mercoledì 2 marzo 2011

1861-2011. L’Italia dei Libri


"Sarà la storia del nostro Paese vista attraverso i libri che in un secolo e mezzo lo hanno segnato, stimolato, fatto sognare e condotto dove è adesso. Ci saranno le copertine e gli autori, le regioni con le loro particolarità linguistiche e culturali, i grandi titoli, i grandi personaggi, i grandi editori. L’Italia dei libri, nel palazzo olimpico dell’Oval, connesso alle strutture del Lingotto, sarà il luogo dove il Salone del Libro metterà il suo segno sulle celebrazione del centociquantenario, dal 12 al 16 maggio. La mostra è stata presentata ieri alla Biblioteca Nazionale dal curatore Gian Arturo Ferrari in un’affollata conferenza stampa con Rolando Picchioni e Ernesto Ferrero per il Salone, i rappresentanti delle istituzioni e quanti hanno contribuito a renderla possibile, dal ministeri dei Beni culturali alla Telecom, partner tecnologico.
Le perplessità sul rapporto fra il costo e la durata relativamente breve (i cinque giorni del Salone) sono state definitivamente superate perché la mostra viaggerà per tutto l’anno, toccando intanto Milano, Firenze, Roma e Bari. L’ambiziosa operazione su cui aveva puntato con grande determinazione Rolando Picchioni è così giunta al traguardo dopo un cammino anche travagliato. Ora non resta che il conto alla rovescia per l’apertura, non senza polemiche. L’impresa di raccontare l’Italia unita attraverso i libri non è affatto facile. Ferrari e il suo comitato scientifico hanno deciso di puntare sull’autonomia dei libri, come ha ripetuto ieri il presidente dell’Istituto per il Libro e la lettura, nonché leader carismatico per anni della Mondadori.
«Non abbiamo cercato i libri relativi all’Unità d’Italia, né tentato una storia della letteratura italiana - ha spiegato -; abbiamo badato al libro in sé, alla sua vita e alla sua particolare condizione». Quella cioè di essere un oggetto che ha un valore, ma che viene anche premiato o meno dalle scelte del pubblico. «E i due aspetti non coincidono». L’onere di raccontare l’Italia dei libri spetta così a 150 opere, non rigidamente una per anno. Si parte dal 1861 con La morte civile di Paolo Giacometti (a molti non dirà nulla, ma si tratta di una pièce teatrale importante, un divorzio all’italiana dove un uomo si uccide per non distruggere la vita della moglie e alla figlia) al Leopardi di Citati. In mezzo ci sono Fosca di Tarchetti e I Malavoglia di Verga e La scienza in cucina di Artusi, i Canti orfici di Campana, Il mondo magico di De Martino, Il male oscuro di Berto.
È difficile fare mostre di libri, oggetti severi, per nulla scenografici. La soluzione dell’architetto Massimo Venegoni, che cura l’allestimento, è una foresta di totem e pannelli dove si rincorrono le copertine, gli autori, le note essenziali. Al centro una sorta di Stonehenge che farà discutere: perché qui svettano 15 «superlibri», 15 «personaggi» e anche 16 super-editori, le icone della lunga avventura culturale. I «personaggi» sono gli intellettuali e scrittori diventati punti di riferimento civili. A loro la ribalta maggiore. Per gli editori, il problema è più complicato: alla fine ce n’è uno in più, perché proprio non si riusciva a fare diversamente, come confessa Ferrari. I nomi: Utet, Ricordi, Treves, Zanichelli, Hoepli, Sonzogno, Bemporad, Laterza, Mondadori, Vallecchi, Rizzoli, Bompiani, Einaudi, Feltrinelli, Adelphi, Sellerio. Manca l’editoria religiosa, cui è però dedicato uno fra i «fenomeni editoriali». Manca anche il Gruppo Gems, terzo in Italia per fatturato dietro a Mondadori e Rizzoli, che ha tra le sue sigle, per esempio, Longanesi, Guanda, Salani, Garzanti, Bollati-Boringhieri: gli editori di Magris, di Gadda e dell’Artusi, di tanti che sono fra i 15 superautori o nella folla delle 150 opere.
Stefano Mauri, amministratore del gruppo, ci resta male. «Non ci sono neppure Il Mulino, la Sei, le Paoline. Sedici editori: e perché allora non diciassette o trenta? È un’idea sbagliata che lascia il tempo che trova». P
erò i vostri autori sono in evidenza. «Proprio la loro presenza sottolinea la mancanza della case editrici. Si dimentica il nostro Mario Spagnol, protagonista del più grande successo editoriale. Forse vogliono nascondere questo fatto incontestabile, non so. Gli altri due grandi gruppi sono ben rappresentati».
La risposta di Ferrari è che Spagnol sarà nella storia raccontata dal personaggio di Leo Longanesi, così come la Garzanti sarà nel pannello dell’editore Treves, cui subentrò appunto Livio Garzanti. «Il pubblico non distingue il cartellone dell’editore da quello del personaggio. E la mostra non è fatta di quote di mercato. Abbiamo guardato alle case editrici, non ai gruppi», conclude.
Nessuno sgarbo quindi? «Se c’è uno sgarbo è all’editoria italiana e al suo pluralismo - insiste Mauri -. Dopodiché, noi siamo la vittima numero uno». La discussione si annuncia rovente. Se non per i prossimi centocinquant’anni, basta e avanza per centocinquanta giorni." (da Mario Baudino, L'Unità d'Italia fa crescere una foresta di libri, "La Stampa", 02/03/'11)

L'Italia dei libri (con amnesie) ("Corriere della Sera")

I libri che hanno fatto l'Italia ("Il Sole 24 Ore")

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