lunedì 15 marzo 2010

I lettori vogliono qualità?


"L'analisi di Federica Manzon sul mercato letterario e le sue imperscrutabili dinamiche, pubblicata domenica scorsa e che condivido in gran parte, è però falsata a mio avviso da un vizio di fondo, quello di mescolare elementi che non hanno nulla in comune, come ad esempio mercato e valore letterario di un'opera. Federica Manzon ha ragione quando dice in sostanza che un libro che vende ha comunque un valore. Sbaglia quando sostiene che questo faccia di ogni libro che vende un'opera letteraria. Nel mercato che così efficacemente descrive nel suo articolo, Federica Manzon dimentica di dire che si vende di tutto, dalle verdure ai gioielli, dal pollame ai tessuti. Lo stesso succede nel mercato letterario. Accanto ai romanzi che segnano un'epoca e che hanno sempre qualcosa da dire si vendono quelli che si consumano in un pomeriggio. Il libro è un po' come il cinema. Non si può paragonare l'ispettore Colombo ai film di Yasujiro Ozu e la popolarità del primo, pure godibilissimo, non aumenta il suo valore inesorabilmente limitato. Allo stesso modo in letteratura non si può paragonare John Grisham a Gabriel Garcìa Màrquez. Il primo è un fumetto senza immagini, divertente ed efficace, ma solo un fumetto che si ripone e si dimentica. Il secondo è un'opera letteraria, che si ricorda e si va a rileggere. Quel che fa la differenza sta nella capacità del lettore di distinguere un'opera letteraria di valore universale da un divertimento superficiale ed effimero. Questo è il vero problema del mercato letterario italiano. In Italia oggi il lettore non è più abituato alla profondità e all'astrazione. La maggioranza degli italiani che ancora leggono, cercano nel libro quel che cercano in televisione: un divertimento facile per passare un paio d'ore. Molto spesso chi legge Grisham non riuscirebbe a leggere Màrquez o Sàbato. Anche se sempre di musica si tratta, un concerto di Sostakovic è diverso da un valzer di Casadei. Ma non c'è bisogno di essere un critico musicale per riuscire ad apprezzare entrambi nei loro distinti contesti e trarre da ognuno quel che ha da dare. Allo stesso modo nella narrativa, il lettore dovrebbe essere in grado di apprezzare sia la scrittura elevata che quella popolare, riconoscendone il diverso valore. Il lettore italiano invece molto spesso non è più in grado di passare dall'uno all'altro genere. Quel che il lettore italiano ha disimparato soprattutto è il rapporto con la parola scritta. La strapotenza dell'immagine lo condiziona al punto che anche fra le pagine di un libro il lettore italiano cerca l'immediatezza televisiva e la sua leggerezza.[...] A questo modo di trattare la lettura chiaramente contribuisce anche il mercato, sfornando libri come se fossero riviste che restano in libreria poche settimane e poi scompaiono. Anche qui, nulla di male finché si abbia la consapevolezza della differenza e nel mercato ideale di Federica Manzon non si pretenda di pagare un mobile d'antiquariato come un truciolato. Si è consapevoli del lavoro che richiede la scrittura di un'opera letteraria e anche magari della sua traduzione? Non basta il tempo, basta il mestiere, non l'estro e neanche l'ispirazione. C'è di mezzo il sentire, il calarsi a scavare nel pozzo del proprio animo e ritornare in superficie un attimo prima di soffocare per l'angoscia ma stringendo fra le mani la parola che ci mancava. Così felici e disperati che quasi viene da piangere quando la si mette accanto alle altre con la trepidazione, la speranza che anche il lettore senta l'inesprimibile infinità che ci è passata accanto per un attimo e che ci accaniamo a provare di raccontare [...]" (da Diego Marani, I lettori vogliono qualità?, "Il Sole 24 Ore Domenica", 14/03/'10)

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