mercoledì 30 marzo 2011

Poetry


"Ci vuole un bel coraggio oggi per realizzare un film in cui la parola che ricorre con maggiore frequenza è «poesia». E non importa se si è italiani, americani o, come Lee Chang-dong, coreani. «Come immagino stia accadendo anche in tanti altri paesi anche nella società coreana la poesia sta perdendo sempre più importanza», spiega Lee Chang-dong. «Alcuni scettici criticano la poesia dicendo che non potrebbe certo darci da mangiare». E questa l'abbiamo già sentita: tutto il mondo è paese, si diceva una volta. Così Lee Chang-dong, 56 anni, insegnante, poeta e romanziere, ex ministro della cultura, regista premiato a Cannes e Venezia, sfacciatamente ha addirittura titolato Poetry il suo film. Il quale, fresco vincitore degli Oscar asiatici (dopo essere entrato nel palmarès dell'ultimo Cannes), esce il primo aprile nelle nostre sale distribuito dall'indipendente Tucker Film. «La poesia sta morendo», dice il regista. «È questo il motivo principale per cui ho girato il mio film. Naturalmente non mi riferisco alla poesia solo come forma letteraria, la poesia consiste anche nella ricerca di una bellezza invisibile ai nostri occhi, nella ricerca delle verità nascoste intorno a noi e serve a porci domande sulla nostra esistenza». Questo compito, nel film, il regista lo assegna a Mija, un' anziana signora che scopre di essere affetta da Alzheimer e, prima di precipitare nell'oblio, si impegna a cercare il senso delle cose prendendo lezioni di poesia. Sarà questa ricerca ad aiutarla a prendere la decisione giusta quando scopre che il nipote adolescente ha partecipato a uno stupro di gruppo che ha causato il suicidio della vittima. «Il film parla anche delle relazioni fra le generazioni. Volevo capire quali fossero i metodi di comunicazione usati dai giovani» dice il regista «Mija non può comprendere suo nipote né comunicare con lui, che rappresenta un mondo in cui lei non esisterà più. E la tv pare diventata l'unico interlocutore di questi giovani». In questo è impressionante l'analogia di comportamenti che unisce la società coreana alla nostra. Quando i genitori dei ragazzi del branco cercano di mettere a tacere tutto pagando la madre della ragazza suicida non facciamo fatica a credere che potrebbe succedere anche da noi. «Credo che in generale sarebbe questa la reazione comune per un genitore, non solo nella società coreana», ammette Lee Chang-dong «Gli uomini in particolare troppo spesso ignorano la questione delle violenze sessuali con eccessiva tranquillità. Anche se la mia intenzione era piuttosto mettere l'accento sullo strano rapporto che spesso intercorre fra la nostra vita e la moralità». Da ministro della Cultura del suo paese, Lee Chang-dong racconta di essersi battuto «per cambiare la percezione che la cultura dovesse dipendere dall'economia. Penso che il governo di un Paese non dovrebbe mai operare tagli drastici, ma finanziare la cultura senza lederne l' autonomia e rispettare le regole. Il pericolo da evitare è che la politica pretenda di intervenire troppo in cambio dei finanziamenti»." (da Aldo Lastella, Fra poesia e violenza sarà la cultura a salvare l'Occidente, "La Repubblica", 25/03/'11)

Nessun commento: