e la seconda di sinistra? Ma nella società piccolo-borghese di massa e globalizzata hanno ancora senso queste dispute? Nessuno più, da anni, lancerebbe polemiche fatue coem quelle che si ebebro ai tempi di La Storia della Morante, né alcuno contesta la funzione di certa narrativa d'intrattenimento. E quando la vita, privata e pubblica, è pesante come una prigione, si ha anche il diritto di evadere, lo diceva già Oreste Del Buono, per il quale esistevano soltanto libri belli o libri brutti. E il grandissimo Dickens non pubblicava forse i suoi romanzi a puntate sui giornali a larga diffusione? Oggi nessuno mette in discussione il mercato: e come si potrebbe, visto che tutto e tutti siamo venduti al consumo, paesaggio compreso? Quello che è in questione oggi è un'altra cosa, semmai, cioè il diritto d'accesso al mercato. E' questo il nodo. Come può il prodotto (sia pure sui generis come il libro) commercialmente più debole (perché più impegnativo alla lettura per forma o contenuto, perché meno televisivo, perché marginale rispetto al gusto main stream e per chissà quanti altri motivi) diventare visibile sui banconi o sui giornali, per quanti ancora leggono le cosiddette pagine culturali? Quanto le grandi catene librarie decidono gli ordini da un unico centro basandosi su calcoli statistici? Quando chi entra in una grande libreria è pilotato tra pile e pilette e superfici espositive che incessantemente lo rimandano allo stesso titolo o allo stesso genere di libro? Quando nelle case editrici il bestseller è considerato non più un titolo fortunato che per una speciale costellazione di circostanze, non tutte pianificabili preventivamente, scala le classifiche e si installa stabilmente ai primi posti, ma quasi un genere 'letterario' a se stante e che per ovvi motivi va perseguito a ogni costo? E di conseguenza quando il marketing prevale sull'editoria? E i tempi lunghi, ma sicuri, del catalogo vengono considerati un costo anziché una risorsa?
E quando il pubblico, ormai privo di segnalazioni critiche perché sono quasi scomparse dai giornali, è indotto a orientarsi sulle classifiche dei più venduti, come se quantità e qualità dovessero per forza coincidere? Nel mercato d'antan ben disegnato da Federica Manzon ciascuno può piazzare la sua bancarella; ma è su mercati di questo tipo che vende oggi l'industria, compresa quella culturale?" (da Gianandrea Piccioli, La chiave è l'accesso, "Il Sole 24 Ore Domenica", 21/03/'10)

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