sabato 17 ottobre 2009

Ipazia, vita e sogni di una scienziata del IV secolo di Adriano Petta e Antonino Colavito


"Perché il nome di Ipazia non ci dice nulla? Perché, se diciamo Saffo o Aspasia, pensiamo subito all'origine femminile della poesia e della filosofia, e invece al nome di Ipazia restiamo inerti? Perché un progetto dell'Unesco per la ricerca scientifica femminile porta il suo nome? Chi era Ipazia? Ipazia era tante cose. astronoma, matematica, musicologa, filosofa, medico. Visse nel IV secolo d. C. ad Alessandria d'Egitto e insegnò nella celebre biblioteca fino a quando il 'grattacielo' del sapere antico fu distrutto dalle fiamme (verso l'anno 400, secondo la datazione del libro in uscita, nel 270 secondo molti). Non fu solo scienziata, ma sacerdotessa pagana, fondendo i confini tra religione e scienza in maniera diversa da come faceva il Cristianesimo dominante. E per questo motivo fu uccisa. Dei sicari del vescovo Cirillo la aggredirono per strada e la scarnificarono con conchiglie affilate. I suoi resti furono dati alle fiamme nel Cinerone, dove veniva bruciata la spazzatura. E quel giorno i monaci esultarono con le parole di s. Agostino, per il quale la donna è solo 'immondizia'. 'Una macchia indelebile' nella storia del cristianesimo, così definì il suo assassinio lo storico Edward Gibbon. Secondo Mario Luzi, che a lei ha dedicato il poemetto Il libro di Ipazia, il suo è tra i 'nomi numinosi' della storia del mondo. Ma, prima di Luzi, avevano scritto di lei Voltaire, Diderot, Leopardi, Proust, Pascal, Calvino ... Eppure in Italia è tuttora sconosciuta. Adriano Petta, studioso di storia della scienza, ce la racconta nel romanzo che sarà in libreria il prossimo venerdì 23 ottobre: Ipazia, vita e sogni di una scienziata del IV secolo (edito da la Lepre). [...]" (da Brunella Schisa, Ipazia, scienziata, bella libera. Prima martire della Ragione, "Il Venerdì di Repubblica", 16/10/'09)

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