sabato 3 ottobre 2009

Elisabetta Rasy: "Chiedo alla Duras a che punto è la notte"


"Ha sempre nutrito per la lettura un singolare trasporto Elisabetta Rasy, scrittrice, giornalista, autrice di una decina di romanzi, come Il finale della battaglia, L'altra amante, Mezzi di trasporto, Ritratti di signora, Posillipo e saggi che hanno fatto di lei un punto di riferimento per chi avesse voglia di scoprire leggi e segreti della scrittura femminile. Un'attrazione così particolare e così fatale che, non di rado, le ore piccole, fatte in compagnia delle due Marguerite, Duras e Yourcenar, di Frida Kahlo, e di tanti altri monumenti del secolo passato, sono entrate in conflitto con quelle diurne. I suoi intrecci, inquietudini, trasporti oggi li ripercorre in un singolare diario di lettura appena pubblicato, Memorie di una lettrice notturna (Rizzoli), vademecum per chi voglia gustare raffinate interpretazioni di Edith Wharton, Anna Achmatova, Marina Cvetaeva, Elizabeth Bishop e altre.
Una divoratrice di tomi e racconti solo femminili? «I libri che mi tenevano sveglia fino all'alba per molto tempo non erano solo scritti da donne. Al contrario. Kafka, Tolstoj, Proust, Henry James, Conrad, ovvero grandi firme maschili, per anni sono state il mio pane quotidiano. Al liceo, per esempio, furono la compagnia più ambita: mi consolavano del fatto che studiavamo in maniera fredda, asettica, autori che non sembravano mai essere stati veramente vivi. Prima ancora, avevo solo 9 anni, quando mio padre e mia madre si separarono, invece, mi rifugiai tra le pagine scritte da una gran signora della penna: era l'autrice del Piccolo Lord, Hodgson Burnett, e il libro si chiamava Crewe, come «piccola principessa». Sara, la protagonista di entrambi i racconti, la vedevo come una sorella o un mio «doppio» obbediente, studiosa ma sfortunata per via delle traversie familiari. Quando muore il padre, poverissima, viene bistrattata dalle compagne e dalla direttrice del prestigioso collegio londinese. Io non ero maltrattata a scuola ma se facevamo una recita mi toccavano sempre i ruoli del personaggio non positivo, per esempio donna Prassede: di cui Manzoni racconta la fine con questo significativo epitaffio: “Di donna Prassede, quando si dice ch'era morta, è detto tutto”».
«La piccola principessa»: magari funziona ancora oggi per accompagnare separazioni e divorzi? «Meglio Manon Lescaut che non consola per nulla e fa versare lagrime a non finire. Non è una vocazione alla crudeltà, ma dal momento che si tratta di vicende sempre molto dolorose, è meglio, piuttosto che dissimulare e far finta di niente, piangerci sopra. Comunque l'epoca delle nottate su Balzac, Stendhal e Dostoevskij sarà destinata a interrompersi bruscamente. Dopo i noiosissimi anni passati sui banchi del prestigioso Tasso, approdo alla facoltà di Lettere a Roma. Lì sono fuori dal mondo: viviamo come in un bunker io, Claudio Strinati, destinato a una prestigiosa carriera nel mondo dell'arte, e pochi altri. Fuori dall'aula volano le sassaiole, si impugnano spranghe e molotov. Ma noi siamo un gruppetto di allievi assai elitario, seguaci di quel genio che è Cesare Brandi. Va via la luce, si spengono i riscaldamenti nella confusione sessantottesca, ma noi i fedelissimi, al buio e al gelo, continuiamo a studiare. Quando termino l'università il compimento dei miei studi è l'appuntamento di piazza del Popolo. Tano Festa, Franco Angeli, Mario Schifano - “un piccolo puma di cui non si sospetta la muscolatura e lo scatto": la definizione assolutamente calzante è di Goffredo Parise - in quel periodo erano affiancati da Jannis Kounellis, Pino Pascali, Eliseo Mattiacci, Gino De Dominicis, scultore, filosofo, architetto che alla Biennale del '72 presenterà con gran scandalo e clamore Seconda soluzione d'Immortalità, (L'Universo è Immobile) in cui un ragazzo affetto dalla sindrome di Down sedeva in un angolo di fronte a una palla di gomma. Tutti grandi talenti. Sono fresca di studi, voglio conoscere, scoprire. Viaggio sulla moto di Pascali, frequento le loro trattorie, assisto al cupio dissolvi che porta questo autore a morire a soli 33 anni e gli altri a passare dai parties con le torte alla marijuana a piste e strade molto più impervie. Divento anche amica di bravissime pittrici come Giosetta Fioroni e Titina Maselli. Ricomincerò a leggere intensamente quando al gruppo degli artisti si aggiungeranno gli scrittori».
I preferiti? «Manganelli, un dandy affabile e gentile, di cui tutti dicevano che sembrava una testuggine e che al ristorante, ironia della sorte, sorbiva brodo di tartaruga; Parise, di cui amavo molto Il prete bello e L'eleganza è frigida».
La coppia più nota dell'epoca, Alberto Moravia e Elsa Morante? «Divento amica solo dell'autore del bellissimo Il disprezzo. Mi ricordo il mio imbarazzo quando - dopo avergli chiesto quale fosse il libro da lui scritto che preferiva - mi gelò: “I miei romanzi sono tutti brutti”. Come mai? “Per via della lingua italiana”. E mi spiegò che dopo Dante e Boccaccio c'era stato un imbarbarimento dovuto al Rinascimento. La riscoperta del latino aveva inquinato la nostra lingua. In privato era veramente molto diverso dal suo personaggio pubblico. Aveva dei tratti infantili di allegria e di spensieratezza. Alla guida delle sue potenti fuoriserie perdeva l'aplomb dell'elegante e compassato intellettuale ed era un vero pericolo pubblico che non si risparmiava improperi e parolacce».
Ma a quando l'appuntamento con le scrittrici della sua vita? «Non mi ero mai posta la questione della differenza tra i generi al democratico liceo Tasso. Maschi e femmine, eravamo tutti uguali. Comincio a lavorare al quotidiano Paese sera, stringo legami destinati a durare, con Daniele Del Giudice e Franco Cordelli di cui avevo appena letto il meraviglioso Procida. Scopro, anche, che i coetanei hanno perso le doti di galanteria e di protettività della generazione precedente mentre continuano ad essere maschilisti old style. Ma senza saperlo. Al giornale ci sono poi terribili esponenti del gentil sesso, nel loro caso si fa proprio per dire, appartenenti alla vecchia guardia comunista. Sono persecutorie e punitive, caratterizzate da un'assoluta mancanza di solidarietà con le loro simili. In quegli anni, infine, nei luoghi di lavoro è diffusissimo quello che oggi si chiama reato di molestie sessuali. Ed è così comune che è altrettanto normale per le ragazze sapersi difendere. Scopro il femminismo ma soprattutto mi innamoro delle scrittrici che hanno dedicato il loro tempoe le loro fatiche alla scrittura, dalla Ingeborg Bachmann, autrice di Malina, alla Duras, Willa Cather, Muriel Spark, per arrivare persino a Maria Bellonci. Lei mi convince molto meno delle altre, la intervisto e ho l'impressione che stia recitando una parte, calata nei panni della grande scrittrice».
Ultimi riti e ultimi miti nell'universo della sua lettura? «Molti scrittori a cui mi sono avvicinata anni fa sono poi rimasti come miei punti di riferimento. Così mi capita di leggere sul Corriere della sera degli splendidi articoli di Roberto Calasso. Immagino che lo scrittore sia un vegliardo con la barba bianca. Invece è il fascinoso editore dell'Adelphi che quando lo incontro mi appare come un autore delle nouvelle vague con le sue sciarpone rosse molto alla moda. Grazie alla sua influenza leggo Mircea Eliade, René Guénon, Elémire Zolla. Passo a lavorare al settimanale Panorama dove mi imbatto in un incerto Valerio Magrelli alle prime armi che non riesce ad adattare la sua scrittura ai rigidi stilemi del “panoramense” dell'epoca. Incontro i cosiddetti “ragazzi del sottosuolo”, Edoardo Albinati, Sandro Veronesi, Alain Elkann. Sono le nuove leve della redazione di Nuovi Argomenti. Con loro nasce un progetto proficuo, la rivista Panta che si propone di scoprire nuovi talenti. Stabilisco legami con autori che sento molto vicini ancora oggi. Da Guido Ceronetti di cui amo l'irriverente prosa ma non la cucina (se ti invita a cena da un vegetariano come lui puoi ottenere al massimo carotina e insalatina) a Raffaele La Capria, elegante bon vivant che mostra il piacere di vivere nella sua tavola imbandita e nella sua sofisticata letteratura»." (da Mirella Serri, Chiedo alla Duras a che punto è la notte, "TuttoLibri", "La Stampa", 03/10/'09)

2 commenti:

Anonimo ha detto...

good start

Anonimo ha detto...

imparato molto