lunedì 8 marzo 2010

Il mercato letterario? Non è il diavolo


"Perché quando un romanzo incontra il successo del mercato a spiegare il fenomeno vengono mobilitate molte ragioni e tutte ignobili? Perché la 'società letteraria italiana' continua ad accusare il mercato di essere il colpevole della scarsa qualità delle opere in commercio (quando, ad analizzare i dati, il complesso della cosiddetta editoria di qualità vale nel nostro Paese circa un quarto del mercato, il che è decisamente molto)? Perché questo periodico avvistare all'orizzonte orde di barbari, ingordi di bestseller, pronti ad attaccare la cittadella dei buoni lettori? Oltre a un vezzo, un segno di distinzione e di appartenenza alla categoria delle persone per bene, questo atteggiamento non ha forse il proprio fondamento nell'orgoglio di sentirsi parte di una fortezza assediata, nel compiacimento del 'siamo rimasti in pochi'? Un'élite che vede nel grande pubblico (e quindi nel mercato) un nemico da combattere e va fiera della propria minorità, non certo democratica. Tutti seguaci della grande opposizione adorniana tra cultura di massa e teoria critica. Ridotta ormai a un'opposizione un po' assertiva tra qualità e quantità. Non certo senza qualche notevole imbarazzo: Umberto Eco dove lo mettiamo? E Stephen King ormai considerato un maestro? E Gomorra di Saviano, che ha parlato a più di due milioni di lettori, è di qualità o no? In economia, con mercato si intende quello spazio aperto e sempre mutabile dove si incrociano la domanda e l'offerta. Non un'entità astratta che pre-esiste all'uomo e che impone a esso le proprie regole (disumane), quanto piuttosto un luogo che prende corpo nella pluralità di incroci, ibridazioni, e scambi. Troviamo così in questa definizione tecnica qualcosa che suona incredibilmente vicino a un concetto elementare ed essenziale di narrazione, intesa come evoluzione e travestimento, prodotto dell'incrocio di culture e identità, scommessa e rischio. A voler usare il potere delle immagini scopriamo che 'il mercato', nella sua definizione più tecnica ma anche più originaria, porta in sé situazioni e linguaggi che molto hanno in comune con il gesto dello scrittore. Proviamo a immaginare: un mercato è fatto di persone, persone che partendo da un punto del mondo iniziano viaggi e avventure per raggiungere piazze lontane e a volte sconosciute. [...] Così il mercato appare prima di qualsiasi altra definizione il luogo in cui si incontrano gli uomini - oriente e occidente esposti senza guerre sulla piazza del mercato ateniese - e lì scambiano, intrecciano legami, mescolano le proprie qualità e le affinano nel confronto continuo. Il mercato quindi, lontano dall'essere una costruzione astratta che viene a imporsi e alterare in negativo l'essenza dell'umano, appare invece legato a quanto all'uomo è di più proprio.
Così possiamo, senza troppi imbarazzi di galateo, pensare che 'mercato' non è opposto a 'letteratura', a valore letterario. Seguendo infatti l'equazione più semplice per cui il mercato è costituito da persone, da un pubblico di lettori nel caso della produzione libraria (e quindi copie vendute), è evidente come esso non risponda a regole astratte che lo portano a cercare nell'opera letteraria un canone riconosciuto come depositario di bellezza e valore artistico, ma piuttosto a orientare ogni lettore è il bisogno di trovare nel testo scritto qualcosa che gli parli di sé.
L'opposizione mercato e letteratura non è quindi così netta. Il successo di pubblico non è facilmente indice di scarsa qualità letteraria, e si può azzardare tra i due una convergenza anche in negativo. L'alienazione del pubblico avviene infatti molto spesso quando lo scrittore, invece di concentrarsi su ciò che vuole veramente raccontare, si fa catturare da regole e mode, cerca di piegare la propria vocazione autentica ai dettami delle correnti letterarie in voga e delle supposte tendenze di mercato. In poche parole, non è così scontato che il valore economico sia inversamente proporzionale al valore artistico. Alla base, forse, c'è un modo pregiudiziale di intendere la parola mercato all'interno della produzione culturale [...]" (da Federica Manzon, Il mercato letterario? Non è il diavolo, "Il Sole 24 Ore Domenica", 07/03/'10; dall'articolo di Federica Manzon in "Nuovi argomenti", 49, 2010)

1 commento:

Anonimo ha detto...

leggere l'intero blog, pretty good