sabato 28 agosto 2010

Drood di Dan Simmons


"'Droodisti": bisogna partire da questo neologismo, concepito da un critico letterario inglese, per orientarsi nel romanzo di Dan Simmons, Drood. Come notò a suo tempo Stefano Manferlotti, i "Droodisti" rappresentano una tribù composta dalle migliaia di lettori che a partire dal 9 giugno 1870, data della morte di Charles Dickens, non hanno mai smesso di interrogarsi sulla sua ultima opera: Il mistero di Edwin Drood. Subito definito come la più misteriosa storia mai scritta, il libro risulta in effetti doppiamente misterioso: sia per il genere evocato nel titolo, sia per la sua natura incompiuta - Guido Almansi parlò di una autentica "menomazione". Alle sostanziose spezie della trama (con scomparse, sospetti di omicidi, eredità favolose, ricorso al mesmerismo e abuso d'oppio), si aggiunse insomma il brivido per la ricerca di un finale che Dickens non aveva rivelato a nessuno, né affidato ai suoi appunti (sebbene si dicesse che, poco prima di spegnersi, egli avesse concesso qualche anticipazione nientemeno che alla regina Vittoria). Il Drood di Simmons (Elliot) è dunque solo il più recente prodotto del "droodismo", e come tale viene riconosciuto dai lettori anglosassoni.
Per dare un'idea di quanto vasta sia l'industria letteraria fiorita intorno all'ultimo capolavoro di Dickens, basti ricordare che sono state avanzate più di duecento "soluzioni" diverse. Tra le più recenti, quella di Matthew Pearl, l'autore del fortunato Circolo Dante, con il suo romanzo Il ladro di libri incompiuti (Rizzoli).
Si potrebbe immaginare un passatempo più squisitamente inglese? Eppure, in questo secolare cruciverba indiziario, l'Italia spicca con un campione illustre, ossia La verità sul caso D. (Einaudi), firmato da Fruttero & Lucentini. Il testo racconta il progetto di alcuni sponsor giapponesi di riunire a Roma, nei pressi della Cecchignola, i massimi investigatori d'ogni tempo e paese: da Holmes, Dupin, Padre Brown, Maigret, a Marlowe, Wolf e Poirot. Sarà proprio quest'ultimo a scoprire la più incredibile delle verità: il mistero di Edwin Drood nasconde l'assassinio dello stesso Dickens da parte di Wilkie William Collins, suo amico e collaboratore, ma in realtà divorato dall'odio e dall'invidia. Ed eccoci tornati a Simmons. Il perché è presto detto: il suo Drood rappresenta infatti la torrenziale, amara e visionaria deposizione in prima persona dello stesso Collins. Maestro del fantastico e del giallo, padre del poliziesco, in certo senso il romanziere fu condannato, come Salieri nei confronti di Mozart, a subire la supremazia dell' ingombrante collega. La voce che ci parla da queste pagine è insomma quella di un uomo conscio della propria inferiorità (si pensi anche al Soccombente di Thomas Bernhard, Adelphi), un uomo che tuttavia, invece di Dickens, si limiterà a uccidere ... un idraulico.
Ma cerchiamo di riassumere la trama senza svelarne le numerose sorprese. Se Drood corrisponde a un immaginario resoconto della vita di Dickens nei suoi ultimi cinque anni, è per una ragione ben precisa: tutto comincia il 9 giugno 1865, quando il treno su cui viaggiava il grande romanziere fu coinvolto in uno spaventoso deragliamento. Anche senza scomodare le analisi che Freud dedicò alla nevrosi traumatica da incidente ferroviario, Simmons sottolinea bene l'eccezionalità di una simile esperienza, eccezionalità confermata dal fatto che proprio sul luogo del disastro, fra morti e feriti, fa la sua comparsa il protagonista dell'intera vicenda: un uomo pallidissimo, senza palpebre e naso, vestito di nero, solcato di cicatrici, nato in Egitto da un padre londinese e chiamato appunto Drood. Angelo o diavolo? Signore di un antica ricchezza sapienziale che risale alle origini mosaiche, o padrone di un regno delle tenebre denominato Sotterra, nonché responsabile di oltre trecento omicidi? Le due tesi si alterneranno per tutto il libro, fino a mettere in dubbio l'esistenza di una simile, soprannaturale creatura. Ma a rendere ancora più avvincente la vicenda, come ha osservato Tommaso Pincio, sta il personaggio di Collins, un oppiomane, afflitto da gotta reumatica e sindromi paranoiche che lo inducono a credere di essere costantemente accompagnato dal proprio alter ego. Al culmine di tale delirio, il narratore si vedrà inserire all' interno del proprio corpo, per mano dello stesso Drood, uno scarabeo magico, diventando così un posseduto. Le atmosfere egizie e vittoriane si sovrappongono adesso a effetti cinematografici degni di Cronenberg. Ma sarebbe scorretto svelare la conclusione: basti dire che le ultime pagine sono dedicate alle famose tournées di letture pubbliche che Dickens tenne in Gran Bretagna e Stati Uniti con un successo senza pari. Secondo Collins, tutto ciò era possibile grazie alle sue forze mesmeriche e magnetiche, capaci di anestetizzare gli ascoltatori. L'autore di David Copperfield si mostra allora sotto una nuova, sconvolgente luce: «Era un vampiro, e le occasioni pubbliche gli occorrevano per risucchiare dagli spettatori le energie necessarie a tirare avanti un altro giorno»." (da Valerio Magrelli, Il circolo Dickens, se la vita d'autore diventa un giallo, "La Repubblica", 28/08/'10)

1 commento:

Anonimo ha detto...

vorrei segnalare un articolo interessante su
http://totanisognanti.blogspot.com/2010_10_03_archive.html