mercoledì 6 febbraio 2008

Tre volte invano di Emiliano Poddi


"Dopo Fabio Geda (Per il resto del viaggio ho sparato agli indiani), la Instar libri mette a segno un altro esordio notevole. Emiliano Poddi (Brindisi 1975) vive a Torino da cinque anni, ha studiato alla Holden dove poi è rimasto come insegnante, scrive per la radio e per il teatro. Ha un fresco passato di cestista (playmaker), e una carriera nei campionati minori interrotta da un infortunio. Tre volte invano racconta appunto di un ragazzo del Sud che cresce nella passione del basket e la vive come costruzione del sé ed esperienza del mondo, inseguendo con determinazione verso la grande partita che cambierà il suo futuro. In fondo anche una squadra di basket è un microcosmo sociale, le sue leggi e le sue dinamiche riproducono quelle più vaste degli scontri-incontri che si vivono fuori dei palazzetti degli sport. I giochi collettivi restano un grande serbatoio di storie romanzesche, e forse proprio per questo appassionano tanto le masse illetterate quanto gli ipercolti. Come in altri romanzi e racconti d'ambiente sportivo, da Testori ad Arpino, dall'Osvaldo Soriano di Fútbol a Voltolini, ad Antonio Franchini e alle sue palestre di arti marziali, la pratica agonistica, con il suo sistema di regole e di segni, diventa presto metafora, apologo, cifra simbolica di una partita che è di tutti: quella che si gioca tra vocazione e destino, progetto e realizzazione, necessità e caso malevolo 'a due minuti e diciassette dalla fine'. Come nella vita, sono proprio gli scarti minimi dell'imprevedibile a inventare svolte drammatiche, a creare suspense. Nel romanzo di Poddi tutto è realistico e tutto è trasfigurato. Si veda ad esempio la bella pagina che ferma l'attimo in cui l'arbitro solleva in aria il pallone su cui i due pivot avversari si avventeranno. Da quell'interminabile attimo di sospensione tutto deriva: 'Una delle due squadre può gestire il primo possesso e da questo discende tutta una catena di conseguenze inarrestabili i cui anelli sono canestri di ferro intrecciati tra loro, l'ultimo dei quali ti porterà dritto in un'altra città, fuori dell'interzona, o magari al punto di partenza'. Voglio dire che il pubblico potenziale del romanzo è ben più vasto di quello che pratica o segue una disciplina sportiva, così come Il vecchio e il mare non è un racconto per pescatori. Merito di una scrittura già matura, precisa, sicura dei propri mezzi ma senza esibizionismi o spavalderie. L'esercizio sportivo insegna anche questo: la fatica della preparazione, la misura, l'umiltà (le sconfitte sono più numerose delle vittorie), ma sotto di quelle l'intensità, la tensione vera. Tra centrare un canestro e centrare una pagina le differenze non sono molte. Per sua e nostra fortuna, Poddi ha segnato un bel canestro, e può guardare con fiducia ad altre partite importanti." (da Ernesto Ferrero, Il ragazzo del sud va a canestro, "TuttoLibri", "La Stampa", 02/02/'08)

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