sabato 27 dicembre 2008

Harold Pinter 1930 - 2008


"Come spesso accade per gli scrittori veramente grandi, di Harold Pinter abbiamo conosciuto molte dissimili facce da quando, cinquantadue anni fa, si rivelò ventisettenne nelle vesti di commediografo con La stanza a cui seguì, in un breve giro di tempo una serie di testi che l'avrebbero fatto rapidamente catalogare tra gli 'arrabbiati', allora intenti, sulla scia di Osborne, a mettere a nuovo la scena del teatro londinese e non soltanto. Ma era difficile dare una qualifica restrittiva a uno scrittore che era al tempo stesso attore non solo per i suoi testi, soggettista per il cinema, poeta, e che riusciva a dar voce a tutte queste sue qualifiche alla pari e per di più lo avrebbe presto dimostrato con quella serie di opere rivoluzionarie oggi divenute classiche, ovvero lo stupefacente poker costituito da Il compleanno, Il guardiano, Il calapranzi e Il ritorno a casa, sulle prime così poco considerate in patria per le situazioni affrontate e per il modo di svolgerle, ma via via lette con agilità dappertutto, in Europa e nel mondo. Ed erano lavori non solo passibili di riferimenti agilmente vaganti tra Cechov, Kafka e Beckett per la profondità con cui l'autore sapeva leggere nella trasparenza della vita il senso del mistero e viceversa, contestando allo stesso tempo il modo di vivere imposto dall'establishement. [...] Come è ben noto Pinter vinse tre anni fa il Nobel per la letteratura, che da qualche anno frequenta con deciso interesse il teatro, e nella motivazione si leggeva tra l'altro che l'autore ' ... svela il baratro sotto le chiacchiere quotidiane e ci costringe a entrare nelle chiuse stanze dell'oppressione'. Nella sua risposta lo scrittore annotava una propria frase del 1958: 'Non vi sono confini netti tra reale e irreale né tra vero e falso. Una cosa non è necessariamente vera o falsa, può essere, contemporaneamente, sia vera che falsa'. E' una risposta che ci conduce diritti ai suoi personaggi perennemente in bilico tra le molte possibili verità, a volte tra le loro stesse identità, dove nulla è scontato e loro stessi vengono lasciati liberi, entro certi confini, nei rispettivi modi di esistere e nei possibili comportamneti in un contesto che spesso rimane indecifrabile, mentre non si può sapere nulla né del prima né del dopo, e neppure della loro esistenza, come capita ad altre creature beckettiane, ma col vantaggio però di parlare una lingua ricca di giochi compiaciuti e, a differenza di quei condannati, immesse a rispecchiarsi in un mondo levigato come il nostro, concedendosi un gioco intrigante di un dialogo sempre ai massimi livelli di inventiva, con gran godiemnto per i registi, gli interpreti e gli spettatori." (da Franco Quadri, Harold Pinter, un teatro sempre aperto, "La Repubblica", 27/12/'08)

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