venerdì 1 febbraio 2008

Alla ricerca di Omega di Gregory Chaitin


"Alcune idee della matematica emanano un fascino particolare anche per chi non è un cultore di questa disciplina: sono le idee che ci obbligano a guardare il mondo con occhi nuovi, sovvertendo gli schemi di pensiero attraverso i quali siamo soliti organizzare l'attività conoscitiva. È questo il caso di tre nozioni chiave, tra le più profonde che siano state elaborate dalla scienza del XX secolo: incompletezza, complessità, casualità. Nel 1931, quando aveva appena venticinque anni, Kurt Gödel pubblicò i suoi due celebri teoremi di incompletezza, inaugurando una nuova era
della logica matematica. Sistemi formali come l'aritmetica - quella stessa che si impara alle elementari - sono incompleti, nel senso che necessariamente danno luogo a enunciati che non possono essere dimostrati né confutati all'interno del sistema stesso, cioè enunciati indecidibili. Se il risultato di Gödel rende necessaria una revisione critica del concetto di verità matematica, le ricerche sulla complessità, che a partire dagli Anni Cinquanta hanno spaziato in ambiti disciplinari assai diversi tra loro - dall'informatica alla teoria delle probabilità -, vanno a toccare questioni più elusive, che riguardano direttamente la nostra comprensione della realtà che ci circonda. In che senso diciamo 'semplici' alcuni fatti o fenomeni e non altri? È possibile, come sembra postulare la fisica, che un universo complesso sia governato da leggi semplici? O piuttosto, come già osservava Leibniz nel suo Discorso di metafisica, l'esistenza di una complessità eccessiva, irriducibilmente capricciosa rende vuota la nozione stessa di legge? Strettamente legata - ma in maniera misteriosa - alla questione della complessità è quella della casualità (in inglese, randomness). Lanciando una moneta non truccata dovremmo ottenere una sequenza casuale di teste e croci: se risultasse croce per 100 volte di fila, certamente ci metteremmo in sospetto, mala teoria delle probabilità ci insegna che questa è sequenza ha la stessa probabilità di verificarsi di qualsiasi altra sequenza di 100 lanci in cui si alternano teste e croci (compresa quella di 100 teste). Come interpretare questo apparente paradosso?
Alla ricerca di Omega di Gregory Chaitin, che lavora presso il Centro di ricerca T. J. Watson Research dell'Ibm, guida il lettore all'esplorazione - appassionata, a tratti erratica, mai noiosa - di un vasto territorio tra la matematica, la logica e l'informatica, nel quale incompletezza, complessità e casualità non sono nozioni disgiunte l'una dall'altra, ma rappresentano tre diversi avatar di un unico, inscindibile concetto nell'ambito teorico della computer science. Nella Anni Sessanta, in maniera indipendente da Ray J. Solomonoff e Andrej N. Kolmogorov, ciascuno dei quali autore di ricerche fondamentali in questo campo, Chaitin (all'epoca giovanissimo) contribuì a fondare la cosiddetta 'teoria algoritmica della complessità' (segnalo che un prezioso volumetto con questo titolo, che raccoglie quattro saggi di Chaitin, è stato pubblicato da Giappichelli nel 2006, a cura di Ugo Pagallo). L'idea di base è abbastanza semplice: per misurare la complessità di una certa stringa di 0 e 1 dobbiamo considerare la lunghezza della stringa più corta, che fatta girare come programma su un qualche computer, produce in output la stringa data. A partire dalla nozione di complessità algoritmica, Chaitin riuscì a provare un proprio teorema di incompletezza, da cui è possibile derivare quello di Gödel: la dimostrazione di questo risultato si può collegare al cosiddetto paradosso di Berry, secondo il quale 'il più piccolo numero che non si può definire in meno di quindici parole' è stato appena definito in meno di quindici parole con la frase tra virgolette! Successivamente, nel 1975, nel tentativo di dare alla propria impostazione la massima generalità, Chaitin definì il numero Omega, che dà il titolo al volume. Questa quantità - detta 'probabilità di fermata' perché connessa al problema della fermata di Alan Turing - è espressa (in codice binario) da una sequenza infinita di 0 e 1 'irriducibilmente' casuale e, per questa stessa ragione, non calcolabile. Per quanto affascinanti siano le idee esposte da Chaitin, e nonostante la sua indiscutibile verve, questo volume non manca di suscitare qualche perplessità. Non è tanto l'irrefrenabile propensione dell'autore ad autoincensarsi (fino al punto di porsi allo stesso livello di Leibniz) a risultare stonata, quanto la tendenza a fondare non poche affermazioni non su solide argomentazioni ma su slogan che suonano puramente retorici. Dalle mirabolanti proprietà di Omega - i suoi bit sarebbero fatti matematici 'veri senza alcuna ragione' - Chaitin desume che l'universo della matematica avrebbe una complessità infinita e che, di conseguenza, i matematici 'postmoderni' dovrebbero abbandonare il metodo assiomatico come un inutile ferro vecchio e sviluppare la propria disciplina in maniera sperimentale, ispirandosi a discipline quali la fisica o la biologia. Nessuno può dire come sarà la matematica di domani, e in ogni caso anche le teorie di Chatin non sono che il prodotto della matematica di oggi e di ieri." (da Claudio Bartocci, Il numero che non si calcola, "TuttoLibri", "La Stampa", 26/01/'08)

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