martedì 3 marzo 2009

Turista della neve di Charlie English


"Una notte d'autunno il giornalista londinese Charlie English, mentre sta per andare a letto, indugia a guardare gli effetti di una copiosa nevicata anticipata e, seguendo il vagare dei fiocchi sospinti qua e là dal vento, si domanda quanti cristalli di neve possano giacere sul tratto di via davanti a casa: milioni probabilmente, e alcuni miliardi nel resto dell'isolato. Gli viene in mente che qualcuno ha stabilito che ogni secondo si creano sulla Terra milioni di miliardi di cristalli di neve. Un guazzabuglio di prismi, esagonali semplici o a forma di stella, con la caratteristica che nessuno è uguale a un altro. Insieme lo coglie la nostalgia per i giochi sulla neve da bambino con suo padre. E' allora che English - firma del Guardian, quarantenne, sposato, con tre figli - decide una straordinaria serie di viaggi collegati dalla neve. Una spedizione tra i fiocchi che gli porta via qualche anno. «Avrei visitato i più bei luoghi innevati al mondo, scoperto come la gente conviveva con la neve, e cosa ci faceva». Il risultato finale è un originale libro, Turista della neve (The Snow Tourist), in uscita da Donzelli: un ineguagliabile diario di esperienze e emozioni, dalla vita con gli Inuit nell'isola di Baffin al quadro di Breugel Cacciatori nella neve, dal Monte Bianco al Richiamo della foresta. Prima di partire, però, English si attrezza con una mole di libri sulla neve. Legge o rilegge un po' di tutto: gli avventurosi viaggi di Scott nell'Antartico, la traversata della Groenlandia con gli sci di Nansen; biografie di Keplero e di Cartesio, entrambi autori di studi in cui si domandano perché i fiocchi siano sempre composti da sei angoli e sei bastoncini. E ancora: Snow Crystals di Wilson Bentley, non uno scienziato bensì un agricoltore, che nell'Ottocento fotografò 2500 fiocchi sostenendo per primo che non ce n'era uno uguale a un altro (a lui è dedicato un museino della neve a Jericho nel Vermont). Quindi monografie su Breugel e Monet, pittori della neve, poesie di Byron e Frost, romanzi di Jack London, storie dello sci, guide delle Alpi, manuali sulle valanghe, bollettini che documentano le bufere di neve più violente. Così il giornalista londinese acquisisce un bagaglio di nozioni, sia scientifiche sia antropologiche: impara ad esempio che per gli Inuit la neve funge sia da transito sia da dimora per le anime, mentre nella cultura giapponese lo spirito della neve, Yuki-onna, s'identifica con la morte. Oppure scopre che ogni anno le città americane di Buffalo, Syracuse, Rochester, Binghamton e Albany si contendono il trofeo Golden Snowball, destinato a quella con maggiori nevicate. Il viaggio comincia nell'isola di Baffin nel Nord del Canada, luogo fra i più freddi al mondo, abitato dagli Inuit. Questa popolazione, così come i Sami della Finlandia o i Koryak della Siberia, usa la neve per costruire gli igloo, e ne ricava anche l'arredamento per l'abitazione. Inoltre ci fa muri frangivento e piattaforme per conservare le carni fuori dalla portata dei cani. Nella considerazione comune la neve è un elemento naturale un po' magico, un po' pittorico, oltre che buono per l'esercizio sportivo. Ma il libro mostra aspetti assai più complessi: 'Gli Inuit sapevano sfruttare la neve in un'infinità di modi - scrive English - e conoscevano centinaia di stratagemmi per conviverci e percorrerla'. Conosce Billy, guida e cacciatore Inuit di Qikiqtarjuaq, condivide brevemente la sua quotidianità, impara a costruire un piccolo igloo, e passa con lui una notte di gelo, in una tendina sulla neve, con temperatura polare di meno quaranta. Da Baffin a Chamonix, per una settimana in alta quota con guida. E' l'occasione per una ricognizione sulla storia dello sci. La prima documentazione rintracciata da English è un libro cinese fra il 211 e il 206 a. C., dove si parla di un popolo che si muoveva sulla neve grazie a 'una tavola in legno con punta a forma di zoccolo d'animale'. Successivamente le testimonianze dalla Scandinavia del XII secolo: 'I Finni hanno sempre viaggiato scivolando rapidamente su tavole in legno'. Fino all’evoluzione dello sci moderno, dominata dalle figure di tre pionieri: il norvegese Sondre Norheim, nato a Telemark nel 1825, inventore delle curve Telemark e Christiania, il primo a praticare il salto con gli sci, e l'austriaco Mathias Zdarsky, perfezionatore della tecnica di discesa spostando il peso a monte. Quindi l'esploratore Fridtijof Nansen, per il quale sciare «era intrinseco all'animo norvegese», che nel 1888 attraversa la Groenlandia in quaranta giorni. Non si perde, English, il posto più nevoso del mondo: Thompson Pass, a Valdez in Alaska, dove la neve 'cade a secchiate'. In questo luogo reso mitico dalla corsa all'oro, il giornalista incontra Matt, sessantenne, faccia raggrinzita, che lo introduce ai segreti e ai pericoli delle valanghe, spiegandogli che la neve 'può ucciderlo in qualunque momento'. Poi il ritorno nelle capitali europee, per vedere le tele di Breugel e Monet, ma soprattutto i due grandi interpreti romantici della neve, Caspar David Friedrich e William Turner. L'ultima tappa è un ritorno a casa, fra i pendii vicini quanto inospitali delle montagne scozzesi, aspre e gelide come i loro nomi gaelici. Un'appendice registra record e liste, come i romanzi o i quadri o i film più nevosi (da Nanuk l’eschimese di Flaherty nel 1922 a Fargo dei fratelli Cohen nel 1996). C'è anche il fiocco più grande: 38 cm di larghezza, 20 cm di spessore, trovato nel Montana nel 1887. Ecco la lista dei 10 racconti 'più nevosi' prediletti da Charlie English:
Dickens, Canto di Natale (1843)
Andersen La regina della neve (1844)
London, Il richiamo della foresta (1903)
Cherry-Garrard, Il peggior viaggio del mondo (1922)
Lewis, Le cronache di Narnia (1950-56)
Briggs, Il pupazzo di neve (1978)
Shackleton, Ghiaccio (1982)
Høeg, Il senso di Smilla per la neve (1992)
Guterson, La neve cade sui cedri (1994)
Pullman La bussola d’oro (1995)" (da Alberto Papuzzi, Quante storie sotto la neve, "TuttoLibri", "La Stampa", 28/02/'09)

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