lunedì 21 marzo 2011

The Shallows. What the Internet Is Doing to Our Brains


"La polemica tra apocalittici e integrati, risalente almeno all'apocalittico Socrate, che nel Fedro prevede disastri in seguito all'invenzione della scrittura e conseguente fine della cultura orale, quindi della memoria, si arricchisce di un nuovo tassello col saggio del giornalista americano Nicholas Carr, Internet ci rende più stupidi? (Raffaello Cortina). Carr è ascrivibile agli apocalittici, ma con molte distinzioni e sfumature: se il Baricco dei Barbari è un ottimista temperato, lui è un pessimista tranquillo. Ottimo divulgatore scientifico, si rifà qui, tra l'altro, alle ricerche sul cervello di chi legge condotte dalla neurologa Maryanne Wolf, autrice di Proust e il calamaro (Vita e Pensiero), già segnalato su queste pagine.
Le moderne tecniche di indagine neurologica hanno dimostrato che il cervello, un tempo ritenuto immodificabile, è invece plasmabile a seconda delle esperienze e delle attività del suo «portatore» umano (ma già Freud, prima di inventare la psicoanalisi, aveva fatto ricerche in questa direzione, arrivando in via congetturale a conclusioni analoghe. E curiosi esempi si trovano anche nei libri di Sacks). In tal senso aveva ragione Nietzsche, quando sosteneva che diventiamo ciò che siamo. Ad esempio una ricerca sui violinisti ha dimostrato che le aree cerebrali collegate coi movimenti della mano sinistra, quella che si muove sulle corde del violino, sono molto più sviluppate di quelle dei non violinisti. O che la parte di ippocampo deputata a immagazzinare ed elaborare le rappresentazioni spaziali è più ampia del normale nei tassisti, che peraltro sviluppano meno la parte delegata ad altro tipo di memorizzazioni: la continua elaborazione spaziale richiesta per guidare nel traffico produce una vera e propria redistribuzione della materia cerebrale. Non solo. E' stato provato sperimentalmente che anche un'attività soltanto pensata e non effettivamente agita modifica i circuiti cerebrali, a dimostrazione, sostiene Carr, che la res cogitans può influenzare e modificare la res extensa e che i nichilisti neurologici, col loro determinismo genetico, un po' esagerano.
Ora, secondo Carr, che può considerarsi un epigono di MacLuhan, l'elettronica non solo, come già altri media, si è affiancata al libro, simbolo per antonomasia della cultura tradizionale: grazie alla possibilità di trasmettere la parola scritta, lo sta di fatto sostituendo e trasformando.
Anche se i vecchi mezzi di comunicazione sopravvivono, e magari pure in buona salute, il futuro della conoscenza e della cultura è nei files digitali lanciati alla velocità della luce nel medium universale, il computer. Ormai con un solo strumento facciamo tutto: vediamo filme tv, ascoltiamo musica, leggiamo libri e giornali, scriviamo libri e articoli, impaginiamo testi, mandiamo e riceviamo messaggi, possiamo scaricare saggi altrimenti introvabili, consultare i cataloghi delle biblioteche, vedere quadri e addirittura visitare musei, raccogliamo foto e video casalinghi, li elaboriamo fino a renderli irriconoscibili, facciamo acquisti, paghiamo bollette, creditori e servizi, si possono organizzare manifestazioni, mobilitare le piazze ... e il tutto, o quasi tutto, in modo bidirezionale: con lo stesso strumento si può inviare e ricevere. Miliardi di persone si possono scambiare tutto ciò che è digitalizzabile e possono creare interattivamente.
Ma tutto ciò ha un costo, e pesante. La Bildung del passato era basata sulla concentrazione, lamemoria, la profondità, la fatica, anche del pensare (il famoso «duro lavoro del concetto»!). La rete, con i links che catturano la nostra attenzione per dislocarla immediatamente altrove, con le interruzioni pubblicitarie, visive e sonore, il suo indurci a navigare tra testi e pagine web senza mai nulla approfondire, la sua ipertrofia, e cacofonia, di dati e stimoli ci spinge alla distrazione, quindi all'impossibilità di elaborare mnemonicamente ciò che leggiamo o percepiamo. E la memoria vivente, quella che rimescola i ricordi del passato e crea relazioni, quella che alimenta i nostri pensieri, è molto diversa dal mero recupero di dati in un archivio elettronico. Ma senza quella memoria non siamo più capaci di storicizzare e quindi di sentirci collegati a un futuro e di progettarci.
Immersi in un eterno presente che gira vorticoso su se stesso, viviamo di schegge e frammenti. Neurologicamente più abili e veloci a risolvere problemi e a decidere fra alternative diverse rispetto al lettore concentrato nel silenzio del suo studio, ricchi di informazione decontestualizzata, rischiamo però di diventare prigionieri del meccanismo stimolo/risposta e di lasciarci sfuggire il significato che ci trascende. «Imbottiti di opinioni invece che sapienti, saccenti non saggi», come dice il re Thamus nel Fedro platonico." (da Gianandrea Piccioli, Internettando non cogito più, ergo non sum, "TuttoLibri", "La Stampa", 19/03/'11)

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