giovedì 24 marzo 2011

Ne uccide più la penna


"Ne uccide più la penna (Rizzoli), un’indagine di Mario Baudino nel mondo segreto dei detective bibliofili, personaggi assai riservati che si nascondono nelle pagine della letteratura gialla: aristocratici inglesi come l’impareggiabile Lord Peter Wimsey, primo della serie, inventato da Dorothy L. Sayers, o lettori compulsivi e bulimici come Nero Wolfe, poliziotti, dandy e persino ladri. Accanto a loro, spesso, un gatto. E su tutti l’ombra di un oggetto mitico che dalle Mille e una notte a Umberto Eco affascina gli scrittori bibliofili: il libro che uccide.

Philip Marlowe, nel Grande sonno, comincia la sua avventura entrando in una libreria antiquaria, e con una semplice domanda riesce a farsi un’idea abbastanza precisa del fatto che il luogo è assai sospetto. Chiede a quella che pare una graziosa commessa, ma che potrebbe anche non esserlo, un’edizione inesistente. La risposta imbarazzata («Non ce l’abbiamo») gli permette di capire che la ragazza non sa nulla di libri. Qualche lettore di Chandler si sarà chiesto quanto ne sappia a sua volta il grandioso personaggio, e forse ha concluso che non è molto esperto neanche lui. Prima di entrare in libreria, infatti, è stato in una biblioteca pubblica a consultare qualche bibliografia: la conclusione più ovvia è dunque che si trattava di un trucco da bravo investigatore, che sa improvvisare in base alle necessità, e che il passaggio non è essenziale. Da una breve indagine tra i lettori che hanno letto e apprezzato quel gran libro, le risposte confermano: quasi nessuno ricordava l’episodio, salvo un noto antiquario.
Se Marlowe sia o no un investigatore bibliofilo forse non è un problema così importante. Anzi, non lo è di sicuro. Sappiamo con certezza che è uno scacchista piuttosto abile, che è un buon lettore e che ogni tanto si diverte a prendere in giro le clienti che lo ritengono, in quanto investigatore privato, un tipo magari intelligente ma certissimamente ignorante. [...]
Non so se Marlowe sia bibliofilo, e che tipo di bibliofilo, anche se per consultare una bibliografia ci vuole qualche conoscenza specifica, e quanto meno occorre sapere che le bibliografie esistono. In ogni caso, se lo è, non rappresenta una rara eccezione, non è solo: intorno a lui, prima e dopo di lui, c’è una serie non irrilevante di eroi dei libri, detective molto particolari, gente che in certo qual modo risolve i misteri del mondo partendo da una biblioteca, reale o immaginaria. Sono tipi solitari, non fanno comunella; si somigliano molto, ma gli autori in genere negano con decisione di averli tratti da altri romanzi, d’aver fatto un pezzo di strada con loro trovandoli altrove e consegnandoli a qualcun altro, alla fine. Sono molti, ma al fondo sono uno: un personaggio che muta nel tempo pur rimanendo fedele a se stesso, il che significa fedele al suo amore quasi maniacale per i libri.
Nella lunga storia del giallo, che è ovviamente il suo terreno di caccia preferito (ma, come vedremo, non l’unico), esordisce nelle vesti di un nobile e ricco collezionista di cose belle un gentiluomo britannico decisamente snob con la passione per le indagini, e via via diventa un elegante borghese americano che comincia a badare al sodo, si incarna in detective privati decisamente in bolletta ma animati da nobilissimi ideali, si fa libraio antiquario, dei nostri tempi o magari dell’Ottocento, commissario di pubblica sicurezza bibliofilo per amore e infine anche ladro, bibliofilo e antiquario per copertura, anche se innamoratissimo di questo secondo lavoro. All’occorrenza si atteggia a duro, con esiti a volte esilaranti. I tempi si evolvono, e il personaggio si adegua. Ha un certo talento per i travestimenti: per esempio, nel Nome della rosa lo troviamo nei panni di un dotto francescano, inquisitore riluttante, che si mette in avventura e diventa detective, in fondo, solo per il grande amore verso i libri e per il desiderio di poter visitare la biblioteca-labirinto dell’abbazia in cui arriva a sbrigare affari di una certa rilevanza politica.
Nel Trecento la distinzione fra bibliomane e amante dei libri è forzosamente vaga, ma Guglielmo da Baskerville fa certamente parte della schiera: sembra averli letti tutti, e inoltre sa riconoscerli a colpo d’occhio, a naso, a citazione; risolve il mistero non solo grazie alla sua vasta cultura, ma scoprendo infine un libro che uccide, e cioè il santo graal di tutti gli scrittori bibliofili dotati di una vena un po’ noir, il tesoro nascosto e maledetto che irradia il suo inquietante mistero dalle Mille e una notte ai nostri giorni.
Forse il detective bibliofilo è l’unico che sta al di sopra (o al di sotto, fate voi) dei romanzi gialli in cui si trova ad agire; forse è una provocazione, una beffa, l’autore che, guidato da una propria passione, si fa prendere la mano, o semplicemente la prova che le cose, a questo mondo, non sono mai quelle che sembrano, e anche i romanzi osservano compunti la regola. È l’espressione di un paradosso, visto che nella realtà succede di rado. A me non è mai accaduto di incontrarne uno, anche se ciò non significa che non esista. Ci saranno sicuramente commissari o magistrati che amano collezionare libri: ma la loro passione, a quanto risulta dalle cronache, non sembra essersi incrociata, in nessun caso noto, con la loro attività.
Nella letteratura, invece, il legame è inestricabile. Da un lato, come è evidente, il detective bibliofilo incarna la convinzione in base alla quale se uno sa decrittare i libri è in grado di risolvere qualunque imbroglio, cioè decrittare il mondo; dall’altro è anche vero che pedinamenti, cacce notturne e diurne, vite spericolate, agguati e sparatorie suggeriscono un ambito fortemente estraneo e anzi del tutto opposto alla quiete silenziosa di una libreria o di una biblioteca. Ma il diavolo dell’avventura si annida tra le copertine: e il detective bibliofilo, nella sua eccezionalità, è forse il personaggio letterario che meglio incarna il mistero e la sacralità di cui ogni libro è intriso.
Forse per questo è vissuto in clandestinità. Come un cacciatore di fantasmi, o di vampiri, ha coltivato con grande riservatezza la sua bizzarra ossessione di incontrare finalmente un avversario degno di lui, di cui sospetta ed evoca periodicamente l’esistenza. Per fare ciò, ha dovuto nascondersi. Ha cercato di non farsi notare, ha cancellato di volta in volta le tracce persino dopo qualche trionfo nelle classifiche dei best seller, sempre aspettando l’incontro, il combattimento finale con la sua preda inquietante. È astuto: lungo un secolo e più di storie gialle ha saputo vivere nell’ombra, e lì preparare le sue trappole. Questa volta, forse, abbiamo capito che cosa cerca davvero. Come si dice nei polizieschi, lo abbiamo incastrato." (da Mario Baudino, Quando il libro uccide,
Marlowe indaga
, "La Stampa", 23/03/'11)

1 commento:

vera ha detto...

Ciao Silvana, fai un gran bel lavoro con questo blog che ispira lettura e cultura. Meriti una segnalazione per il kreativ blogger award.
Vera
www.panchinedimilano.com