Rossa. Immagine e comunicazione del lavoro 1848-2006 (Skira, 2007)
"Da Sesto San Giovanni e dagli scioperi del marzo 1943 è giunta fino a noi la foto, notissima, degli operai davanti ai cancelli della fabbrica, fermi, a braccia
incrociate. Quale che sia l'attendibilità dell'attribuzione, resta la straordinaria
potenza simbolica di quella immagine. Allora, nel cuore del Novecento, era così. Agli operai bastava incrociare le braccia per fermare tutto, la produzione, la politica, la guerra. Era un gesto che significava sottrarre il lavoro degli uomini al dominio delle macchine, che voleva dire restituire ai corpi la loro forza e la loro dignità, in una messa in posa dai tratti classicheggianti che finiva con l'attribuire all'uomo massa del Novecento i caratteri sportivi e muscolari dei modelli greci. Quella foto, insieme a una mole straripante di altri materiali iconografici (bandiere e fotografie, giornali e cartoline, film e spille, manifesti e distintivi), campeggia ora nella mostra Rossa. Immagine e comunicazione del lavoro 1848-2006, allestita in occasione del centenario della Cgil. Un lungo viaggio nel tempo che partendo dalla compattezza monumentale dell'iconografia della prima metà del Novecento (corpi plastici e armoniosi, mani che si stringono solidali, attrezzi di un lavoro tutto fisico, badili, falci, martelli, incudini, picconi, pale, cazzuole) finisce progressivamente per incontrare rappresentazioni più frammentate, altri stili grafici, percorsi che ammiccano ai linguaggi della pubblicità e che attingono i loro modelli direttamente al mondo della comunicazione e dello spettacolo.
ROSSA, A TORINO DAL 2O FEBBRAIO. La mostra arriva ora a Torino, al Pala-Fuksas dal 20 febbraio al 4 maggio, quasi a voler ricordare come si sia consumata per intero una lunga parabola che dai corpi possenti e statuari del 1943 arriva a quelli straziati e bruciati degli operai Thyssen. La foto del 1943 rinvia a quella che allora si chiamava 'centralità operaia', un omaggio al secolo del fordismo e della produzione di massa, a un'epoca segnata dall'egemonia della grande impresa che impiegava migliaia di operai, dal conflitto in fabbrica come elemento essenziale per 'costruire' identità e appartenenze politiche e sociali. Quella del corteo per le vittime dell'incendio suggerisce grida strazianti di dolore e di sconfitta, lo spaesamento di chi stenta a trovare una sua collocazione nella politica e nella società. Da un lato la fierezza della lotta e dello sciopero, dall'altro una certificazione di esistenza inseguita attraverso i media e la messa in scena del proprio dolore. Il lavoro si ripropone oggi unito alla sofferenza, quasi a voler mettere definitivamente tra parentesi la classicità ispirata alle ideologie novecentesche per ritornare alla cruda verità che affiora dalle rappresentazioni impietose e drammatiche della sua realtà ottocentesca." (da Giovanni De Luna, Operai in mostra, dalla fierezza al dolore, "TuttoLibri", "La Stampa", 16/02/'08)
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