lunedì 29 marzo 2010

Chi difende più la qualità?


"Vale la pena essere molto chiari. Il problema non è il mercato: vendere libri non è più considerato un peccato capitale da molti anni e sono lontani i tempi in cui chi aveva successo commerciale veniva considerato qualcuno che si era venduto l'anima.
Gli scrittori sono alla ricerca di un pubblico e il pubblico è costituito da chi compra i loro romanzi, dunque la diffusione dei libri è nec essaria e nessuno teorizza più che di lettori sia meglio averne 'pochi ma buoni'.
Il problema è che, in questi anni in Italia, c'è solo il mercato. Intendo dire che non ci sono parametri di valutazione che non siano quelli delle quantità (cioè troppo spesso la qualità si misura nel numero di copie vendute e basta) e le reazioni stizzite di chi è invidioso dei re del bestseller nazionale non cambiano la sostanza delle cose perché, per fortuna, cadono nell'indifferenza generale.
Ancora di più: la verità è che oggi il ruolo della letteratura è totalmente marginale nella vita sociale e culturale di questo Paese. Certo anche nel 2010 molti aspirano a scrivere libri (compresi coloro che hanno già successo in altri ambiti della cultura e dello spettacolo: cinema, musica, etc.) come se questo costituisse un modo di accrescere il proprio prestigio intellettuale; ma allo stesso tempo i romanzi non hanno più alcuna visibilità in quanto tali, al massimo si accompagnano alla notorietà di chi li ha scritti.
Negli ultimi anni, ormai direi un paio di decenni, si contano sulla punta delle dita di una sola mano i casi di romanzi italiani che abbiano suscitato un dibattito pubblico, una riflessione collettiva, che abbiano dato vita a un confronto culturale vero.
In questo momento, anzi, l'unica eccezione che mi viene in mente è Gomorra di Roberto Saviano. Ma appunto si tratta di un'eccezione, di un caso la cui peculiarità è tale da non costituire un precedente. Eppure nel passato succedeva altro, e la discussione intorno a un testo poteva attivarsi a prescindere dal numero di copie vendute. Per questo credo che la difesa del mercato sia pleonastica: il mercato sid ifende da sè. Quello che servirebbe piuttosto è la difesa della letteratura, dle suo significato, del suo essere parte dell'identità di un Paese. Ma di questo, mi pare, non si preoccupa mai nessuno." (da Giorgio Van Straten, Chi difende più la qualità?, "Il Sole 24 Ore Domenica", 28/03/'10)

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